LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pene sostitutive: omessa pronuncia in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello per l’omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione delle pene sostitutive, introdotte dalla Riforma Cartabia. Il caso chiarisce che tale richiesta può essere avanzata per la prima volta in appello e il giudice ha l’obbligo di valutarla, pena l’annullamento della decisione. La Corte ha invece rigettato il motivo relativo alla particolare tenuità del fatto, ritenendolo generico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: l’obbligo di pronuncia del Giudice d’Appello

La recente Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) ha introdotto significative novità nel sistema sanzionatorio penale, tra cui un ampliamento dell’ambito di applicazione delle pene sostitutive. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23415/2025, offre un chiarimento cruciale sulla loro applicabilità nei giudizi di appello pendenti al momento dell’entrata in vigore della riforma. La Corte ha stabilito che se la difesa richiede l’applicazione di una pena sostitutiva, il giudice d’appello è obbligato a pronunciarsi, pena l’annullamento della sentenza per vizio di motivazione.

I fatti del caso: la richiesta in appello

Il caso trae origine da una condanna a cinque mesi e dieci giorni di reclusione, confermata dalla Corte di Appello di Firenze. Durante il giudizio di secondo grado, celebrato con rito cartolare, era entrata in vigore la Riforma Cartabia. Di conseguenza, il difensore dell’imputato, nelle sue conclusioni scritte, aveva chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto o, in subordine, la sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria.

Nonostante la richiesta esplicita, la Corte d’Appello ometteva completamente di valutare la possibilità di applicare le pene sostitutive. L’imputato, pertanto, ricorreva in Cassazione, lamentando proprio tale omissione.

La decisione della Cassazione: l’annullamento parziale della sentenza

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla mancata valutazione sulla pena sostitutiva. I giudici di legittimità hanno chiarito due aspetti fondamentali.

Il primo riguarda la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha ritenuto il motivo infondato e generico, poiché l’imputato non aveva sollevato specificamente tale questione nei motivi di appello originari, limitandosi a lamentare una mancata risposta a una richiesta avanzata solo dal Procuratore Generale. La Cassazione ha ribadito che, sebbene rilevabile d’ufficio, la richiesta deve essere supportata da un onere di allegazione minimale da parte di chi la propone.

Il secondo e decisivo punto riguarda invece la questione delle pene sostitutive.

Le motivazioni: le pene sostitutive e la disciplina transitoria

La Corte ha riconosciuto la piena correttezza della richiesta avanzata dal difensore. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la domanda di applicazione delle pene sostitutive possa essere presentata per la prima volta anche nel corso del giudizio di appello.

In virtù della disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. 150/2022), le nuove e più favorevoli disposizioni si applicano anche ai processi in corso. Poiché la riforma è entrata in vigore tra il deposito dell’atto d’appello e la celebrazione dell’udienza, l’imputato aveva pieno diritto di chiedere la sostituzione della pena. La richiesta, per essere valida, deve intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del gravame.

Nel caso specifico, la richiesta era stata correttamente inserita nelle conclusioni scritte per l’udienza cartolare. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva l’obbligo di esaminarla e motivare la sua eventuale decisione di rigetto. L’omessa pronuncia su un punto specifico sollevato dalla parte costituisce un vizio della sentenza, che ne determina l’illegittimità. Per questo motivo, la Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, che dovrà riesaminare il caso limitatamente a questo aspetto.

Conclusioni: implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa, specialmente nel contesto delle recenti riforme legislative. Gli avvocati devono prestare attenzione alle novità normative che intervengono durante un processo, poiché possono aprire nuove possibilità per i loro assistiti, come nel caso delle pene sostitutive. La pronuncia conferma che la richiesta può essere formulata anche in appello e che il giudice ha il dovere di rispondere in modo motivato. L’omissione di tale valutazione non è una mera dimenticanza, ma un vizio procedurale che può portare all’annullamento della decisione, garantendo così che le nuove opportunità sanzionatorie più favorevoli per l’imputato vengano sempre prese in debita considerazione.

È possibile chiedere per la prima volta l’applicazione delle pene sostitutive nel giudizio di appello?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la richiesta di applicazione delle pene sostitutive, anche alla luce della Riforma Cartabia, può essere avanzata per la prima volta in appello, al più tardi nel corso dell’udienza di discussione.

Cosa accade se il giudice d’appello non si pronuncia su una richiesta di pena sostitutiva avanzata dalla difesa?
L’omessa pronuncia su tale richiesta costituisce un vizio della sentenza. La decisione è ricorribile per cassazione e può essere annullata con rinvio, obbligando il giudice d’appello a valutare nel merito la richiesta.

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere richiesta specificamente nell’atto di appello?
Sebbene il giudice possa rilevarla d’ufficio, la Cassazione ha chiarito che il motivo di ricorso che lamenta la sua mancata applicazione deve essere specifico e non generico. La parte che la invoca deve fornire elementi a sostegno della richiesta per evitare che il motivo venga considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati