Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31932 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31932 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Lamezia Terme avverso la sentenza del 07/11/2023 della Corte di appello di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla valutazione della sostituzione della pena detentiva.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del 20 settembre 2021 che aveva condannato l’imputato, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di mesi otto di reclusione in ordine ai reati di resistenza (capo a) e oltraggio a pubblico ufficiale (capo b), unificati dalla continuazione – assolveva il medesimo dal reato di cui al capo b) per insussistenza del fatto, rinnodulando la pena.
In occasione di un controllo effettuato dai Carabinieri in data 19 marzo 2021 nel centro commerciale “Due Mari” sito in Maida, NOME aveva filmato con il proprio telefono cellulare l’attività dei militari, che dopo averlo invitato interrompere la registrazione e a non diffondere il video, gli avevano più volte richiesto di fornire un documento identificativo. COGNOME aveva rifiutato rivolgendo ai pubblici ufficiali frasi dal contenuto minaccioso, indi li aveva colpiti e spintonat mentre la figlia aveva effettuato a sua volta una ripresa con il telefono cellulare.
La Corte territoriale disattendeva i rilievi difensivi relativi al delitt resistenza, ritenendo, in particolare, che i Carabinieri lo avevano preso sottobraccio soltanto dopo il quarto invito a esibire i documenti, quando già l’imputato aveva ripetutamente rivolto frasi minacciose e ingiuriose all’indirizzo dei pubblici ufficiali e aveva spintonato un militare, escludendo la sussistenza della scriminante ex art. 393-bis cod. pen. Assolveva, invece, l’imputato dal reato di cui all’art. 341-bis cod. pen.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato denunziando la violazione di legge e il vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, con riguardo:
2.1. alla sussistenza della responsabilità per il reato di resistenza oggetto di condanna, atteso che dal video prodotto dalla difesa si evince che COGNOME non si era mai rifiutato di esibire i documenti, ma aveva, invece, chiesto di poterli recuperare all’interno dell’ufficio del RAGIONE_SOCIALE commerciale di cui è titolare; prima di ciò l’imputato aveva tenuto una condotta meramente passiva, come tale penalmente irrilevante. Non sussiste, pertanto, il dolo specifico dal momento che COGNOME non voleva ostacolare l’attività del pubblico ufficiale, dal quale peraltro era ben conosciuto;
2.2. all’omessa motivazione circa l’applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen., richiesta dal difensore con “motivi nuovi” depositati tramite EMAIL, atteso che la pena irrogata avrebbe consentito la sostituzione con quella pecuniaria.
La Difesa ha successivamente depositato “conclusioni scritte” con cui insiste nei motivi proposti.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, nei limiti di seguito illustrati.
Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato, risolvendosi in una lettura e una ricostruzione alternativa dei fatti e in un diverso apprezzamento della portata e del significato del compendio probatorio che non sono idonei a inficiare la tenuta logica e l’intima coerenza della motivazione, non introducendo profili di incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.
Le frasi inequivocabilmente minacciose, oltre che gravemente offensive, proferite dal ricorrente nei confronti del pubblico ufficiale (“poi ti dico io cosa ti succede…”), l’esplicita affermazione che gliela avrebbe “fatta pagare”, sono pacificamente suscettibili di integrare una condotta di resistenza punibile, perché non limitata alla mera opposizione passiva, ma connotata dall’impiego di espressioni intimidatrici finalizzate – con dolo specifico – a neutralizzare l’azione del pubblico ufficiale e ad ostacolarne le attività in corso (in tal senso, cfr. Cass., Sez. 6, n. 38786 del 17/09/2014, Eki, Rv. 260469).
La ricostruzione dell’accaduto operata dalla sentenza impugnata, nel solco di un percorso argomentativo immune da fratture logiche, conduce a ritenere manifestamente infondate le censure difensive relative all’elemento oggettivo e soggettivo del reato di resistenza ed esclude la configurabilità dell’esimente di cui all’art. 393-bis cod. pen. evidenziando che “in nessun caso la condotta dei Carabinieri può essere ritenuta idonea ad integrare la scriminante in esame poiché risulta del tutto legittimo e rispondente ai compiti istituzionali l’ave condotto in caserma il COGNOME in quanto l’imputato si è reso responsabile del reato di resistenza a pubblico ufficiale sia rivolgendo ai pubblici ufficiali minacce, sia adoperando nei loro confronti violenza fisica in più tempi”.
Deve inoltre rilevarsi che anche le deduzioni difensive contenute nei “motivi nuovi” trovano adeguata risposta e restano comunque assorbite nelle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, che ha affermato la responsabilità penale dell’imputato sulla base di una puntuale valutazione di tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini del giudizio.
È viceversa fondato il secondo motivo di ricorso.
La giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che, in tema di sanzioni sostitutive ex art. 20-bis cod. pen., affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame (Sez. 2, n. 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017).
È stato, altresì, precisato che nell’ambito di un procedimento di cognizione celebrato in appello con trattazione cartolare deve ritenersi consentito il ricorso per cassazione riguardo al silenzio serbato dalla Corte d’appello in ordine all’esperibilità del subprocedimento di conversione della pena detentiva previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen., a condizione che l’imputato abbia formulato la richiesta di accesso al predetto subprocedimento, se non nell’atto di appello o in motivi nuovi o aggiuntive memorie depositate, quanto meno nell’atto della formulazione delle conclusioni scritte o delle memorie di replica (Sez. 2, n. 4772 del 5/10/2023, dep. 2024, A., Rv. 285996).
Nel caso in esame la richiesta di applicazione di pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen. era stata ritualmente e tempestivamente inserita nei motivi nuovi presentati nel giudizio di appello celebrato con trattazione cartolare, sicché la stessa imponeva al giudice del gravame di pronunciarsi sulla applicabilità delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, pronuncia e relativa valutazione che sono state, invece, del tutto omesse.
La sentenza impugnata va pertanto annullata in relazione alla omessa valutazione dell’applicabilità di sanzioni sostitutive, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Il ricorso va, invece, dichiarato inammissibile nel resto, con declaratoria di irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità ex art. 624 cod. proc. pen. in relazione al reato oggetto di condanna.
Annulla la sentenza impu g nata limitatamente alle pene sostitutive con rinvio per nuovo g iudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità in ordine al reato o gg etto di condanna.
Così deciso il 05/07/2024