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Pene sostitutive: omessa motivazione e rinvio in appello

Una donna, condannata per frode informatica e accesso abusivo a sistema informatico per aver distratto la pensione della nonna, ricorre in Cassazione. La Corte accoglie il motivo relativo al mancato esame della richiesta di pene sostitutive, annullando la sentenza con rinvio. La Corte d’Appello aveva omesso di motivare il diniego, un vizio che ha portato alla parziale cassazione della decisione, pur confermando la responsabilità penale dell’imputata.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: la Cassazione annulla per omessa motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 20634 del 2025, offre importanti chiarimenti sull’applicazione delle pene sostitutive nel processo d’appello, specialmente in seguito alla Riforma Cartabia. Il caso riguarda un’imputata condannata per frode informatica ai danni dell’ente previdenziale, che si è vista negare la conversione della pena detentiva senza un’adeguata motivazione da parte della Corte d’Appello. Analizziamo la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di primo grado nei confronti di un’imputata, ritenuta colpevole dei reati di frode informatica (art. 640-ter c.p.) e accesso abusivo a un sistema informatico (art. 615-ter c.p.). Nello specifico, la donna, nel novembre 2017, era intervenuta abusivamente nel sistema informatico dell’ente previdenziale utilizzando il PIN della nonna per dirottare fraudolentemente il rateo della pensione su una carta prepagata a lei intestata, ottenendo così l’accredito nel gennaio 2018.

La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza e rideterminando la pena in un anno di reclusione, aveva confermato nel resto la condanna. L’imputata ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando due principali vizi della decisione.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Il ricorso in Cassazione si fondava su due motivi principali:

1. Mancato accoglimento della richiesta di pene sostitutive: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non accogliere la richiesta di sostituire la pena detentiva di un anno con una pena pecuniaria, come previsto dall’art. 20-bis c.p. e dalle nuove disposizioni della Riforma Cartabia. Veniva criticata l’assenza di motivazione sul punto, il generico riferimento a precedenti penali non pertinenti e la mancata valutazione delle condizioni economiche dell’imputata.
2. Omesso rilievo della prescrizione: La difesa lamentava che il reato si fosse già prescritto prima della sentenza d’appello.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha analizzato distintamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

Sul primo motivo, relativo alle pene sostitutive, la Suprema Corte lo ha ritenuto fondato. I giudici hanno constatato che la difesa aveva effettivamente richiesto, nelle conclusioni scritte per l’appello (celebrato con rito cartolare), l’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva completamente ignorato tale istanza, omettendo qualsiasi tipo di motivazione al riguardo. La sentenza impugnata menzionava i precedenti penali dell’imputata solo in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, senza collegarli in alcun modo al diniego della sanzione sostitutiva.

La Cassazione ha ribadito il suo orientamento pacifico: il giudice d’appello, anche nelle more della disciplina transitoria della Riforma Cartabia, ha l’obbligo di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione delle pene sostitutive, a condizione che l’istanza sia stata presentata tempestivamente. Questa omissione configura un vizio di “omessa motivazione” che rende la sentenza nulla su quel punto specifico. Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente a tale aspetto, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

È cruciale notare che l’annullamento è solo parziale. La Corte ha precisato che la responsabilità penale dell’imputata è da considerarsi definitivamente accertata, in base al principio della “formazione progressiva del giudicato”. Il nuovo processo dovrà quindi vertere unicamente sulla possibilità di applicare o meno la sanzione sostitutiva.

Sul secondo motivo, relativo alla prescrizione, la Cassazione lo ha dichiarato manifestamente infondato. I giudici hanno effettuato un calcolo preciso dei termini, evidenziando che per i reati commessi tra novembre 2017 e gennaio 2018, il termine massimo di prescrizione (sette anni e mezzo, considerata l’interruzione) non era ancora maturato alla data della decisione. Le scadenze, infatti, erano fissate rispettivamente al maggio e al luglio del 2025.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte stabilisce un principio procedurale di notevole importanza: il diritto dell’imputato a ottenere una risposta motivata sulla richiesta di pene sostitutive è inderogabile. Anche in un procedimento a trattazione scritta come il rito cartolare, il giudice d’appello non può ignorare una specifica istanza difensiva. L’omessa motivazione costituisce un vizio grave che impone l’annullamento della sentenza, seppur limitatamente al profilo sanzionatorio. La sentenza conferma inoltre che la responsabilità penale, una volta accertata e non contestata su quel punto, diventa definitiva, restringendo l’ambito del giudizio di rinvio alla sola questione rimasta aperta.

È possibile chiedere l’applicazione delle pene sostitutive per la prima volta nel giudizio d’appello?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che l’imputato può presentare richiesta di applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del gravame o, in caso di rito cartolare, nelle conclusioni scritte.

Cosa accade se la Corte d’Appello non si pronuncia sulla richiesta di pene sostitutive?
Se la Corte d’Appello omette di motivare il rigetto o l’accoglimento della richiesta, la sentenza è viziata per omessa motivazione. Questo comporta l’annullamento della sentenza su quel punto, con rinvio a un nuovo giudice per una nuova valutazione limitata alla sola applicazione della sanzione sostitutiva.

L’annullamento parziale della sentenza per questioni sanzionatorie rimette in discussione la colpevolezza dell’imputato ai fini della prescrizione?
No. In base al principio della formazione progressiva del giudicato, l’accertamento della responsabilità penale, se non oggetto di impugnazione, diventa definitivo. Pertanto, l’annullamento limitato al trattamento sanzionatorio non riapre i termini della prescrizione, che si considera definitivamente interrotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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