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Pene sostitutive: omessa decisione e annullamento

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di due persone condannate per truffa aggravata ai danni di una conoscente, indotta a prestare denaro tramite l’inganno di una finta eredità e false difficoltà economiche. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di uno degli imputati ma ha parzialmente accolto quello dell’altro, annullando la sentenza con rinvio. La ragione dell’annullamento risiede nella mancata pronuncia della Corte d’Appello sulla richiesta di applicare le nuove pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia, evidenziando un obbligo di motivazione del giudice su tale specifica istanza.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: La Cassazione Annulla per Omessa Pronuncia

L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia ha segnato una svolta nel sistema sanzionatorio italiano, offrendo alternative al carcere per reati di minore entità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di queste nuove norme, annullando una condanna proprio perché il giudice d’appello aveva omesso di pronunciarsi su una specifica richiesta dell’imputato in tal senso. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni di questa decisione.

I fatti: una truffa basata su una finta eredità

La vicenda giudiziaria trae origine da una truffa aggravata. Due persone, fingendo un inesistente rapporto di parentela con la vittima e rappresentando false difficoltà economiche e di salute, la convincevano a elargire loro diverse somme di denaro a titolo di prestito. Per rendere credibile il loro piano, producevano documentazione contraffatta, tra cui una falsa lettera di un notaio che attestava una cospicua eredità a favore di uno degli imputati. L’inganno era rafforzato da telefonate in cui terzi si spacciavano per direttori di banca, cancellieri e giudici, rassicurando la vittima sulla solvibilità dei due. Il prestito, ovviamente, non è mai stato restituito.

Il percorso giudiziario e i motivi del ricorso

Condannati in primo grado e in appello, gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni. Tra queste, la mancata perizia grafologica sulla lettera del notaio, l’erronea qualificazione del fatto come truffa anziché come semplice inadempimento contrattuale e la contestazione del coinvolgimento di uno dei due complici. Tuttavia, il motivo di ricorso che si è rivelato decisivo per uno degli imputati riguardava un profilo prettamente procedurale: la violazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale.

La decisione della Corte di Cassazione sulle pene sostitutive

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili quasi tutti i motivi di ricorso, ritenendoli tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. Ha confermato che le menzogne, la finta parentela e i documenti falsi costituivano pienamente gli “artifizi e raggiri” richiesti per il reato di truffa. Ha inoltre ritenuto provato il concorso di entrambi gli imputati nel reato.

Il punto di svolta è arrivato con l’analisi dell’ultimo motivo. L’imputato aveva presentato un’istanza formale per ottenere la conversione della pena detentiva in una delle pene sostitutive previste dalla legge. La Corte d’Appello, tuttavia, non aveva fornito alcuna risposta a tale richiesta nella sua sentenza.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia. L’articolo 545-bis c.p.p. stabilisce che, quando viene inflitta una pena detentiva inferiore a quattro anni, il giudice deve dare avviso alle parti della possibilità di sostituirla. Sebbene il giudice non sia obbligato a concedere le pene sostitutive, di fronte a una richiesta specifica e formale dell’imputato, ha l’onere di motivare la sua decisione, sia essa di accoglimento o di rigetto. L’omessa pronuncia su un’istanza di questo tipo costituisce un vizio della sentenza. La Corte ha quindi affermato che la totale assenza di risposta da parte del giudice d’appello equivale a una violazione di legge che impone l’annullamento della decisione sul punto.

Le conclusioni

La sentenza è stata annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio per uno degli imputati, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso al solo fine di valutare la richiesta di applicazione delle pene sostitutive e fornire una motivazione adeguata. La condanna per il reato di truffa rimane invece irrevocabile. Questa decisione sottolinea l’importanza procedurale delle nuove disposizioni sulle sanzioni alternative e il diritto dell’imputato a ricevere una risposta motivata dal giudice, a garanzia di un giusto processo.

Una semplice menzogna è sufficiente per configurare il reato di truffa?
Sì, la Corte di Cassazione ha ribadito che anche la sola menzogna può costituire una tipica forma di “raggiro”, elemento costitutivo del reato di truffa, se è finalizzata a indurre in errore la vittima per procurarsi un ingiusto profitto.

Cosa succede se un giudice non risponde a una richiesta di applicazione delle pene sostitutive?
Se l’imputato presenta una richiesta specifica per l’applicazione delle pene sostitutive e il giudice omette di pronunciarsi, la sentenza può essere annullata su quel punto. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice per una nuova valutazione e una decisione motivata sulla richiesta.

L’appello in Cassazione può essere usato per riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione ha specificato che il suo compito non è quello di riesaminare le prove o di rivalutare i fatti del processo. Il giudizio di legittimità si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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