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Pene sostitutive: obbligo di pronuncia del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione di pene sostitutive. L’imputato, condannato per sostituzione di persona, aveva tempestivamente chiesto la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. La Cassazione ha stabilito che, in un giudizio d’appello a trattazione scritta, il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi su tale richiesta, se formulata nei termini di legge.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: Il Giudice d’Appello ha l’Obbligo di Rispondere

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44231 del 2024, riafferma un principio fondamentale nel diritto processuale penale: il giudice ha il dovere di pronunciarsi su una richiesta di applicazione di pene sostitutive tempestivamente presentata dall’imputato. L’omissione di questa valutazione costituisce un vizio che porta all’annullamento della sentenza. Questo caso offre spunti cruciali sull’importanza delle istanze difensive, specialmente nell’ambito dei procedimenti a trattazione scritta, sempre più diffusi.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Bologna che, pur riformando parzialmente una condanna di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale di un imputato per il reato di sostituzione di persona. In primo grado, l’imputato era stato condannato anche per truffa, ma la Corte d’Appello aveva dichiarato il non doversi procedere per questo capo d’accusa a causa della mancanza di querela.

Nonostante la conferma della colpevolezza per la sostituzione di persona, la difesa aveva presentato ricorso per Cassazione lamentando un vizio procedurale ben preciso: la Corte territoriale non si era pronunciata sulla richiesta di sostituire la pena detentiva con la sanzione del lavoro di pubblica utilità. Tale richiesta era stata formalizzata nelle conclusioni scritte depositate prima dell’udienza d’appello, che si era svolta con rito “cartolare” (cioè basato solo su atti scritti).

La Questione delle Pene Sostitutive nel Giudizio d’Appello

Il cuore della questione giuridica risiede nell’obbligo del giudice di esaminare le richieste dell’imputato relative alle pene sostitutive. La difesa aveva agito nel pieno rispetto delle norme procedurali che regolano il giudizio d’appello a trattazione scritta. Secondo l’art. 23-bis della legge n. 176/2020, le parti possono presentare conclusioni scritte entro un termine perentorio prima dell’udienza.

In questo contesto, la difesa aveva ritualmente chiesto l’applicazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale, che disciplina appunto la possibilità per il giudice di sostituire una pena detentiva breve con sanzioni alternative. La Corte di Cassazione ha verificato che la richiesta era stata depositata telematicamente e formulata in modo tempestivo, rispettando i termini di legge. Nonostante ciò, la sentenza d’appello non conteneva alcuna menzione o valutazione in merito a tale istanza.

Le Motivazioni della Cassazione: l’Obbligo di Pronuncia

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, richiamando un suo precedente orientamento (sentenza n. 2106/2024). Ha chiarito che nel giudizio d’appello a trattazione scritta, affinché il giudice sia tenuto a valutare l’applicabilità delle nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), è necessaria una richiesta specifica dell’imputato.

Questa richiesta deve essere formulata o con l’atto di appello o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza, previsto per il deposito delle conclusioni. Poiché nel caso di specie la richiesta era stata presentata correttamente e tempestivamente, la Corte d’Appello aveva il dovere di pronunciarsi. Il suo silenzio ha integrato un vizio di “omessa pronuncia”, che impone l’annullamento della decisione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Suprema Corte è netta: il giudice non può ignorare una richiesta ritualmente formulata. L’omessa pronuncia su un punto così rilevante, che attiene alle modalità di esecuzione della pena e al percorso rieducativo del condannato, lede un diritto fondamentale della difesa. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla richiesta di sanzione sostitutiva.

Il caso è stato rinviato ad un’altra sezione della Corte di Appello di Bologna, che dovrà ora procedere a una nuova valutazione e decidere se accogliere o respingere, con adeguata motivazione, la richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità. Questa pronuncia rafforza la tutela dei diritti difensivi e sottolinea come, anche nei procedimenti scritti, il contraddittorio e le istanze delle parti debbano ricevere la massima attenzione da parte dell’autorità giudiziaria.

Quando va presentata la richiesta di pene sostitutive in un appello a trattazione scritta?
La richiesta deve essere formulata con l’atto di gravame (appello) o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza, previsto per la presentazione delle conclusioni scritte, come stabilito dall’art. 23-bis, comma 2, del d.l. 137/2020.

Cosa succede se il giudice d’appello non si pronuncia sulla richiesta di pene sostitutive?
Se la richiesta è stata presentata ritualmente e tempestivamente, l’omessa pronuncia da parte del giudice costituisce un vizio della sentenza. Questo vizio può essere fatto valere con ricorso per Cassazione e comporta l’annullamento della sentenza sul punto, con rinvio a un altro giudice per una nuova decisione in merito.

L’omessa pronuncia sulle pene sostitutive comporta l’annullamento dell’intera sentenza?
No, in questo caso l’annullamento è parziale. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di applicazione della sanzione sostitutiva. La statuizione sulla responsabilità penale dell’imputato rimane quindi confermata, ma un nuovo giudice dovrà decidere come la pena dovrà essere espiata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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