LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pene sostitutive: obbligo del giudice solo con richiesta

Un individuo condannato per furto ha contestato in Cassazione la mancata offerta di pene sostitutive da parte della Corte d’Appello, come previsto dalla Riforma Cartabia. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il giudice non ha alcun obbligo di considerare o proporre le pene sostitutive se non vi è una specifica e tempestiva richiesta da parte della difesa. La decisione sottolinea la natura discrezionale di tali pene e la necessità di un’istanza di parte.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: La Cassazione Chiarisce l’Obbligo del Giudice

Con la sentenza n. 645/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. La pronuncia stabilisce un principio cardine: il giudice d’appello non ha alcun obbligo di informare l’imputato della possibilità di accedere a tali pene, né di motivare la loro mancata applicazione, se non è stata presentata una specifica richiesta dalla difesa. Questa decisione delinea i confini tra i poteri del giudice e l’onere processuale dell’imputato.

I Fatti del Caso: Furto e Concordato in Appello

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato (art. 624-bis c.p.). In sintesi, l’imputato si era introdotto nell’abitazione dove lavorava la sua compagna, sottraendo un portafoglio e un telefono. In appello, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena (c.d. concordato in appello ex art. 599-bis c.p.p.), che veniva ridotta a due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa. La Corte d’Appello di Genova, nel recepire l’accordo, riformava la sentenza di primo grado.

Il Ricorso in Cassazione: La Mancata Proposta di Pene Sostitutive

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ed entrata in vigore prima della pronuncia della sentenza d’appello, prevede che il giudice, dopo la lettura del dispositivo, avvisi le parti della possibilità di sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive (es. semilibertà, detenzione domiciliare, ecc.) qualora ne ricorrano i presupposti.

Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare questa nuova disposizione, omettendo di dare l’avviso previsto, nonostante la pena inflitta rientrasse nei limiti per la sostituzione e non fosse stata concessa la sospensione condizionale.

Le Motivazioni della Cassazione: Pene Sostitutive e Principio della Domanda

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su un’analisi chiara della nuova disciplina e dei principi generali del processo penale.

Il Principio della Domanda di Parte

Il punto centrale della motivazione è che l’applicazione delle pene sostitutive non è un automatismo né un obbligo che scatta d’ufficio per il giudice. Sebbene la Riforma Cartabia sia applicabile ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore, la sua operatività è subordinata a un’iniziativa della parte interessata. La Cassazione afferma che, affinché il giudice d’appello sia tenuto a pronunciarsi sulla possibile applicazione di una pena sostitutiva, è necessaria una richiesta esplicita dell’imputato. Tale richiesta può essere formulata:
* Nell’atto di gravame (appello);
* Con motivi nuovi;
* Al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello.

In assenza di tale richiesta, il giudice non ha alcun dovere di valutare tale possibilità né, di conseguenza, di motivare la sua mancata applicazione.

La Discrezionalità del Giudice

La Corte ribadisce inoltre che la sostituzione della pena detentiva non costituisce un diritto dell’imputato, ma rientra nel potere discrezionale del giudice. Tale valutazione deve essere ancorata ai criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Il giudice deve ritenere la pena sostitutiva più idonea alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di nuovi reati. Nel caso di specie, non solo mancava una richiesta, ma l’accordo sulla pena raggiunto in appello non menzionava in alcun modo la volontà di accedere a sanzioni alternative alla detenzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 645/2024 ha importanti implicazioni pratiche per la difesa. Emerge chiaramente che la Riforma Cartabia, pur ampliando le opportunità di accedere a pene sostitutive, non ha sollevato l’imputato e il suo difensore dall’onere di attivarsi per ottenerle. La difesa deve quindi giocare un ruolo proattivo, formulando una richiesta specifica e motivata, anche in appello, per sollecitare la valutazione del giudice su questo punto. Attendere un’iniziativa d’ufficio del magistrato è una strategia destinata a fallire. La pronuncia consolida il principio secondo cui, nel processo penale, i benefici e le alternative sanzionatorie devono essere espressamente richiesti, non semplicemente attesi.

Dopo la Riforma Cartabia, il giudice deve sempre informare l’imputato della possibilità di chiedere le pene sostitutive?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice non ha questo obbligo d’ufficio. L’obbligo di valutare e motivare sorge solo se l’imputato presenta una specifica richiesta in tal senso.

In quale momento del processo si possono richiedere le pene sostitutive in appello?
Secondo la sentenza, la richiesta può essere formulata nell’atto di appello, con motivi nuovi, o al più tardi durante l’udienza di discussione davanti alla Corte d’Appello.

L’applicazione delle pene sostitutive è un diritto automatico per l’imputato se la pena è inferiore a 4 anni?
No, non è un diritto. La loro applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che deve considerare i criteri dell’art. 133 del codice penale (idoneità alla rieducazione, prevenzione di nuovi reati) e può negarla se ritiene, ad esempio, che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati