Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 645 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 645 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CHIAVARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Genova ha riformato la sentenza emessa il 19/05/2022 dal Tribunale di Genova e, in conseguenza del concordato intervenuto ai sensi dell’art.599-bis cod.proc.pen., ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME – in relazione al reato previsto dall’art.624-bis cod.pen., così qualificata l’originaria imputazione – ad anni due e mesi otto di reclusione ed € 667,00 di multa.
La Corte territoriale ha dato previamente atto della incontroversa ricostruzione del fatto; sulla base della quale l’imputato – che aveva instaurato da qualche mese una relazione sentimentale con NOME COGNOME, collaboratrice domestica convivente con i coniugi NOME e COGNOME – si era introdotto all’interno dell’abitazione di questi ultimi nel frangente di un litigio con la stessa COGNOME, per poi uscirne dopo aver trafugato un portafoglio e un telefono cellulare; fatti che il Tribunale aveva qualificato sotto la specie di quello punito dall’art.624-bis cod.pen., non essendo stata raggiunta la prova di una violenza finalizzata alla sottrazione dei beni trafugati; la Corte ha quindi accolto la concorde richiesta delle parti,. presupponente l’accoglimento del solo motivo inerente alla disapplicazione della già ritenuta recidiva, con conseguente rideterminazione della pena nel senso suddetto.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l’inosservanza delle disposizioni processuali, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c), cod.proc.pen. e – segnatamente dell’art.545-bis cod.proc.pen., per omesso avviso alla parti della possibilità di sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art.53 della I. 24/11/1981, n.689.
Ha dedotto che la Corte territoriale non avrebbe applicato il siuddetto art.545bis cod.proc.pen., omettendo di dare avviso della predetta facoltà, sebbene ricorressero tutte le condizioni per la relativa sostituzione, avviso da ritenersi dovuto pure nell’assenza dell’imputato attesa la possibilità di esprimere il consenso a mezzo di procuratore speciale.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Nell’unico motivo di impugnazione, il ricorrente ha dedotto che il giudice di appello – atteso che il dispositivo è stato pronunciato in data (25/01/2023) successiva rispetto all’entrata in vigore del d.lgs. n.150/2022 e, specificamente, dell’art. 545-bis cod.proc.pen. – avrebbe dovuto dare avvertimento all’imputato della facoltà di richiedere la sostituzione della pena detentiva con una delle sanzioni sostitutive previste dall’art.20-bis cocl.pen., pure introdotto a seguito della predetta novella.
3. Il motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
3.1 L’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum normativo introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso all’entrata in vigore della disciplina normativa (30 dicembre 2022) che si trovino in primo grado e in appello.
Per cui ad essi risulta applicabile anche l’art. 545-bis cod. proc. pen. il cui comma 1 stabilisce che «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura “bifasica”).
A propria volta, l’art. 58 della I.n. 689 del 1981(rubricato “Potere discrezionale de/giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lgs. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
A sua volta, l’art. 20-bis cod. pen., indica che le pene sostitutive (la cui disciplina è declinata nella I.n. 689 del 1981) sono: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo 4) la pena pecuniaria sostitutiva.
3.2 La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 (in Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 245 del 19/10/2022,
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p. 351 ss.), in riferimento alle pene sostitutive introdotte, chiarisce che tipologia di sanzioni si inquadra come è noto tra gli istituti – il più antico d è rappresentato dalla sospensione condizionale della pena – che sono espressiv della c.d. lotta alla pena detentiva breve; cioè del generale sfa dell’ordinamento verso l’esecuzione di pene detentive di breve durata. È infatti tempo diffusa e radicata, nel contesto internazionale); l’idea secondo cui detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto possibili risultati attesi, in termini di risocializzazione dei condannati e di ri dei tassi di recidiva. Quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducar risocializzare il condannato – come impone l’articolo 27 della Costituzione obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene divers da quella carceraria, che eseguendosi nella comunità delle persone liber escludono o riducono l’effetto desocializzante della detenzione negli istituti di p relegando questa al ruolo di extrema ratio. La Costituzione, nel citato articolo 27, parla al terzo comma, al plurale, di “pene” che devono tendere alla rieducazion del condannato. Non menziona il carcere e, comunque, non introduce alcuna equazione tra pena e carcere. La pluralità delle pene, pertanto costituzionalmente imposta perché funzionale, oltre che ad altri principi (e quello di proporzione), al finalismo rieducativo della pena»; precisandosi, altr che «La valorizzazione delle pene sostitutive all’interno del sistema sanzionator penale, operata della legge delega, rende opportuna l’introduzione nel codic penale di una disposizione di raccordo con l’articolata disciplina delle pene ste che continua a essere prevista nella legge 689 del 1981.
Per ragioni di economia e di tecnica legislativa, oltre che di rispetto della l delega, la disciplina delle pene sostitutive non viene inserita nel codice pen dove nondimeno è opportuno, per ragioni sistematiche, che alla disciplina stess venga operato un rinvio nella parte generale, trattandosi di pene applicabili generalità dei reati. Per tale ragione si introduce un nuovo art. 20 bis c.p. ( sostitutive delle pene detentive brevi”) – inserito nel Titolo II (Delle pene), C (Delle specie di pene, in generale), dopo la disciplina generale delle pene princi e delle pene accessorie. Scopo della nuova disposizione è di includer espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene, delineato dalla pa generale del codice, richiamando la disciplina della legge 689 del 1981».
3.3 Ciò premesso, rileva il Collegio che, sulla base della disciplina normati sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva costituisce diritto dell’imputato ma – così come si è pacificamente ritenut riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 I.n. 1981 – rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce criteri sopra indicati.
Invero, in riferimento alle predette sanzioni, questa Corte ha precisato che «La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558 – 01).
Tale principio è trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133.
Pertanto, in assenza di una richiesta formulata in tal senso dall’appellante non vi è obbligo per il Giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell’art. 20-bis cod.pen..
3.4 Soluzione diversa, invece, deve accogliersi nell’ipotesi in cui l’imputato abbia formulato richiesta in tal senso nei motivi di appello, nei motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ovvero nell’udienza di trattazione del gravame.
In questo caso, alla luce della disposizione transitoria che ha reso applicabile la nuova disciplina sanzionatoria ai processi che all’entrata in vigore della stessa si trovino in grado di appello, il giudice di secondo grado dovrebbe dar conto delle ragioni per le quali non sussistono i presupposti per l’applicazione della pena sostitutiva richiesta.
Questa Corte – sempre in riferimento alle sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 I.n. 689 del 1981 – ha infatti precisato che poiché, come si è detl:o, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 c.p., la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, Sampugna, rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, rv. 247853).
Né può ritenersi che la richiesta di sostituzione, ove non formulata in sede di appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen.; invero, il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui «il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del
principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981» (Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125), deve essere coordinato con la suindicata disciplina transitoria.
Questa, infatti, stabilisce espressamente l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi di appello in corso all’entrata i vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase introduttiva o decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame.
Tale interpretazione, oltre che risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità cori l’intenzione del legislatore, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive, ove il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati.
Pertanto, pure nella fase transitoria disciplinata dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato impone al giudice di motivare sul punto; con la conseguenza che la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica potrebbe essere oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276716 – 01).
3.5 Conseguentemente, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello (in senso conforme, Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, NOME, Rv. 285090).
Nel caso di specie, la relativa richiesta non è stata avanzata sino al predetto momento e, specificamente, non è stata formulata in sede di istanza formulata ai sensi dell’art.599-bis cod.proc.pen.; con la conseguenza che la Corte non aveva alcun dovere di rendere edotto l’imputato della facoltà di chiedere l’applicazione di una delle sanzioni sostitutive e che l’accordo recepito nella sentenza non era comunque suscettibile di impugnazione non essendo ravvisabile alcun difetto di correlazione tra la richiesta presentata e la sentenza, in relazione al principio dettato dall’art.448, comma 2-bis, cod.proc.pen..
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso se versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorre va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
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