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Pene sostitutive: non è un obbligo per il giudice

Due imputati, dopo aver concordato in appello una riduzione della pena detentiva, hanno fatto ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione di pene sostitutive. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che le pene sostitutive non sono un diritto e la loro applicazione è un potere discrezionale del giudice. Inoltre, in caso di accordo sulla pena, il giudice non può modificare quanto pattuito dalle parti introducendo sanzioni non previste.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: la Cassazione ribadisce la discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45798/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’applicazione delle pene sostitutive in luogo della detenzione. La decisione chiarisce che la loro concessione non costituisce un diritto per l’imputato, ma rientra nel potere discrezionale del giudice, specialmente quando la definizione del processo avviene tramite un accordo tra le parti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di due soggetti, ritenuti responsabili di reati previsti dal Testo Unico sulle Leggi Doganali. La pena inflitta era di due anni di reclusione e una multa superiore ai due milioni di euro.

Successivamente, la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della prima sentenza, ha rideterminato la pena detentiva riducendola ad un anno, sulla base di un “concordato in appello” raggiunto tra le parti. Nonostante l’accordo, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge per la mancata valutazione della possibilità di sostituire la pena detentiva con sanzioni alternative, come previsto dalla normativa.

La Questione Giuridica e le Pene Sostitutive

Il fulcro del ricorso verteva su un punto specifico: il giudice d’appello aveva l’obbligo di considerare l’applicazione delle pene sostitutive anche in assenza di una richiesta esplicita contenuta nell’accordo sulla pena? Secondo i ricorrenti, la Corte avrebbe dovuto valutare d’ufficio questa possibilità e avvisare le parti di tale facoltà.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e in linea con il suo consolidato orientamento giurisprudenziale.

Innanzitutto, i giudici hanno ribadito che la sostituzione della pena detentiva breve non è un diritto dell’imputato, ma un potere discrezionale del giudice. La mancata proposta di una pena alternativa non vizia la sentenza, ma implica una valutazione negativa, anche implicita, sulla sussistenza dei presupposti per la sua applicazione.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato il rispetto del principio devolutivo dell’appello. Il giudice di secondo grado non può applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive se non è stata formulata una richiesta specifica e motivata nell’atto di impugnazione. Questo potere non rientra tra le eccezioni tassativamente previste dalla legge.

Il punto decisivo, tuttavia, riguarda la natura del “concordato in appello”. Questo istituto, al pari del patteggiamento, si fonda su una base negoziale tra accusa e difesa. La sentenza che lo recepisce non può discostarsi da quanto concordato. Se le parti, nell’accordo, non hanno previsto la sostituzione della pena, il giudice non può introdurla autonomamente, poiché la sua decisione risulterebbe difforme dalla volontà espressa dalle parti. Nel caso di specie, non risultava che gli imputati avessero mai richiesto le pene sostitutive, né nell’accordo né a verbale d’udienza.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza due principi fondamentali. Da un lato, conferma la natura discrezionale e non obbligatoria dell’applicazione delle pene sostitutive. Dall’altro, sancisce la natura vincolante degli accordi sulla pena: ciò che le parti pattuiscono definisce il perimetro della decisione del giudice. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara indicazione che la richiesta di applicazione di sanzioni alternative deve essere formulata in modo esplicito e tempestivo, preferibilmente all’interno delle trattative che portano a un accordo sulla pena. Attendere che sia il giudice a proporle d’ufficio è una strategia processuale priva di fondamento giuridico e destinata all’insuccesso.

Il giudice è sempre obbligato a proporre l’applicazione di una pena sostitutiva al posto di una breve pena detentiva?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’applicazione di una pena sostitutiva è un potere discrezionale del giudice e non un obbligo. L’omessa proposta non rende nulla la sentenza, ma presuppone una valutazione implicita di insussistenza dei presupposti.

Se l’imputato non chiede specificamente le pene sostitutive nell’atto di appello, il giudice può applicarle d’ufficio?
No, il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive se non vi è una richiesta specifica e motivata nell’atto di appello. Questo perché tale potere non rientra nelle eccezioni al principio devolutivo, che limita la cognizione del giudice ai punti contestati.

Nel caso di un “concordato in appello” (accordo sulla pena), il giudice può sostituire la pena detentiva se non era previsto nell’accordo?
No. La sentenza che recepisce un accordo sulla pena non può disattenderne il contenuto. Se l’accordo non menziona la sostituzione della pena detentiva, il giudice non può disporla d’ufficio, altrimenti la sua decisione sarebbe difforme dalla richiesta concordata tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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