Pene Sostitutive e Gravità del Reato: Il No della Cassazione
L’applicazione delle pene sostitutive rappresenta un importante strumento per evitare il carcere in caso di condanne a pene detentive brevi, ma non è un diritto automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che la gravità del reato, valutata su elementi oggettivi, può giustificare il diniego di tali benefici, anche quando la pena finale rientrerebbe nei limiti di legge. Analizziamo insieme la decisione per capire meglio questo principio.
La Vicenda Processuale
Il caso riguarda due fratelli condannati per un reato legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. In primo grado, la pena era stata fissata in quattro anni e un mese di reclusione. La Corte d’Appello, in un secondo momento, aveva ridotto la condanna a due anni e otto mesi.
Nonostante la pena fosse scesa al di sotto della soglia che teoricamente consente l’accesso alle pene sostitutive, la Corte territoriale aveva comunque negato tale beneficio. La motivazione si basava sulla particolare gravità del fatto, desunta dal notevole quantitativo di sostanza stupefacente detenuta. Gli imputati, ritenendo ingiusta questa decisione, hanno presentato ricorso in Cassazione.
La Valutazione delle Pene Sostitutive da Parte della Cassazione
Il punto centrale del ricorso era proprio la mancata applicazione delle pene sostitutive. Gli imputati sostenevano che, a fronte della pena ridotta, il diniego fosse ingiustificato. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha confermato la correttezza del ragionamento seguito dai giudici d’appello. La decisione di negare le pene alternative non è apparsa né illogica né viziata da errori di legge. Secondo gli Ermellini, la Corte di merito ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, fondando la sua valutazione su un elemento concreto e oggettivo: la gravità del fatto. Quest’ultima è stata legittimamente desunta dal dato quantitativo dello stupefacente, ritenuto un indicatore sufficiente per considerare il reato ostativo all’applicazione di misure alternative al carcere. La Corte ha sottolineato che questa valutazione rimane valida anche se, nel ricalcolare la pena, era stata esclusa l’aggravante della recidiva. In sostanza, la gravità intrinseca del comportamento criminale prevale sulla mera entità numerica della pena finale inflitta.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alle pene sostitutive non è un automatismo legato al solo superamento di una soglia di pena. Il giudice di merito ha il dovere di valutare complessivamente la gravità del reato e la personalità dell’imputato. Un fatto ritenuto particolarmente grave, come nel caso di un ingente traffico di droga, può legittimamente precludere la concessione di benefici, anche se la pena finale è contenuta. La decisione ha comportato la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando in via definitiva la sentenza impugnata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, poiché la decisione della Corte d’Appello di negare le pene sostitutive basandosi sulla gravità del fatto non era né illogica né viziata da violazione di legge.
Una pena inferiore a tre anni dà automaticamente diritto alle pene sostitutive?
No. Come chiarito dalla sentenza, anche se la pena rientra nei limiti previsti dalla legge per le pene sostitutive, il giudice può negarle se ritiene il fatto di particolare gravità, esercitando un potere discrezionale basato su elementi concreti.
Qual è stato il fattore decisivo per negare le pene sostitutive in questo caso?
Il fattore decisivo è stata la gravità del fatto, specificamente desunta dal ‘dato quantitativo dello stupefacente detenuto’, che la Corte ha considerato un indicatore sufficiente per escludere l’applicazione di misure alternative alla detenzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46951 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46951 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 21/04/1968 COGNOME NOME nato a ASCOLI PICENO il 27/04/1971
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i comuni motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 sono manifestamente infondati poiché la Corte di merito (pag. 7 della sentenza impugnata) ha esaminato la questione dell’applicazione delle pene sostitutive (anche in assenza di richiesta di parte, tenuto conto che la pena inflitta veniva ridotta ad anni due e mesi otto di reclusione, rispetto a quella irrogata in primo grado di anni quattro e mesi uno) ed ha ritenuto ostativa la gravità del fatto in ragione del dato quantitativo dello stupefacente detenuto e pur avendo escluso la recidiva.
Tale conclusione non appare manifestamente illogica né inficiata da vizio di violazione di legge.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
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