Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Catania in data 7/02/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso quanto al secondo motivo, con conseguente annullamento con rinvio in relazione all’applicazione di una pena sostitutiva, e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Catania in data 7 giugno 2022, emessa all’esito di giudizio abbreviato, NOME COGNOME era stato condannato, con la diminuente del rito, alla pena di 1 anno di reclusione e di 600,00 euro di multa in quanto riconosciuto colpevole, con la recidiva reiterata infraquinquennale, del delitto previsto dagli artt. 624 e 625, primo comma, n. 4, cod. pen., perché, al fine di trarne profitto, dopo essersi introdotto all’interno dell’RAGIONE_SOCIALE Caruso, si era impossessato di alcuni beni del valore commerciale complessivo di circa 2.050
euro, sottraendoli al titolare dell’attività commerciale; fatto commesso in Catania, in data 2 settembre 2021.
Con sentenza in data 7 febbraio 2023, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso la circostanza aggravante prevista dall’art. 625, primo comma, n. 4, cod. pen., per l’effetto rideterminando la pena finale, con la diminuente per il rito, in 6 mesi di reclusione e 160,00 euro di multa, disponendone la sospensione condizionale.
Avverso la sentenza di appello ha preposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 131bis cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto che la Corte avrebbe giustificato con la non occasionalità della condotta, essendo l’imputato gravato da una pendenza giudiziaria per un fatto della stessa specie, oltre che da precedenti per altri delitti In realtà, la norma prevedrebbe, come elemento ostativo, che vi sia stata una dichiarazione di delinquenza abituale e non che la abitualità della condotta sia desunta dai precedenti penali, nella specie peraltro non configurabili, avendo COGNOME riportato un unico precedente per un reato in materia di stupefacenti e non potendosi considerare ostativo il carico pendente.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, motivata con la circostanza che COGNOME non l’aveva formulata con un autonomo motivo di appello o in sede di discussione, nonché con il mancato rispetto dell’art. 545-bis cod. proc. pen. che onera il difensore a indicare la pena sostitutiva preferita, allegando la relativa documentazione. In realtà, dal momento che l’appello era stato proposto nel luglio 2022, quando ancora l’art. 545-bis cod. proc. pen., non era stato novellato, la Corte avrebbe applicato una norma che, all’epoca, non era stata ancora introdotta.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’applicazione della recidiva. La Corte avrebbe ritenuto
che una pendenza giudiziaria per fatti analoghi sia sintomatica di elevate possibilità di reiterazione del reato, mentre ai fini della applicazione della recidiva ciò che rileva è la condanna precedente e non la presenza di un carico pendente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
2. Il primo motivo è complessivamente infondato.
Va premesso che l’art. 131-bis cod. pen, prevede, ove si verta in tema di reati «puniti con la pena a detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero con pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena, l’esclusione della punibilità, quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale» ai sensi di quanto previsto dal terzo comma dello stesso articolo.
2.1. Se è vero che il giudizio di abitualità è stato articolato in maniera non corretta da parte dei Giudici di merito, a partire dalla presenza di una pendenza per un delitto della stessa specie (tentato furto), oltre che da precedenti penali per altri delitti, non può non rilevarsi che l’apprezzamento circa la non particolare tenuità dell’offesa è stato comunque fondato sul fatto che l’imputato avesse sottratto dall’RAGIONE_SOCIALE attrezzi del valore commerciale pari a complessivi 2.050,00 euro. Si è, dunque, in presenza di un giudizio di natura chiaramente fattuale che, come tale, non può essere sindacato in sede di legittimità.
3. Infondato è anche il terzo motivo, relativo all’applicazione della recidiva.
La sentenza di appello ha motivato la relativa decisione a partire dal fatto che l’imputato, condannato per delitti in materia di detenzione illecita di stupefacenti, abbia dato prova di una spiccata capacità criminale, anche sul versante dei reati contro il patrimonio, come emerso dalla pendenza giudiziaria per un fatto della stessa specie. Dunque, diversamente da quanto prospettato dalla difesa, l’applicazione della recidiva non è stata fondata sul mero dato di un carico pendente, quanto su un giudizio complessivo che ha valorizzato la precedente condanna, la ricaduta nel reato e la presenza di un carico pendente, per giungere ad affermare la presenza di elevate possibilità di reiterazione del reato, tale da giustificare, nella non illogica valutazione di merito della senl:enza impugnata, la sussistenza dell’aggravante.
Infine, non può essere accolto nemmeno il motivo con il quale il ricorso censura la mancata applicazione, ai sensi degli artt. 53 e seguenti della legge n. 689 del 1981, di una pena sostitutiva in luogo della pena detentiva inflitta all’imputato.
4.1. Va premesso che l’appello nell’interesse di COGNOME era stato depositato in data 14 giugno 2022 e che l’art. 545-bis cod. proc. pen. è entrato in vigore il 30 dicembre 2022. Pertanto, alla data della proposizione dell’impugnazione, tale norma processuale non era ancora vigente. Viceversa, dal momento che a mente dell’art. 95, d.lgs. n. 150 del 2022, la pena sostitutiva di quella detentiva poteva essere applicata nei giudizi di appello in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma, deve concludersi per l’erroneità di quanto affermato dalla sentenza impugnata in ordine al fatto che il difensore avrebbe dovuto avanzare la richiesta in primo grado e, in caso di rigetto, avrebbe dovuto formulare uno specifico motivo di gravame.
4.2. Sotto altro profilo, va ricordato che la disposizione in parola stabilisce che nel sistema introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022, dopo che sia stata affermata la penale responsabilità dell’imputato e sia stata già determinata l’entità della pena da sostituire, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, può chiedere, nei motivi d’appello o con successiva memoria o istanza, la sostituzione, dovendo il difensore indicare, in tal caso, la pena sostitutiva preferita e, con riferimento a ciascuna pena sostitutiva introdotta dalla riforma, allegare la documentazione necessaria per fornire al giudice ogni elemento utile ai fini della decisione. Una volta che l’imputato ha prestato il proprio consenso, il giudice, sentito il pubblico ministero: a) può decidere immediatamente, con decisione che potrà anche essere di rigetto dell’eventuale istanza dell’imputato, come, nel caso di pericolosità conclamata di quest’ultimo; b) oppure, se non è possibile decidere immediatamente, il giudice fissa una apposita udienza, non oltre i sessanta giorni, dandone avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente, acquisendo informazioni, se del caso, anche dalla polizia giudiziaria. In tal modo, si apre una fase interlocutoria, durante la quale il giudice procede alla verifica della possibilità di sostituire la pena e di consentire alla parte e all’U.E.P.E. di intervenire per definire i contenuti della pena sostitutiva, secondo quanto previsto dall’art. 545-bis, comma 1, terzo periodo, cod. proc. pen. Indi, all’udienza fissata per l’eventuale sostituzione della pena principale, il giudice assume le proprie determinazioni definitive sul trattamento sanzionatorio, integrando o confermando il dispositivo già letto all’udienza conclusiva del giudizio ordinario. Se sostituisce la pena detentiva, si applicheranno gli artt. 57 e 61, legge 24 novembre 1981, n. 689; in caso contrario, il giudice «conferma il dispositivo», pubblicando la decisione mediante lettura del dispositivo.
Pertanto, resta smentita l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui il difensore avrebbe dovuto indicare la pena sostitutiva da applicare prima della pronuncia del dispositivo e, soprattutto, allegare la documentazione necessaria alla successiva articolazione dei contenuti della sanzione disposta. Adempimenti che la scansione procedimentale prima riassunta non contemplano nella fase processuale che precede la pronuncia della condanna alla pena detentiva da sostituire.
4.3. Tutto ciò premesso, osserva, nondimeno il Collegio che la Corte di appello ha ulteriormente evidenziato, nel respingere la richiesta di applicazione della pena sostitutiva, che con la riforma del 2022 tale applicazione deve ritenersi consentita, ai sensi dell’art. 58, legge n. 689 del 1981, soltanto quando l’imputato non possa godere del beneficio della sospensione condizionale della pena. E nel caso di specie, appunto, la Corte di secondo grado ha ritenuto, sulla base di quella che secondo la giurisprudenza di legittimità risponde a una scelta discrezionale del giudice, di disporre la sospensione condizionale della pena.
Tale profilo della decisione non è stato fatto oggetto di alcuna specifica doglianza difensiva, sicché, sul punto, il ricorso si rivela all’evidenza aspecifico, non confrontandosi con un passaggio della sentenza che assume, nella complessiva ratio decidendi, un rilievo essenziale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 10 aprile 2024
Il Consigliere estensore
esidente