Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20980 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20980 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di
NOME COGNOME nato in Senegal il 09/05/1976
NOME COGNOME nato in Senegal il 08/02/1984
avverso la sentenza del 07/01/2025 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
viste le conclusioni scritte del difensore dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 19 luglio 2024 dal Tribunale di Civitavecchia nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME ciascuno per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti, nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Violazione degli artt. 131bis , 133 e 648 cod. pen., nonché correlati vizi di motivazione, in relazione alla ribadita esclusione della particolare tenuità del fatto, in difetto di una valutazione complessiva della vicenda.
3.2. Violazione degli artt. 53 e 56quater , l. 24 novembre 1981, n. 689, 133 cod. pen. e 3 Cost., nonché correlati vizi di motivazione, in relazione al rigetto della domanda di sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
4. Ricorso di NOME COGNOME
4.1. Violazione dell’art. 23 -bis , d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, in relazione alla mancata formulazione da parte del Procuratore generale delle conclusioni con riferimento alla posizione di NOME COGNOME
4.2. Violazione degli artt. 131bis , 133 e 648 cod. pen., nonché correlati vizi di motivazione (motivo formulato in termini di pressoché palmare sovrapponibilità al motivo di cui al precedente paragrafo 3.1).
4.3. Violazione degli artt. 53 e 56quater , l. 24 novembre 1981, n. 689, 133 cod. pen. e 3 Cost., nonché correlati vizi di motivazione (motivo formulato in termini di pressoché palmare sovrapponibilità al motivo di cui al precedente paragrafo 3.2).
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc., previa fissazione dell’udienza camerale, ritualmente comunicata al difensore (espressamente ivi indicato quale destinatario per le parti associate NOME COGNOME e NOME COGNOME per via telematica, alle 9:43 del 9 aprile 2025.
Le conclusioni scritte della difesa, trasmesse il 19 maggio 2025, ore 15:31, non risultano tempestive, avuto riguardo al termine di tre giorni prima dell’udienza odierna previsto dall’art. 611, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen.
Tale tardività esime il Collegio dall’esame del loro contenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono complessivamente infondati.
Il primo motivo articolato da NOME COGNOME non risulta sorretto da un interesse attuale e concreto.
2.1. Sul tema dell’omessa formulazione delle conclusioni da parte del Procuratore generale nel giudizio di appello si sono formati due indirizzi.
2.1.1. Il primo orientamento è espresso dalla Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, COGNOME Rv. 282175-01, secondo cui tale omissione integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b) , e non la nullità prevista alla lettera c) del medesimo articolo, poiché non pregiudica il diritto della difesa di formulare le proprie conclusioni (in motivazione, si è precisato che, nel procedimento camerale cartolare emergenziale, la formulazione delle conclusioni da parte del procuratore generale costituisce un adempimento formale necessario attraverso il quale si concretizza la partecipazione della parte pubblica al procedimento, mentre resta facoltativa la formulazione delle conclusioni delle altre parti private); in ogni caso, non è ravvisabile alcuna violazione dei diritti della difesa, il cui diritto al contradditorio cartolare, attraverso la previsione di termini processuali diversi, non può dirsi precluso dalla mancanza di argomenti contrari espressi dalla parte pubblica (in termini, anche Sez. 2, n. 28728 del 17/6/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 13218 del 24/03/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 23339 del 23/3/2022, COGNOME, non mass., in una fattispecie in cui le conclusioni del procuratore generale non erano state rassegnate nei confronti di uno dei due imputati).
Trattandosi di una nullità che consegue alla violazione di disposizioni che attengono solo alla partecipazione della parte pubblica, e venendo in rilievo un’ipotesi di nullità a regime intermedio, trova applicazione l’ art. 182, comma 1, cod. proc. pen. che non consente di eccepirle a chi «non ha interesse all ‘ osservanza della disposizione violata». Il vizio, dunque, non può essere dedotto dalla difesa per carenza di interesse all’osservanza della disposizione violata : unico legittimato a dolersene è l’organ o della Pubblica Accusa (Sez. 7, ord. n. 16323 del 04/04/2025, R., non mass.; Sez. 7, ord. n. 13692 del 21/03/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 13281 del 20/03/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 2627 del 19/11/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 44017 del 19/09/2023, COGNOME, Rv. 285346-01)
2.1.2. Una diversa -e minoritaria -opzione esegetica afferma, addirittura, che, trattandosi di procedimento camerale con contradditorio cartolare in cui la partecipazione del procuratore generale deve ritenersi meramente eventuale, la mancata formulazione delle conclusioni scritte da parte del pubblico ministero, al quale sia stato dato rituale avviso, non integra alcuna nullità (Sez. 7, n. 37813 del 6/7/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 14766 del 16/03/2022, COGNOME, Rv. 283307-01).
2.2. Nel caso di specie, la difesa si è limitata all’ allegazione di un pregiudizio del tutto astratto, direttamente derivante dalla violazione di legge, senza dedurre un proprio specifico, concreto e attuale interesse al riguardo.
Quanto alle censure in tema di particolare tenuità del fatto, la causa di non punibilità opera solo in presenza di un duplice presupposto: «quando l ‘ offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».
3.1. Per quel che concerne NOME COGNOME, il diniego del riconoscimento è fondato, in primo luogo e in maniera affatto assorbente, sui due precedenti penali specifici (tali, dunque, da integrare indubitabilmente la commissione di «più reati della stessa indole», espressamente prevista come ostativa).
Rispetto a tale corretta argomentazione (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591-01, secondo cui il comportamento è abituale quando l ‘ autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame, anche se in precedenza ritenuti non punibili proprio ex art. 131bis cod. pen.), il ricorrente non prende minimamente posizione. Le relative censure risultano, pertanto, del tutto aspecifiche.
3.2. Il percorso giustificativo relativo alla posizione di NOME COGNOME gravato da un unico precedente, è parzialmente diverso, evidenziandosi altresì il valore commerciale dei beni contraffatti (sessantasei capi di abbigliamento) e il danno non irrilevante per i legittimi titolari dei marchi.
La Corte di appello ha, dunque, congruamente ottemperato all’onere motivazionale, nella pienezza della giurisdizione di merito, mediante il solo riferimento ai dati di segno negativo ritenuti decisivi, non essendo necessaria una espressa disamina di tutti gli elementi di valutazione astrattamente previsti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044-01; Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678-01). Il giudizio sulla tenuità richiede infatti un apprezzamento complesso e congiunto di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, all’esito di un momento valutativo di sintesi; la sussistenza dell’esimente è, con ogni evidenza, preclusa quando emerga anche un solo elemento rimarchevole in senso negativo, indipendentemente dall’eventuale allegazione di ulteriori circostanze, preesistenti o sopravvenute, astrattamente rilevanti, ma non idonee in concreto ad elidere o a ridurre in maniera significativa i profili di segno contrario (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590-01).
Le censure del ricorrente non risultano consentite, in quanto dirette a sollecitare una diversa ponderazione delle emergenze processuali, impossibile in questa sede di legittimità.
I profili di censura in tema di pene sostitutive, infine, non risultano meritevoli di accoglimento.
4.1. Occorre, in primo luogo, distinguere tra pena sostitutiva pecuniaria e altre pene sostitutive (per le quali soltanto è richiesta una specifica previsione di adempimento delle prescrizioni), poiché, a fronte di una richiesta avente ad oggetto anche la sostituzione con il lavoro di pubblica utilità, sia pure in via subordinata, è stata devoluta a questa Corte soltanto la statuizione relativa alla pena pecuniaria.
Invero, in linea generale, il disposto dell’art. 56quater , l. n. 689 del 1981, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, individuando un assai ampio intervallo tra il valore minimo ed il valore massimo di conversione giornaliero, permette al giudice di accedere a una determinazione che, tenendo conto delle condizioni economiche del soggetto, garantisca al contempo il rispetto delle finalità rieducative e di prevenzione proprie della pena; la sostituzione della pena detentiva breve è, pertanto, consentita, in astratto, anche nei confronti dell’imputato che versi in condizioni economiche disagiate (Sez. 6, n. 29192 del 28/05/2024, COGNOME, Rv. 286771-01; Sez. 1, n. 2357 del 12/10/2023, dep. 2024, Paris, Rv. 285786-02).
4.2. Secondo l’art. 58, l. n. 689 del 1981, come sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. f) , d.lgs. 10 novembre 2022, n. 150, tuttavia, il potere discrezionale del giudice nell’applicazione (e , poi, nella scelta) delle misure sostitutive è, innanzitutto, parametrato sui criteri indicati dall’art. 133 cod. pen.
Il giudice è, dunque, tenuto a valutare (e, quindi, a motivare), in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi presi in considerazione rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa (Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, F., Rv. 287062-01, che ha precisato condivisibilmente come la Novella strutturi l’esercizio del potere del giudice sul punto riservandogli innanzi tutto una valutazione preliminare relativa all’ an della sostituzione, con parallela eventuale previsione ostativa di recidivanza; ciò impone al giudicante di indicare compiutamente gli elementi per cui debba reputarsi superata la presunzione -sia pure iuris tantum -di idoneità, allorquando la sanzione resti contenuta entro i limiti di pena normativamente previsti, optandosi, viceversa, per la detenzione presso i luoghi di pena).
Tale prognosi di recidivanza risulta evidentemente preliminare -e, in caso di esito negativo, affatto assorbente -rispetto alla successiva verifica delle condizioni soggettive ostative previste dal novellato art. 59, l. n. 689 del 1981, nonché alla parametrazione dell’ammontare del valore giornaliero della pena pecuniaria sostitutiva.
4.3. Nel caso di specie, il giudice ha richiamato i precedenti per reati analoghi (evocando, così, sinteticamente, il pressoché nullo effetto deterrente di tali decisioni), nonché la mancanza di lecita attività lavorativa e di una fissa dimora.
Sulla base di questi elementi, indubbiamente valutabili ai sensi dell’art. 133, cod. pen. (che annovera i «precedenti penali e giudiziari e, in genere, condotta e vita del reo, antecedenti al reato»; cfr. Sez. 1, n. 2357 del 12/10/2023, dep. 2024, Paris, Rv. 285786-02; Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266639-01), è stato ritenuto espressamente che, in difetto di contenimento intramurario («lasciando gli imputati liberi di muoversi sul territorio»), non potesse garantirsi la prevenzione di ulteriori reati.
Tale conclusione, schiettamente di merito, di radicale inidoneità di entrambe le misure sostitutive richieste riposa sull’esercizio della discrezionalità del giudice, che, se adeguatamente argomentato, come nel caso di specie, non è sindacabile nel giudizio di legittimità (cfr. Sez. 4, n. 42847 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285381-01; Sez. 6, n. 43263 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285358-01); in particolare, il giudizio di pericolosità qualificata e di pericolo di recidivanza, hanno tenuto conto dei precedenti, ma senza esaurirsi solo nella valutazione di questi ultimi (Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, Pesce, Rv. 286006-02), avuto riguardo alle notazioni -non superate dalle censure meramente confutative dei ricorrenti -in ordine alle precarie condizioni di vita, con prevedibile impossibilità di sottrarsi ai circuiti criminali da cui attingere le minime fonti di sostentamento.
I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati e i ricorrenti condannati, ai sensi dell ‘ art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 maggio 2025.