Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24585 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMA il 02/08/1975 avverso la sentenza del 14/10/2024 della Corte d’Appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; audita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di L’Aquila ha riformato parzialmente la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di cui all’art. 495 cod. pen., riducendo la pena comminata dal Tribunale.
Avverso la richiamata sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME formulando tre motivi di impugnazione, che si ripercorrono nei limiti strettamente necessari ai fini della decisione.
2.1. Con il primo denuncia inosservanza dell’art. 131-bis cod. pen. e mancanza di motivazione della decisione con riguardo alla condotta successiva al reato risultante dal testo della stessa, dal certificato del casellario, dalla documentazione depositata in udienza il 14 ottobre 2024 e da un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza.
A fondamento della censura lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto chiarire, alla luce del complesso di tali documenti, perchØ non sarebbe stata applicabile la causa di non punibilità contemplata dall’art. 131-bis cod. pen., pur a fronte della prova che egli, dopo il fatto, non aveva commesso reati e si era dedicato a una fiorente attività lavorativa, pagando tutte le pene pecuniarie inflitte per i delitti commessi in passato, al punto da essere affidato al servizio sociale dal Tribunale di sorveglianza di Roma.
2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. e carenza di motivazione rispetto alla ritenuta recidiva, avendo riguardo sia alla circostanza che i precedenti penali erano risalenti nel tempo, alle risultanze della documentazione indicata nel primo motivo e alla concessione del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale.
2.3. Con il terzo motivo l’imputato denuncia, in ordine all’omessa sostituzione della pena detentiva con una delle pene di cui all’art. 20-bis cod. pen., inosservanza dell’art. 59 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e contraddittorietà della motivazione.
Espone, in particolare, che la Corte d’Appello di l’Aquila, nel rigettare la richiesta di pena sostitutiva, ha fatto riferimento al suo curriculum delinquenziale, così ponendosi in contrasto con la regola ritraibile dall’art. 59 della legge n. 689 del 1981, come riformato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n.
150, nel senso che ostano alla sostituzione delle pene detentive brevi solo le circostanze relative al reato oggetto di giudizio, non comprensive dei precedenti penali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo Ł inammissibile in quanto generico poichØ non si confronta con il complesso delle ragioni indicate dal provvedimento impugnato.
E’ opportuno ricordare, al riguardo, che, quanto ai presupposti per l’applicazione dell’art. 131bis cod. pen., in omaggio ai fondamentali principi ritraibili da Sez. U, n. 13681, del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il relativo giudizio richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, del medesimo codice, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza desumibile dalle stesse e dell’entità del danno o del pericolo.
In tal senso, Ł stata rimarcata l’esigenza di una ponderata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie, in quanto Ł la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore: siffatta valutazione deve esprimersi attraverso un’adeguata motivazione sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018 – dep. 2019, Venezia, Rv. 275940), mentre Ł invece necessario lo scrutinio delle specifiche circostanze emerse nel procedimento.
Tali principi ermeneutici sono stati rispettati dal giudice d’appello poichØ, a differenza di quanto sostiene il ricorrente, l’esclusione della possibilità di applicare nel caso di specie l’art. 131-bis cod. pen. Ł stata argomentata anche in virtø della gravità del fatto ascritto, correlata al fatto che le esatte generalità del ricorrente sono state individuate solo a seguito degli accertamenti effettuati consultando il sistema AFIS presso la Questura.
Con tale argomentazione, concorrente a quella oggetto del ricorso, l’imputato non si confronta, con conseguente inammissibilità del motivo (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
2. Il secondo motivo non Ł fondato.
Infatti, la Corte d’Appello di L’Aquila, diversamente da quanto assume la difesa del ricorrente, ha motivato in maniera adeguata in ordine ai ritenuti presupposti per applicare la recidiva contestata ponendo in rilievo la correlazione con i fatti di reato precedentemente commessi dallo stesso (costituiti da rapine, furti, minacce e resistenza a pubblico ufficiale) ed evidenziando che l’imputato era già stato sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dichiarato recidivo reiterato. SicchØ il fatto per cui si procede Ł stato considerato, con motivazione congrua, insindacabile in questa sede di legittimità, poichØ espressivo di rinnovata ed intensificata pericolosità sociale e quindi idoneo a giustificare l’applicazione della recidiva.
3. Il terzo motivo Ł, del pari, non fondato.
Occorre considerare che, in tema di sanzioni sostitutive, il giudice di primo grado, in sede di condanna dell’imputato, ovvero il giudice di appello, chiamato a pronunciarsi ex art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sono tenuti a valutare i criteri direttivi di cui all’art. 133 cod. pen. sia ai fini della determinazione della pena da infliggere sia, subito dopo, ai fini dell’individuazione della pena sostitutiva ex art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, come riformato dal d.lgs. n. 150 del 2022, dovendo esservi tra i due giudizi continuità e non contraddittorietà e favorendosi l’applicazione di una delle sanzioni previste dall’art. 20-bis cod. pen. quanto minore risulti la pena in concreto inflitta rispetto ai limiti edittali (Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, Pesce, Rv. 286006).
In particolare, il giudice, in caso di diniego della sostituzione della pena detentiva, non può
limitarsi a valutare la congruità della pena attraverso i criteri di gravità del fatto e di pericolosità del soggetto, ma Ł tenuto anche a motivare, in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa (Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, F., Rv. 287062).
Nella fattispecie in esame tali valutazioni sono state congruamente operate dalla Corte d’Appello che nel § 3.6. della motivazione non ha, come assunto dal COGNOME, fatto mero riferimento ai suoi precedenti, operando anche il predetto giudizio prognostico. Invero, la decisione impugnata ha sottolineato che nessuna delle pene sostitutive previste dall’art. 20-bis cod. pen. può considerarsi funzionale alla rieducazione del condannato, atteso che il suo curriculum delinquenziale caratterizzato da plurime condanne denota una pervicace incapacità dello stesso ad uniformarsi alle prescrizioni della legge ed alle regole della vita civile che non consente di effettuare una prognosi idonea a far ritenere idoneo un trattamento rieducativo diverso da quello intramurario adeguato ai fini del suo reinserimento nella società e idoneo a prevenire il rischio di una futura ricaduta.
4.Pertanto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 13/05/2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME