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Pene sostitutive: no se c’è rischio di recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per furto aggravato. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di negare le pene sostitutive, ritenendo la loro valutazione sul concreto rischio di recidivanza, basata sulla reiterazione dei reati e le modalità dei fatti, congrua e non sindacabile in sede di legittimità. La richiesta di pene sostitutive è stata rigettata poiché considerate inidonee a scopi rieducativi nel caso specifico.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: Il Rischio di Recidiva Giustifica il Diniego

L’applicazione delle pene sostitutive rappresenta un tema centrale nel diritto penale moderno, bilanciando l’esigenza punitiva con quella rieducativa. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 668/2025, ha ribadito i confini del potere discrezionale del giudice nel negare tali misure, specialmente quando emerge un concreto rischio di recidivanza. Questa decisione offre spunti importanti sui criteri di valutazione che guidano i giudici e sui limiti del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

Due individui venivano condannati per una serie di furti aggravati, commessi a breve distanza di tempo l’uno dall’altro. La Corte d’Appello, pur riducendo la pena inflitta in primo grado, respingeva la richiesta degli imputati di sostituire la pena detentiva residua con misure alternative. Secondo i giudici di merito, le modalità delle condotte e la loro rapida successione nel tempo indicavano un’elevata probabilità che gli imputati potessero commettere nuovi reati. Avverso tale decisione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione da parte della Corte territoriale.

La Valutazione delle Pene Sostitutive da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla natura del potere del giudice di merito nella concessione o nel diniego delle pene sostitutive. Anche a seguito delle recenti riforme (d.lgs. 150/2022), la valutazione del giudice rimane discrezionale e strettamente ancorata ai criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

La Corte Suprema ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma di verificare che quest’ultima sia basata su una motivazione logica, congrua e priva di vizi giuridici. Se la motivazione esiste ed è coerente, come nel caso di specie, il giudizio non può essere messo in discussione in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato il proprio diniego. I giudici avevano valorizzato due elementi sintomatici specifici:

1. Le modalità dei fatti: Le circostanze concrete dei furti commessi.
2. La reiterazione delle condotte: La commissione di più reati in un breve lasso di tempo.

Questi fattori sono stati considerati indicatori di un concreto ‘rischio di recidivanza’, ovvero della probabilità che gli imputati potessero commettere nuovi crimini. Di conseguenza, le pene sostitutive sono state ritenute inadeguate a svolgere la loro funzione rieducativa e a garantire la tutela della collettività.

I ricorsi degli imputati, al contrario, sono stati giudicati generici ed esplorativi, poiché non presentavano elementi di fatto specifici in grado di ‘disarticolare’ la logica e convincente motivazione della sentenza impugnata. Pertanto, la Cassazione ha confermato la decisione, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio consolidato: la concessione delle pene sostitutive non è un diritto automatico, ma l’esito di una valutazione discrezionale del giudice basata su elementi concreti. Per contestare efficacemente un diniego, non è sufficiente una critica generica, ma è necessario dimostrare un vizio logico o una palese erroneità nella motivazione del giudice. La decisione evidenzia come il rischio di recidivanza, se adeguatamente provato attraverso le circostanze del caso, costituisca un ostacolo insormontabile all’applicazione di misure alternative alla detenzione.

Perché è stata negata la richiesta di applicazione delle pene sostitutive?
La richiesta è stata negata perché la Corte d’Appello ha ritenuto che le modalità dei fatti e la reiterazione dei reati in un breve periodo indicassero un concreto rischio di recidivanza, rendendo le pene sostitutive inadeguate a scopi rieducativi.

Il giudizio del giudice sulla concessione delle pene sostitutive è sempre insindacabile in Cassazione?
No, non è sempre insindacabile. Tuttavia, il controllo della Corte di Cassazione è limitato alla verifica della correttezza giuridica e della logicità della motivazione. Se il giudice di merito fornisce una motivazione adeguata e congrua, come nel caso di specie, il suo giudizio discrezionale non può essere riformato.

Quali sono state le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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