Pene Sostitutive e Recidiva: Quando il Giudice Può Dire No
L’introduzione di nuove norme più favorevoli per l’imputato solleva spesso interrogativi sulla loro applicabilità ai processi in corso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale riguardo alle pene sostitutive: la loro applicazione non è mai un automatismo, specialmente in presenza di una storia criminale significativa. Anche di fronte a una legge più vantaggiosa, la valutazione della personalità del reo e la sua pericolosità sociale rimangono centrali nella decisione del giudice.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un tentato furto di generi alimentari in un supermercato, avvenuto nel 2015. L’imputato veniva condannato sia in primo grado che in appello. La difesa, nel ricorrere alla Corte di Cassazione, non contestava la colpevolezza, ma si concentrava su un aspetto specifico: la mancata sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria.
La difesa faceva leva sulle modifiche legislative introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 (la cosiddetta “Riforma Cartabia”), entrate in vigore prima dell’udienza di discussione in Cassazione. Tale riforma, considerata più favorevole, aveva abbassato notevolmente il limite minimo della quota giornaliera per la conversione della pena, rendendo la sanzione pecuniaria più accessibile per chi, come il ricorrente, versava in condizioni economiche disagiate.
La Valutazione delle Pene Sostitutive da Parte del Giudice
Il motivo del ricorso si basava sulla presunta mancanza assoluta di motivazione da parte della Corte d’Appello, che non si era espressa sulla richiesta di applicare le pene sostitutive. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo una spiegazione dettagliata dei principi che governano questa materia.
I giudici supremi hanno ribadito che, ai sensi dell’art. 58 della legge n. 689/1981, la sostituzione della pena detentiva è una facoltà, non un obbligo per il giudice. Questa scelta discrezionale deve essere guidata da una prognosi positiva sulla rieducazione del condannato e sulla prevenzione di futuri reati. La legge stessa impedisce la sostituzione quando vi siano fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non verranno rispettate dal condannato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive. Sebbene la Corte d’Appello avesse omesso una motivazione esplicita sul punto, le ragioni del diniego erano chiaramente ricavabili dal complesso delle sentenze di merito.
La sentenza impugnata, infatti, sottolineava in modo esplicito diversi elementi negativi a carico dell’imputato:
* Precedenti penali: L’uomo aveva un curriculum criminale significativo, che includeva anche reati gravi.
* Personalità e caratura criminale: La sua personalità era stata valutata negativamente, evidenziando una spiccata propensione a delinquere.
* Recidiva: La sussistenza della recidiva confermava la sua tendenza a commettere nuovi reati.
Questi elementi, valutati nel loro insieme, hanno portato la Corte a concludere che una pena sostitutiva non sarebbe stata idonea a rieducare il condannato né a prevenire il pericolo di commissione di altri reati. La prognosi era, in sostanza, negativa.
Le Conclusioni
La sentenza in esame offre un importante insegnamento: l’accesso a benefici come le pene sostitutive, anche quando previsti da una normativa più favorevole, non è un diritto incondizionato. Il giudice ha il dovere di effettuare una valutazione completa della personalità del reo, basandosi su criteri oggettivi come i precedenti penali e la recidiva. Una storia criminale che dimostra una persistente inclinazione al crimine può legittimamente giustificare il diniego della sostituzione della pena detentiva, poiché l’obiettivo primario della sanzione penale rimane la rieducazione e la prevenzione, finalità che sarebbero compromesse concedendo il beneficio a un soggetto ritenuto non meritevole.
L’applicazione delle pene sostitutive più favorevoli previste da una nuova legge è automatica per i processi in corso?
No, non è automatica. La sua applicazione rimane soggetta alla valutazione discrezionale del giudice, che deve verificare se la pena sostitutiva sia idonea alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di futuri reati.
Quali elementi può considerare il giudice per negare la sostituzione della pena detentiva?
Il giudice può negare la sostituzione basandosi su elementi come i precedenti penali (specialmente se per reati gravi), la personalità dell’imputato, la sua caratura criminale e la sussistenza della recidiva. Questi fattori possono indicare una prognosi sfavorevole sul rispetto delle prescrizioni.
La sola condizione economica disagiata dell’imputato è sufficiente per ottenere la sostituzione della pena?
No. Sebbene la condizione economica sia un fattore rilevante per determinare l’importo della pena pecuniaria sostitutiva, non è l’unico né il più importante. Prevalgono le valutazioni sulla personalità del reo e sulla sua affidabilità, come dimostrato in questo caso in cui i precedenti penali hanno avuto un peso decisivo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2574 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2574 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BENEVENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
GLYPH COGNOME NOME impugna mediante il suo difensore la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1268 del 6/03/2023 di conferma della sentenza del Tribunale di Milano del 29/09/2021, con la quale era condannato in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 7 cod. pen. per il tentato furto di generi alimentari prelevati dagli scaffali del supermercato RAGIONE_SOCIALE in Milano il 14/11/2015.
1.1. GLYPH Con un unico motivo di ricorso la difesa di COGNOME prospetta la mancanza assoluta di motivazione circa la non sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria ai sensi dell’art. 53 legge n. 689 del 1981, sebbene richiesta con le conclusioni scritte ai sensi dell’art. 23 -bis, comma 2, d.l. n. 137 del 2020 osservando che le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 sono entrate in vigore il 31/12/2022, dopo il deposito dei motivi di appello (in data 6/01/2022) ma prima dell’udienza fissata per la discussione (15/02/2023). Secondo la norma transitoria posto dall’articolo 95 del d. Igs. N. 150 del 2022 la nuova disciplina se è più favorevole si applica anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado e in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del decreto. La riforma ha aumentato la durata massima della pena detentiva sostituibile e ha diminuito il limite minimo del criterio di sostituzione che passa da 250 a 5 C giornalieri. Sebbene la pena applicata dal giudice di primo grado già rientrava nel limite temporale massimo di pena sostituibile la riduzione del limite minimo della quota giornaliera ha introdotto una disciplina più favorevole per il ricorrente che vertendo in condizioni economiche disagiate potrebbe giovarsi di una quota giornaliera decisamente inferiore a quella determinata in base alla normativa precedente. Nonostante l’espressa richiesta della difesa, corredata da procura speciale per l’accettazione della sostituzione della pena ed allegazione di circostanze in fatto rilevanti per la determinazione dell’ammontare della pena, la corte di appello confermava la sentenza di condanna di primo grado omettendo qualsiasi valutazione della richiesta di sostituzione della pena detentiva, senza alcuna motivazione.
1.2. GLYPH Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ordine al motivo di ricorso il Collegio osserva che la motivazione della sentenza della corte di appello conferma in toto la sentenza di primo grado e, invero, nulla dice circa la disponibilità dell’imputato formulata in sede di conclusioni scritte.
Ma si deve osservare, altresì, che in forza dell’art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice non ha l’obbligo ma ha la facoltà di applicare le pene sostitutive della pena detentiva soltanto quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. A tal riguardo secondo la disposizione in parola, la cui applicazione è dirimente in relazione al caso oggetto di ricorso, la pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.
Nel caso concreto dal contesto motivazionale di primo e secondo grado, non emerge l’applicabilità delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’articolo 20-bis cod. pen. non sussistendo i requisiti per il trattamento sanzionatorio sostitutivo. Al riguardo si legga la motivazione della sentenza impugnata che a pagina 4 sottolinea i precedenti penali, anche per reati gravi, nonché la personalità e la caratura criminale dell’imputato e la sussistenza della recidiva. Si tratta complessivamente di elementi che secondo il complesso motivazionale di primo e secondo grado depongono contro la sostituzione della pena ai sensi dell’art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689 e dell’art. 133 cod. pen. Su tale base, pertanto, il Collegio deve rigettare il ricorso e condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2023 Il consigliere estensore