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Pene sostitutive: no se c’è prognosi negativa

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego delle pene sostitutive a una donna condannata per reati fiscali. La decisione si basa su un giudizio prognostico negativo, fortemente influenzato da precedenti penali gravi, tra cui una condanna per bancarotta fraudolenta. Secondo la Corte, la personalità criminale della ricorrente e il rischio di recidiva prevalgono su elementi positivi come l’occupazione lavorativa, rendendo legittimo il rigetto della richiesta.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: Quando i Precedenti Penali Contano di Più

Le pene sostitutive rappresentano uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per evitare il carcere in caso di condanne a pene detentive brevi. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e dipende da una valutazione attenta del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 47543/2024) chiarisce come un giudizio prognostico negativo, basato su gravi precedenti penali, possa legittimamente impedire l’accesso a questo beneficio, anche in presenza di elementi positivi come un’occupazione lavorativa.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata in via definitiva a una pena di un anno, nove mesi e quindici giorni di reclusione per reati fiscali, avanzava richiesta al giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione di una pena sostitutiva breve, ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale, introdotto dalla Riforma Cartabia. L’obiettivo era convertire la pena detentiva in una misura meno afflittiva, da scontare al di fuori del carcere.

La Decisione del Giudice e il Ricorso per Cassazione

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. La decisione si fondava principalmente sulla ‘caratura criminale’ della ricorrente, evidenziata da significativi pregiudizi penali, tra cui spiccava una condanna per bancarotta fraudolenta. Secondo il giudice, questi elementi non erano bilanciati da fattori positivi e impedivano di formulare un giudizio prognostico favorevole circa il futuro comportamento della condannata e la prevenzione del rischio di recidiva.

La difesa presentava ricorso in Cassazione, lamentando che il giudice avesse ignorato i criteri dell’art. 133 del codice penale e avesse basato la sua decisione su valutazioni generiche e non documentate, piuttosto che su un’analisi concreta del caso.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulle Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la correttezza della decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la valutazione per la concessione delle pene sostitutive è intrinsecamente legata a un giudizio prognostico sulla personalità del condannato. I criteri da utilizzare sono gli stessi previsti dall’art. 133 c.p. per la determinazione della pena, come richiamato dalla disciplina specifica (legge n. 689/1981).

Nel caso specifico, la natura e la gravità dei precedenti penali, in particolare la condanna per bancarotta fraudolenta, costituivano una base solida e sufficiente per un’analisi negativa della personalità della ricorrente. La Corte ha chiarito che, di fronte a un quadro così negativo, elementi come l’occupazione lavorativa o il reddito assumono una valenza ‘recessiva’, cioè non sono in grado di ribaltare il giudizio prognostico sfavorevole. Il percorso di vita del condannato è indispensabile per formulare un giudizio positivo sull’idoneità delle sanzioni sostitutive. La giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, afferma che il giudice può negare il beneficio anche solo sulla base dei precedenti penali che rendono il reo ‘immeritevole’, senza la necessità di addurre ulteriori e più analitiche ragioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: l’accesso alle pene sostitutive non è un diritto, ma un beneficio subordinato a una valutazione discrezionale del giudice. Un passato criminale significativo, specialmente se caratterizzato da reati di una certa gravità, può essere determinante per formulare un giudizio prognostico negativo sul rischio di recidiva. Per chi intende richiedere una pena sostitutiva, diventa quindi fondamentale dimostrare non solo elementi positivi attuali (lavoro, famiglia), ma anche un effettivo percorso di revisione critica del proprio passato che possa convincere il giudice della cessata pericolosità sociale.

È possibile ottenere le pene sostitutive anche con precedenti penali?
Sì, ma è molto più difficile. La decisione dipende dal giudizio prognostico del giudice. Precedenti penali gravi, come la bancarotta fraudolenta nel caso esaminato, possono essere considerati un indicatore di una spiccata caratura criminale e portare a un giudizio negativo, rendendo il condannato ‘immeritevole’ del beneficio.

Quali criteri usa il giudice per concedere le pene sostitutive?
Il giudice valuta la personalità del condannato utilizzando gli stessi criteri dell’art. 133 del codice penale, usati per determinare la pena. La valutazione si concentra sulla formulazione di un giudizio prognostico positivo, ovvero sulla probabilità che il condannato non commetta altri reati in futuro. Si tiene conto della gravità dei reati, dei precedenti penali e del comportamento del soggetto.

Avere un lavoro è sufficiente per ottenere le pene sostitutive?
No, non necessariamente. Secondo la Corte, elementi positivi come un’occupazione lavorativa e un reddito stabile hanno una valenza ‘recessiva’ (cioè secondaria) se confrontati con un quadro generale negativo, caratterizzato da gravi precedenti penali. Il giudizio complessivo sulla personalità del condannato prevale sui singoli aspetti positivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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