Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19394 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19394 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MOLFETTA il 18/08/1975
avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che h2aci-ízi.ser –
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria scritta e conclude per il rigetto del ricor udito il difensore
L’av·v . ocato · rIAURIZIO COGNOME insste per tlaccoglimento dei GLYPH LUI U. L’avvocato NOME COGNOME chiede, in via principale, il rinvio della decisione del presente procedimento a data successiva al 31.10.2025; in subordine insiste p l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3/7/2024, la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza di primo grado del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trani che, all’esito di giudizio abbreviato secco, ha ritenuto l’imputato responsabile, in concorso con soggetto in via di identificazione, di due furti in abitazione, unificati dal vincolo della continuazione, e della contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen.
I difensori di fiducia dell’imputato ricorrono con due distinti ricorsi avverso la predetta sentenza chiedendone l’annullamento.
L’Avv.to NOME COGNOME articola due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo lamenta la carenza e illogicità della motivazione in relazione ai criteri di giudizio della condotta del ricorrente e alla valutazione degli elementi indiziari acquisiti a suo carico.
3.2. Con il secondo motivo lamenta l’illogicità della motivazione nella parte in cui non sono state riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata recidiva.
Ha presentato motivi aggiunti in cui ha ulteriormente specificato quanto già lamentato con il primo motivo.
L’Avv.to NOME COGNOME articola tre motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 33 e 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. in relazione all’art. 12, d.lgs n. 116 del 2017 e lamenta il difetto di capacità del magistrato onorario componente del Collegio giudicante ed estensore della sentenza. Nel richiamare e allegare i decreti del Presidente della Corte d’appello di Bari, fa specifico riferimento, in particolare, al provvedimento dell’8 marzo 2024 con cui sarebbe stata deliberata «l’assegnazione definitiva (del giudice ausiliario estensore della sentenza qui impugnata) alla I sezione penale della Corte L.] per lo svolgimento delle attività consentite dalla normativa primaria e secondaria per i giudici ausiliari». Con siffatto provvedimento, per il difensore dell’imputato, raggirando le norme costituzionali, sarebbe stato disposto «l’impiego generalizzato e stabilizzato del magistrato onorario» in aperto contrasto con le norme che regolano l’incarico dei magistrati onorari (artt. 11 e 12 d.lgs n. 116 del 2017) che richiedono la sussistenza di determinate condizioni quali «urgenza, emergenza, necessità, temporaneità, straordinarietà, contingenza» non richiamate nel decreto di assegnazione di che trattasi. Di qui la conseguente nullità della sentenza impugnata.
4.2. Con il secondo motivo lamenta l’illogicità della motivazione nella parte in cui non ha riconosciuto le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla recidiva.
4.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al rigetto della richiesta dell’imputato di applicazione delle pene sostitutive brevi (nella specie, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo la detenzione domiciliare sostitutiva). Il rigetto è stato motivato dalla Corte territoriale con riferimento alla negativa personalità dell’imputato, emersa dai precedenti penali e dalla gravità dei reato in questione, elementi ritenuti ostativi a una prognosi favorevole in ordine al fatto che egli si sarebbe attenuto alle prescrizioni inerenti alle sanzioni sostitutive richieste anche considerando che, dall’esame del fascicolo cautelare, era emersa «la revoca dell’autorizzazione al lavoro in costanza di arresti domiciliari in quanto in più occasioni il COGNOME aveva trasgredito alle prescrizioni impostegli». La difesa evidenzia l’erroneità di tale prospettiva prognostica avendo la Corte distrettuale negato il richiesto beneficio in ragione delle precedenti condanne, in contrasto con l’orientamento “granitico” della giurisprudenza secondo cui la sussistenza di precedenti condanne non osta di per sé all’accoglimento della richiesta di pene sostitutive. La Corte poi avrebbe travisato il contenuto dell’ordinanza cautelare richiamata in quanto con essa è stata solo rigettata la richiesta di aggravamento della misura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso che la richiesta difensiva di rinvio a data successiva al 31 ottobre 2025, proposta in udienza, è, all’evidenza, incompatibile con le ragioni poste a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale “differita” di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 20421 e, comunque, con lo Oiv6 status cautelare del ricorrente, iericors~9 essere rigettaté.
In ordine logico si ritiene di dover affrontare innanzitutto le questioni sollevate con il primo motivo di ricorso dall’Avv.to NOME COGNOME che deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 33 e 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. in relazione all’art. 12, d.lgs n. 116 del 2017 e lamenta il difetto delle condizioni di capacità del magistrato onorario componente del Collegio giudicante ed estensore della sentenza.
La censura non coglie nel segno.
Ed invero, nella vicenda che qui ci occupa, il Presidente della Corte d’appello di Bari, nel decidere sull’istanza proposta dal Giudice Ausiliario d’appello, avv.to NOME COGNOME di essere trasferito alla I sezione penale della Corte, ha disposto, con decreto dell’8 marzo 2024, esaminabile in questa sede attesa la natura del vizio dedotto, il trasferimento del predetto giudice in conformità della richiesta «per lo svolgimento delle attività consentite dalla normativa primaria e secondaria per i giudici ausiliari».
Il ricorrente, nel dedurre il vizio di legge, evoca dunque una disposizione normativa che non si attaglia al caso di specie posto che il richiamato art. 12 disciplina la «destinazione dei giudici onorari di pace nei collegi civili e penali» dei Tribunali, mentre nella vicenda che qui ci occupa viene in rilievo la figura del giudice ausiliario nelle Corti d’appello destinato a comporre il Collegio distrettuale penale.
Tanto basterebbe per ritenere l’infondatezza della censura proposta.
Ad ogni buon conto, deve ricordarsi che il d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, ha introdotto la figura del giudice ausiliario per le Corti d’appello al fine di «agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza» (art. 2, comma 1). Tale articolo è stato modificato dal d.l. n. 34 del 2020, convertito nella legge 16 luglio 2020 (Misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le corti d’appello), che, all’art. 256, ha previsto la possibilità che i giudici ausiliari possano andare a comporre anche i collegi penali. La Corte costituzionale, considerata la stabile destinazione dei magistrati ausiliari a un ufficio, come la Corte d’Appello, di tipo collegiale, con la sentenza n. 41 del 2021, di accoglimento manipolativa di tipo additivo, ha ritenuto incostituzionali gli articoli che vanno dal 62 al 72 del d.l. n. 69/2013, come convertito in I. n. 98/2013 nella parte in cui non prevedono che essi or trovino applicazione soltanto in via transitoria e, cioè, fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 d.lgs. n. 116/2017 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui Giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della I. n. 57/2016) cioè entro il giorno 31 ottobre 2025. Il Giudice delle leggi, quindi, ha così legittimato, al fine di prevenire un grave pregiudizio alla giustizia e all’amministrazione pubblica, la temporanea sopravvivenza del vizio di legittimità costituzionale rispetto all’articolo 106 Cost. Alla luce di siffatta decisione, dunque, deve ritenersi pienamente legittima la decisione del Presidente della Corte d’appello di avvalersi del giudice ausiliario per la composizione del Collegio penale non essendo contenuto nel richiamato provvedimento dell’8 marzo 2024, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, alcun riferimento alla “definitività” dell’incarico e a un impiego “generalizzato e stabilizzato” del predetto professionista. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La censura proposta è, conseguentemente, del tutto destituita di fondamento.
Il primo motivo di ricorso proposto dall’avv.to COGNOME è inammissibile in quanto fondato su censure che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito.
Il difensore del ricorrente, infatti, contesta la sentenza della Corte distrettuale, ma non oppone ad essa alcuna critica costruttiva limitandosi a ripetere sempre le medesime censure concernenti l’asserita mancanza di solidi elementi per sostenere la condanna in ordine a entrambe le contestazioni nonostante i puntuali richiami, nella sentenza impugnata, ai rilievi dei Carabinieri e al contenuto della dichiarazione confessoria «redatta e sottoscritta di pugno dall’imputato in data 19/5/2023 e allegata dal difensore, Avv.to COGNOME alla propria istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere che, come stigmatizza la Corte d’appello, si pone in contraddizione «insanabile» con il contenuto degli atti di impugnazione con cui si nega ogni responsabilità. La Corte territoriale ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto con cui il ricorrente, trovato peraltro in possesso di parte della refurtiva, non si confronta realmente, limitandosi, come si è detto, in maniera per l’appunto inammissibilmente generica, a lamentare una presunta, ma inesistente carenza o illogicità della motivazione.
Il secondo motivo proposto dall’avv.to COGNOME comune al secondo motivo proposto dall’avv.to COGNOME possono essere trattati unitariamente poiché diretti entrambi a sostenere vizi della sentenza impugnata riguardo al diniego del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla riconosciuta aggravante.
La Corte distrettuale, con motivazione congrua e priva di manifeste illogicità, ha ritenuto, conformemente alla decisione di primo grado, di non formulare un giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti sulla contestata recidiva e ha evidenziato, a tal fine, la gravità della condotta tenuta dall’imputato e l’atteggiamento non collaborativo e scorretto dello stesso che, dopo aver negato gli addebiti in sede di interrogatorio di garanzia (così, pag. 5 della sentenza di primo grado), in sede di istanza cautelare del 20 maggio 2023, rendeva una dichiarazione pienamente confessoria in ordine ai fatti addebitatigli e, successivamente, in sede processuale, protestava la propria estraneità agli stessi «proponendo nei propri atti di impugnazione una ricostruzione dei fatti del tutto diversa». Tale motivazione, logica e lineare, non si pone in contraddizione con il riconoscimento delle attenuanti generiche concesse in primo grado sulla base, anche, dell’esiguo valore dei beni sottratti, posto che – come da tempo, con orientamento consolidato e mai contraddetto, questa Corte ha affermato – «la valutazione degli elementi favorevoli che consentono il riconoscimento delle attenuanti generiche è del tutto svincolato dal giudizio di comparazione’ tra circostanze di segno opposto, che ha la funzione di
•
adeguare la pena in concreto alla gravità del fatto ed alla personalità del reo. Ne consegue che non è ravvisabile vizio logico e contraddittorietà tra la ritenuta sussistenza di circostanze favorevoli all’imputato, idonee a legittimare l’applicazione dell’art. 62 bis cod. pen., ed il giudizio di equivalenza anziché di prevalenza delle attenuanti generiche con le aggravanti (nella specie recidiva), trattandosi di valutazione di natura completamente diversa» (Sez. 1, n. 11704 del 09/07/1986, Decorlati, Rv. 174107-01). Essa, inoltre, in quanto ritenuta dalla Corte distrettuale la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto, implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità non risultando frutto di una valutazione meramente arbitraria o illogica. (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931 – 01)
3. E’ infondato, infine, l’ultimo motivo di censura proposto dall’ Avv.to COGNOME volto a contestare, sotto il profilo del vizio di violazione di legge e di quello di motivazione, il criterio utilizzato per la verifica della prognos sfavorevole al ricorrente in relazione alla concedibilità di una delle pene sostitutive richieste.
L’art. 58 della I. n. 689 del 1981 (rubricato “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Orbene, la Corte distrettuale si è attenuta a tali prescrizioni e, con motivazione concisa, ma chiara e priva di manifeste contraddizioni, ha ritenuto di non accogliere la richiesta ancorando la propria valutazione ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e sottolineando che la gravità della condotta ascritta all’imputato (due furti commessi nella stessa serata in due distinti appartamenti utilizzando strumenti atti allo scasso) delinea una personalità che non consente una prognosi positiva ove peraltro si consideri – stigmatizza la Corte – che «nel fascicolo cautelare, si evidenzia la revoca dell’autorizzazione al lavoro in costanza di arresti domiciliari, in quanto in più occasioni il COGNOME aveva trasgredito alle prescrizioni impostegli».
Valga in ultimo aggiungere a quanto sinora esposto che, in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che
consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve, previste dall’art. 53, legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce un
accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato, come nel caso che qui ci occupa, in modo non manifestamente illogico (Sez. 1, n.
35849 del 17/5/2019, COGNOME, Rv. 276716).
4. Alla luce delle considerazioni sopra espresse
IÌE
v(, *r
GLYPH
ricorso stlevGacp essere rigettatD e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 21 febbraio 2025
Il Co sigliere estehsore nna NOME
Il Presidente