Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8219 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8219 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
tdato avviso alle parti)
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 30 marzo 2023 la Corte di Appello di Bari, pronunciandosi ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza del 24 marzo 2022 del Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Bari, resa in esito a giudizio abbreviato, ha rideterminato in anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 12.000,00 di multa la pena inflitta a COGNOME NOME per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 73, commi 1 e 4 e 80, comma 2, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 con esclusione della recidiva e giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante di cui all’art. 80 cit..
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale il ricorrente ha lamentato violazione di legge per non essere stato posto, a causa dell’omesso avviso da parte della Corte territoriale, nella condizione di chiedere l’applicazione delle pene sostitutive.
3. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente si evidenzia, quanto ai vizi denunciabili, è stato affermato in tema di concordato in appello (Sezione 7, Ord. n. 16788 del 6/04/2022), è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del AVV_NOTAIO generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 2, ord. n. 30990 del 1° giugno 2018, Gueli, Rv. 272969). E in altra condivisibile pronuncia si è ribadito che è inammissibile il ricorso per cessazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato i funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla I. 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (così Sez. 5, ord. n. 29243 del 4 giugno 2018, Casero, Rv. 273194, che, in applicazione del principio, in un caso analogo a quello che ci occupa, ha ritenuto inammissibile il ricorso relativo alla valutazione sulla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.).
5. Quanto sopra affermato deve essere valutato con particolare riferimento alla censura oggi proposta dal ricorrente, il quale invoca l’inosservanza della regola processuale (introdotta dall’art. 31, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022) contenuta nell’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., secondo la quale, quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, dà avviso alle parti della possibilità di convertirla nelle sanzioni sostitutive indicate dall’art. 53 legge 24 novembre 1981, n. 689, qualora ne ricorrano le condizioni di legge.
Assume, pertanto, di non essere stato posto, a causa dell’omesso avviso da parte della Corte territoriale, nella condizione di avvalersi dell’istituto delle pene sostitutive.
5.1. Il Collegio evidenzia come l’art. 1, comma 1, lett. a), d. Igs. n. 150/2022, ha introdotto l’art. 20 bis del cod. pen. («Pene sostitutive delle pene detentive brevi»), collocandolo nel Titolo II («Delle pene»), al Capo I («Delle specie di pene in generale»), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie.
Scopo della novella è stato quello di introdurre le pene sostitutive nel sistema delle pene di cui alla parte generale del codice, creando un raccordo con la disciplina delle stesse pene sostitutive, prevista dalle disposizioni della legge n. 689 del 1981, a loro volta riformulate dall’art. 71 del d.lgs. n. 150/2022.
In base alla disciplina transitoria introdotta dallo stesso legislatore delegato (art. 95, d.lgs. n. 150 del 2022), «le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto», vale a dire al 30 dicembre 2022 per quanto previsto dall’art. 99-bis del d.lgs. 150/22, inserito dall’art. 6 del d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni dalla I. n. 199/2022.
In tali ipotesi, dunque, sarà applicabile anche l’art. 545-bis, cod. proc. pen. (a sua volta introdotto dall’art. 31, comma 1, d. Igs. n. 150/2022).
5.2. E’ stato chiarito da questa Corte (Sez. 6, n. 43947 del 19/09/2023, Tarellari, n.m.) che la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce un diritto dell’imputato, al quale corrisponde, dunque, un obbligo del giudice di pronunciarsi, dovendosi ribadire il principio già formulato dal diritto vivente in materia di «sanzioni sostitutive» disciplinate dall’originario art. 53 I. n. 689/1981.
L’assetto legislativo prevede che la valutazione continui ad essere esercitata sulla scorta dei consolidati criteri di cui all’art. 133 cod. pen., che sia guidata da
una prognosi di risocializzazione (in virtù del principio di rieducazione del condannato) e che si conformi alla direttiva – del pari espressione di un principio generale – del minor sacrificio possibile della libertà personale. Si è inoltre previsto che il giudice soggiaccia ad un onere motivazionale rinforzato, per il caso in cui decida di non provvedere alla sostituzione.
Tuttavia, la valutazione del giudice rimane pur sempre espressione di un potere discrezionale, senza che – si ribadisce – sia ipotizzabile un diritto dell’imputato alla sostituzione della pena (in tal senso v. anche Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, COGNOME, non mass.), come del resto confermato testualmente dall’avverbio di dubbio «se», utilizzato dal legislatore dell’articolo 545-bis cod. proc. pen..
5.3. Inoltre, la Corte ha ritenuto che l’obbligo del giudice di pronunciarsi sulle pene sostitutive presuppone una richiesta in tal senso: solo in tal caso, pertanto, l’omessa motivazione può essere fatta valere come motivo di impugnazione (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, COGNOME, Rv. 285090 – 01; Sez. 6, n. 45511 del 26/10/2023, lussi, n.m.).
5.4. Sotto altro profilo, va poi considerato che oggetto dell’accordo di cui alla richiesta di applicazione della pena può essere anche la pena sostituita, giusto il disposto di cui all’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1, d. Igs. n. 150/2022. Ne consegue che la sentenza che recepisce detto accordo non può disattenderne il contenuto, nel quale non sia fatta menzione della sostituzione della pena detentiva (sez. 5, n. 15079 del 18/3/2011, COGNOME, Rv. 250172-01).
Trattasi di principio valido anche con riferimento al concordato in appello, stante la comune base negoziale dei due istituti (v. Sez. 4, n. 43980 del 26/10/2023, Cruz, n.m.).
Nella specie, il procedimento è stato definito in appello con accoglimento del concordato sulla pena e rinuncia ai motivi inerenti alla penale responsabilità. Non risulta (pur potendolo fare, in virtù della norma transitoria di cui all’art. 95, Igs. n. 150/2022) che l’imputato o il difensore abbiano avanzato detta richiesta nè con l’atto di gravame né con la proposizione di motivi nuovi e neppure all’udienza di discussione; la Corte di Appello, a sua volta, una volta ratificato l’accordo, non poteva in alcun modo modificarne i contenuti.
Cosicché non può ritenersi alcun obbligo del giudice d’appello di pronunciarsi sul punto specifico, né di motivare circa l’insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell’art. 20 -bis, cod. pen..
Sotto tale profilo il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente lamenta, inoltre, che essendo lo stesso presente all’udienza, erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che rilevasse la mancanza di procura speciale in capo al difensore per l’applicazione delle sanzioni sostitutive.
Anche tale rilievo è manifestamente infondato.
Il ricorrente omette di evidenziare che, nel verbale di udienza del 30 marzo 2023, la Corte di appello dà atto che «l’imputato dichiara di rinunciare alla lettura del dispositivo»; così, in sua assenza, il difensore non munito di procura speciale non poteva in alcun modo sostituirsi all’imputato nel formulare la anzidetta richiesta (in ogni caso non consentita in caso di concordato sulla pena).
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente