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Pene sostitutive: no retroattività post-giudicato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34888/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione delle nuove pene sostitutive a una sentenza divenuta definitiva prima della Riforma Cartabia. La Corte ha ribadito che il principio della retroattività della legge più favorevole non si estende alle norme sul trattamento penale quando la sentenza è già passata in giudicato, per salvaguardare la certezza del diritto.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: Nessuna Applicazione Retroattiva a Sentenze Definitive

L’introduzione di nuove pene sostitutive con la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha sollevato importanti questioni sulla loro applicabilità nel tempo. Con la recente ordinanza n. 34888 del 20 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale: le nuove e più favorevoli disposizioni non possono essere applicate a condanne divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore della riforma. Questa decisione rafforza il principio della certezza del diritto e del valore intangibile del giudicato.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato con una sentenza divenuta definitiva nel 2017, presentava un’istanza al Giudice dell’Esecuzione. La richiesta era volta a ottenere la sostituzione della pena detentiva che stava scontando con una delle nuove pene sostitutive introdotte dal d.lgs. n. 150/2022. Il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Roma respingeva la domanda, motivando che la definitività della sentenza, antecedente alla nuova legge, ne impediva l’applicazione.

Contro tale decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando implicitamente una questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 dello stesso decreto legislativo, ovvero la norma transitoria che regola il passaggio al nuovo sistema sanzionatorio.

La Questione Giuridica: Applicabilità delle Pene Sostitutive

Il nodo centrale della controversia riguardava il principio di retroattività della legge penale più favorevole. Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che le nuove pene sostitutive, essendo più vantaggiose, dovessero applicarsi anche a chi era stato condannato con sentenza definitiva sotto la vigenza della vecchia normativa. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a stabilire se il principio di favore per il reo potesse superare la barriera del giudicato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando la questione di legittimità costituzionale come manifestamente infondata. La decisione si fonda su argomentazioni solide e coerenti con la giurisprudenza precedente.

Il Principio di Retroattività e il Giudicato

I giudici hanno chiarito che il principio di retroattività delle disposizioni penali più favorevoli non è assoluto né inderogabile. Sebbene sia un cardine del nostro ordinamento, esso riguarda principalmente le norme che definiscono il reato e la pena in senso stretto. Non si estende automaticamente a qualsiasi norma che incida sul trattamento penale, specialmente quando si è già formato un giudicato.

La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia (Sez. III n. 47042 del 2023), nella quale si era già affermato che la scelta del legislatore di non estendere le nuove pene a sentenze irrevocabili non viola la Costituzione. Tale scelta rientra nella discrezionalità del legislatore, il quale può prevedere deroghe al principio di retroattività per tutelare altri valori di rango costituzionale.

La Certezza del Diritto come Valore Preminente

La motivazione principale della decisione risiede nell’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti giuridici coperti dal giudicato. Una volta che una sentenza diventa definitiva, essa cristallizza la situazione giuridica del condannato. Permettere una continua rinegoziazione della pena ad ogni cambiamento legislativo minerebbe la stabilità dell’ordinamento giuridico e la funzione stessa della pena. La Corte sottolinea che il legislatore, nel bilanciare i diversi interessi in gioco, ha legittimamente scelto di far prevalere la certezza del diritto rispetto all’applicazione retroattiva delle nuove sanzioni.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma un orientamento ormai consolidato: la Riforma Cartabia e le sue pene sostitutive non hanno effetto retroattivo su sentenze passate in giudicato. Questa decisione traccia una linea netta tra il momento della cognizione e quello dell’esecuzione, stabilendo che le modifiche normative sul trattamento sanzionatorio, per quanto favorevoli, non possono rimettere in discussione rapporti giuridici ormai esauriti e coperti dalla stabilità del giudicato. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, emerge con chiarezza che il momento determinante per l’applicazione della legge penale è quello della commissione del fatto e della successiva pronuncia giudiziale, non quello dell’esecuzione della pena, a meno che il legislatore non disponga espressamente in senso contrario.

Le nuove pene sostitutive della Riforma Cartabia si applicano a sentenze passate in giudicato prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non si applicano retroattivamente a sentenze divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022, per salvaguardare la certezza del giudicato.

Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la questione di legittimità costituzionale sollevata è stata ritenuta manifestamente infondata, in linea con precedenti e consolidati orientamenti della stessa Corte.

Il principio della retroattività della legge penale più favorevole è assoluto?
No. Secondo la Corte, questo principio non è assoluto e può subire deroghe rimesse alla discrezionalità del legislatore, specialmente quando sussiste l’esigenza di tutelare la certezza dei rapporti giuridici coperti dal giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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