Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: Nessuna Applicazione Retroattiva a Sentenze Definitive
L’introduzione di nuove pene sostitutive con la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha sollevato importanti questioni sulla loro applicabilità nel tempo. Con la recente ordinanza n. 34888 del 20 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale: le nuove e più favorevoli disposizioni non possono essere applicate a condanne divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore della riforma. Questa decisione rafforza il principio della certezza del diritto e del valore intangibile del giudicato.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato con una sentenza divenuta definitiva nel 2017, presentava un’istanza al Giudice dell’Esecuzione. La richiesta era volta a ottenere la sostituzione della pena detentiva che stava scontando con una delle nuove pene sostitutive introdotte dal d.lgs. n. 150/2022. Il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Roma respingeva la domanda, motivando che la definitività della sentenza, antecedente alla nuova legge, ne impediva l’applicazione.
Contro tale decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando implicitamente una questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 dello stesso decreto legislativo, ovvero la norma transitoria che regola il passaggio al nuovo sistema sanzionatorio.
La Questione Giuridica: Applicabilità delle Pene Sostitutive
Il nodo centrale della controversia riguardava il principio di retroattività della legge penale più favorevole. Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che le nuove pene sostitutive, essendo più vantaggiose, dovessero applicarsi anche a chi era stato condannato con sentenza definitiva sotto la vigenza della vecchia normativa. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a stabilire se il principio di favore per il reo potesse superare la barriera del giudicato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando la questione di legittimità costituzionale come manifestamente infondata. La decisione si fonda su argomentazioni solide e coerenti con la giurisprudenza precedente.
Il Principio di Retroattività e il Giudicato
I giudici hanno chiarito che il principio di retroattività delle disposizioni penali più favorevoli non è assoluto né inderogabile. Sebbene sia un cardine del nostro ordinamento, esso riguarda principalmente le norme che definiscono il reato e la pena in senso stretto. Non si estende automaticamente a qualsiasi norma che incida sul trattamento penale, specialmente quando si è già formato un giudicato.
La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia (Sez. III n. 47042 del 2023), nella quale si era già affermato che la scelta del legislatore di non estendere le nuove pene a sentenze irrevocabili non viola la Costituzione. Tale scelta rientra nella discrezionalità del legislatore, il quale può prevedere deroghe al principio di retroattività per tutelare altri valori di rango costituzionale.
La Certezza del Diritto come Valore Preminente
La motivazione principale della decisione risiede nell’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti giuridici coperti dal giudicato. Una volta che una sentenza diventa definitiva, essa cristallizza la situazione giuridica del condannato. Permettere una continua rinegoziazione della pena ad ogni cambiamento legislativo minerebbe la stabilità dell’ordinamento giuridico e la funzione stessa della pena. La Corte sottolinea che il legislatore, nel bilanciare i diversi interessi in gioco, ha legittimamente scelto di far prevalere la certezza del diritto rispetto all’applicazione retroattiva delle nuove sanzioni.
Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma un orientamento ormai consolidato: la Riforma Cartabia e le sue pene sostitutive non hanno effetto retroattivo su sentenze passate in giudicato. Questa decisione traccia una linea netta tra il momento della cognizione e quello dell’esecuzione, stabilendo che le modifiche normative sul trattamento sanzionatorio, per quanto favorevoli, non possono rimettere in discussione rapporti giuridici ormai esauriti e coperti dalla stabilità del giudicato. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, emerge con chiarezza che il momento determinante per l’applicazione della legge penale è quello della commissione del fatto e della successiva pronuncia giudiziale, non quello dell’esecuzione della pena, a meno che il legislatore non disponga espressamente in senso contrario.
Le nuove pene sostitutive della Riforma Cartabia si applicano a sentenze passate in giudicato prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non si applicano retroattivamente a sentenze divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022, per salvaguardare la certezza del giudicato.
Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la questione di legittimità costituzionale sollevata è stata ritenuta manifestamente infondata, in linea con precedenti e consolidati orientamenti della stessa Corte.
Il principio della retroattività della legge penale più favorevole è assoluto?
No. Secondo la Corte, questo principio non è assoluto e può subire deroghe rimesse alla discrezionalità del legislatore, specialmente quando sussiste l’esigenza di tutelare la certezza dei rapporti giuridici coperti dal giudicato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34888 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/03/2024 del GIP TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 18 marzo 2024 il GIP del Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda introdotta da COGNOME COGNOME, tesa ad ottenere la sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive introdotte dal legislatore con il d.lgs. n.150 del 2022. motivazione si rileva che la sentenza emessa in cognizione è divenuta definitiva nel 2017 e ciò esclude la possibilità di applicare il novum legislativo.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME. Il ricorso, essenzialmente, introduce una richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 d.lgs. n.150 del 2022.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Ed invero, la proposizione di un incidente di legittimità costituzionale, riferimento alla disciplina transitoria della cd. legge Cartabia, presuppone formulazione di un giudizio non solo di rilevanza ma anche di non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale. Nel caso in esame l questione posta è manifestamente infondata, come già ritenuto da questa Corte di legittimità in precedenti arresti (v. Sez. III n.47042 del 26.9.2023, rv285420, ove si è affermato che manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui non estende l’applicabilità delle disposizio tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi ai reati giudicati con sente divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore del citato d.lgs., posto c principio di retroattività delle disposizioni penali più favorevoli non rigua qualsiasi norma incidente sul trattamento penale, ma solo quelle che disciplinano il reato e la pena e può subire inoltre, in quanto non assoluto ed inderogabi deroghe rimesse alla discrezionalità legislativa, tra le quali quella conne all’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti coperti dal giudicato).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue dì diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria,
che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Presidente