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Pene Sostitutive: No in Esecuzione Senza Appello

La Corte di Cassazione ha stabilito che un imputato non può richiedere l’applicazione delle pene sostitutive in fase di esecuzione se ha volontariamente scelto di non appellare la sentenza di primo grado per beneficiare di uno sconto di pena. La sentenza chiarisce l’applicazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia, sottolineando come la richiesta di pene sostitutive debba essere avanzata nel giudizio di cognizione, tramite appello, rendendo le due opzioni (sconto di pena e richiesta di pene sostitutive) proceduralmente alternative e non cumulabili in questo specifico contesto.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: La Scelta tra Sconto di Pena e Appello

L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha aperto nuovi scenari per le pene detentive brevi. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8106 del 2024, ha chiarito un punto cruciale: non si può beneficiare di queste nuove misure in fase esecutiva se si è rinunciato all’appello per ottenere uno sconto di pena. La decisione mette in luce l’importanza delle scelte processuali e il funzionamento della disciplina transitoria della riforma.

I Fatti del Caso: La Richiesta al Giudice dell’Esecuzione

Il caso riguarda una persona condannata in primo grado con rito abbreviato a un anno di reclusione. La sentenza è divenuta irrevocabile poiché l’imputata ha scelto di non presentare appello. Successivamente, si è rivolta al giudice dell’esecuzione chiedendo diversi benefici, tra cui:

1. L’applicazione di una delle nuove pene sostitutive.
2. La concessione della sospensione condizionale della pena.
3. La riduzione di un sesto della pena per la mancata impugnazione, come previsto dall’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Il giudice dell’esecuzione ha accolto solo l’ultima richiesta, riducendo la pena a dieci mesi di reclusione, ma ha respinto le altre, sostenendo che fossero questioni da affrontare nel giudizio di merito (primo grado o appello) e non in fase esecutiva. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Il punto centrale della sentenza riguarda l’interpretazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia, contenuta nell’art. 95 del d.lgs. 150/2022.

La Corte ha spiegato che le nuove disposizioni sulle pene sostitutive si applicano ai processi pendenti in primo grado o in appello al momento dell’entrata in vigore della riforma. Se il processo è pendente in Cassazione, l’istanza può essere presentata al giudice dell’esecuzione dopo che la sentenza è diventata irrevocabile.

Il problema nel caso di specie era che il processo non era pendente né in appello né in Cassazione. L’imputata, scegliendo di non appellare per ottenere lo sconto di pena, ha reso la sentenza di primo grado definitiva. Questa scelta ha precluso la possibilità di accedere al grado di appello, l’unica sede in cui avrebbe potuto legittimamente chiedere l’applicazione delle nuove pene sostitutive, dato che la riforma è entrata in vigore mentre la sua sentenza era ancora sub iudice (non definitiva).

Il Dilemma dell’Imputato: Sconto di Pena o Impugnazione?

La sentenza evidenzia un’alternativa ineludibile per l’imputato giudicato con rito abbreviato: da un lato, la possibilità di ottenere una riduzione premiale della pena rinunciando all’impugnazione; dall’altro, la facoltà di impugnare la sentenza per far valere altri diritti, come quello a ottenere una pena sostitutiva.

La Cassazione ha chiarito che queste due strade sono alternative e non cumulabili. La scelta di non appellare per beneficiare dello sconto di pena (effetto deflattivo) è una scelta strategica che preclude la possibilità di coltivare in un’altra sede, come quella esecutiva, la richiesta di pene sostitutive. La Corte ha sottolineato che non si tratta di una ‘strettoia ordinamentale illogica’, ma di una conseguenza diretta delle autonome funzioni dei diversi istituti processuali.

La Questione della Sospensione Condizionale della Pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è stato respinto. La Corte ha ribadito che, di norma, la valutazione sulla sospensione condizionale spetta al giudice della cognizione. L’intervento del giudice dell’esecuzione è limitato a casi specifici e tassativamente previsti dalla legge (come l’applicazione della continuazione tra reati ex art. 671 c.p.p. o la revoca di condanne per abolitio criminis ex art. 673 c.p.p.), che non ricorrevano nel caso in esame.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme processuali e della disciplina transitoria. La scelta dell’imputata di non impugnare la sentenza di primo grado per assicurarsi la riduzione di un sesto della pena ha determinato l’irrevocabilità della condanna. Tale evento processuale, non essendo il procedimento pervenuto alla fase di pendenza in appello o cassazione, ha escluso l’applicabilità della norma transitoria (art. 95 d.lgs. 150/2022) che consente la richiesta di pene sostitutive in fase esecutiva. La Corte ha affermato che la richiesta di pene sostitutive e la rinuncia all’appello per ottenere uno sconto di pena rappresentano due opzioni difensive alternative e non sovrapponibili. Per quanto riguarda la sospensione condizionale, è stato ribadito il principio secondo cui tale beneficio è di competenza del giudice della cognizione, e la fase esecutiva non può trasformarsi in una sede per rimettere in discussione valutazioni di merito già definite.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 8106/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sull’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Stabilisce che la via per ottenerle, per le sentenze emesse prima della riforma ma non ancora definitive, passa attraverso l’impugnazione nel merito. La rinuncia all’appello per ottenere benefici immediati, come lo sconto di pena, preclude la possibilità di avanzare tale richiesta in un secondo momento davanti al giudice dell’esecuzione. Questa pronuncia ribadisce la centralità delle scelte strategiche difensive e i confini precisi tra la fase di cognizione e quella di esecuzione nel processo penale.

È possibile chiedere le pene sostitutive della Riforma Cartabia in fase esecutiva se non si è appellata la sentenza di primo grado?
No. Secondo la sentenza, se un imputato sceglie di non appellare la sentenza di primo grado per ottenere uno sconto di pena, la sentenza diventa definitiva e non si può più chiedere l’applicazione delle pene sostitutive in fase esecutiva. Tale richiesta andava fatta impugnando la sentenza e presentandola al giudice d’appello.

La scelta di non appellare per ottenere lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato preclude altre richieste?
Sì, preclude le richieste che devono essere necessariamente formulate nel giudizio di merito. La Corte ha stabilito che la rinuncia all’appello per ottenere la riduzione della pena è un’opzione strategica che esclude la possibilità di avanzare, in un momento successivo, richieste come quella di applicazione delle pene sostitutive, che avrebbero dovuto essere oggetto di uno specifico motivo di appello.

Il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione condizionale della pena se il giudice della cognizione non l’ha fatto?
Di norma, no. La concessione della sospensione condizionale è una valutazione che spetta al giudice del processo (giudice della cognizione). Il giudice dell’esecuzione può intervenire su questo punto solo in casi eccezionali e specificamente previsti dalla legge, che non includono una semplice rivalutazione della decisione presa nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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