Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8106 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8106 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ANCONA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del GIP TRIBUNALE di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 8 giugno 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, in funzione di giudic dell’esecuzione, ha parzialmente accolto l’istanza avanzata nell’interesse NOME COGNOME, condannata con sentenza resa dal Giudice dell’udienza preliminare dello stesso Tribunale del 13 ottobre 2022, irrevocabile il febbraio 2023, alle pena di anni uno di reclusione ( L’istanza era stata finalizzata al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. bis cod. pen., all’ottenimento del beneficio della sospensione condizionale all’applicazione di una delle pene sostitutive introdotte dal d.lgs. 10 ot 2022, n. 150, punti tutti non considerati nella suindicata sentenza, non all’ottenimento della riduzione della pena di un sesto, in dipendenza del mancanza impugnazione della decisione con l’appello, in relazione al disposto dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen.
il giudice dell’esecuzione, ritenuta l’applicabilità dell’art. 442, comm bis, cit., ha ridetermiNOME la pena inflitta in quella di mesi dieci di reclus rigettando nel resto la domanda, considerando inibita in sede esecutiva delibazione delle corrispondenti questioni, riservate alla fase cognitiva.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME chiedendone l’annullamento e affidando l’impugnazione a due motivi, unitariamente sviluppati, con i quali lamenta:
2.A. la violazione dell’art. 20 -bis cod. pen. e del d.lgs. n. 150 del 2022, con il corrispondente vizio della motivazione;
2.B. la violazione dell’art. 163 cod. pen. e la manifesta illogici contraddittorietà della correlativa motivazione.
2.1. In ordine al primo punto, la difesa ha censurato l’ordinan impugnata per aver ritenuto inapplicabile al caso di specie il sistema de pene sostitutive introdotto dall’art. 20-bis cod. pen.: l’obiezione secondo la disciplina transitoria dettata in merito alle innovazione introdotte dal d n. 150 del 2022 non contempla l’applicazione del relativo sistema di pene sostitutive ai processi pregressi trova smentita, per la ricorre nell’applicazione dell’art. 442-bis cod. proc. pen. invece ritenuta consenti praticata nello stesso provvedimento dal giudice dell’esecuzione; come è stato dato corso alla disciplina di cui all’art. 442-bis cod. proc. pen avrebbe dovuto applicarsi l’art. 20-bis cod. pen.
In questa prospettiva, non sarebbe sostenibile il sistema per il qu soltanto proponendo impugnazione nel corso del 2023 l’imputata avrebbe
potuto accedere alle pene sostitutive, laddove una lettura sistematica della riforma avrebbe dovuto e dovrebbe condurre alla conclusione che il soggetto condanNOME può chiedere, oltre alla riduzione per mancata impugnazione della sentenza in giudizio abbreviato, anche l’applicazione della pena sostitutiva, ove dal giudice ritenuta congrua in funzione della positiva prova soggettiva: in definitiva, coordinando i principi insiti nella disciplina dell legge 24 novembre 1981, n. 689, e del d.lgs. n. 150 del 2022, contemplanti, da un lato, la non impugnabilità e, dall’altro, la mancata impugnazione, come effetto in un caso e come condizione nell’altro, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto annettere alle norme in questione natura sostanziale e, quindi, affermarne l’applicabilità ex tunc, dovendo privilegiarsi il corrispondente favor.
2.2. Quanto al secondo punto, relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, la ricorrente osserva che astrattamente la sospensione condizionale è applicabile in sede esecutiva in ipotesi di riunione di più reati sotto il vincolo della continuazione, ma nel caso di specie il giudice dell’esecuzione non si è pronunciato sul presupposto, pure dedotto nell’istanza, della preliminare estinzione del reato commesso in precedenza, risalente a oltre venti anni prima e oggetto di sentenza di applicazione della pena concordata, ex art. 444 cod. proc. pen., con riferimento al quale erano trascorsi i termini di rito, per gli effetti di cui all’art. 445, comma 2, e/o di all’art. 167 cod. proc. pen.
La difesa non condivide nemmeno l’argomento, speso) nell’ordinanza impugnata, secondo il quale il silenzio sul beneficio della sospensione serbato nella sentenza che aveva definito il processo di cognizione aveva assunto la valenza dell’implicito rigetto, in quanto compete proprio al giudice dell’esecuzione l’accertamento dell’estinzione del reato ostativo alla concessione della nuova sospensione condizionale, sicché – una volta eliso il precedente reato – nulla avrebbe potuto impedire il riconoscimento della sospensione condizionale in sede esecutiva.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dell’impugnazione segnalando che essa risulta manifestamente infondata, atteso che gli argomenti svolti nell’ordinanza impugnata sono del tutto condivisibili, sia per quanto concerne l’inapplicabilità al caso in esame delle pene sostitutive contemplate nell’art. 20-bis cod. pen., sia con riferimento all’affermata inapplicabilità in sede esecutiva del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso si rivela infondato e deve essere, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito precisate.
È utile osservare che il giudice dell’esecuzione, quanto alle prospettazioni disattese, ha considerato che, per ciò che concerne sia l’istanza di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. je sia l’istanza di concessione della sospensione condizionale, esse non avrebbero potuto essere accolte in sede esecutiva, ma avrebbero dovuto essere 7anzate e valutate nel giudizio di co nizi ne. Siccome 19c1 GLYPH f32 6. f il giudice di pnm g ado pptato l’art. 131-bis cod. pen., né GLYPH concesso la sospensione condizionale della pena, a fronte delle corrispondenti statuizioni negative, l’imputata avrebbe dovuto impugnare la sentenza facendo valere le sue ragioni nel grado successivo.
Con particolare riferimento alla sospensione condizionale della pena in sede esecutiva, secondo il giudice dell’esecuzione, l’ipotesi disciplinata dall’art. 671 cod. proc. pen. va riferita allo specifico caso dell’applicazione della continuazione, non conferente nel caso in esame.
Sotto altro aspetto, il Giudice per le indagini preliminari ha affermato che la parte istante nemmeno aveva titolo all’ottenimento di una delle pene sostitutive in applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen., poiché, all’atto dell’emissione della sentenza, non era ancora in vigore il d.lgs. n. 150 del 2022 e l’ipotesi in esame non aveva formato oggetto della disciplina transitoria, sicché soltanto conservando il carattere non definitivo della decisione per il tramite dell’impugnazione l’interessata avrebbe potuto accedere a una delle pene sostitutive proponendo il corrispondente motivo di gravame; ma l’impugnazione non era stata proposta.
Nel quadro degli elementi così emersi il primo motivo non merita di essere condiviso.
Il sistema delle pene sostitutive introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 contempla la sua applicazione ai procedimenti in corso nei precisi limiti fissati dall’art. 95 dello stesso d.lgs.
La riforma ora richiamata ha riplasmato il sistema delle pene (così denominate in luogo di sanzioni) sostitutive delle pene detentive brevi, sia introducendo l’art. 20-bis cod. pen., sia riformulando svariate disposizioni della legge x 24 novembre 1981, n. 689: sono state diversamente configurate le pene sostitutive non pecuniarie, anche mediante l’innalzamento del limite massimo di pena detentiva sostituibile, pari a quattro anni, in tal modo parametrato al limite
(ii pena entro il quale, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., vige la sospensione dell’esecuzione. Oltre alla pena pecuniaria sostitutiva (inquadrata nell’alveo della pregressa, corrispondente sanzione sostitutiva, con non secondari aggiornamenti), sono state introdotte le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e, con valenza ora generale, del lavoro di pubblica utilità, mentre sono state, per converso, eliminate le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata.
Dall’esame degli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della legge. n. 689 del 1981 emerge che: la semilibertà e la detenzione domiciliare possono essere applicate in sostituzione delle pene detentive contenute entro il limite di quattro anni; il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena detentiva contenuta entro i tre anni e, infine, la pena detentiva contenuta entro il limite di un anno può essere sostituita con la pecuniaria della specie corrispondente.
Rimandando alla disamina della nuova disciplina per la ricognizione dei connotati delle singole pene sostitutive e del modus procedendi stabilito per pervenire alla loro applicazione, è opportuno soltanto ricordare che il momento che ordinariamente rileva per la valutazione della possibilità di sostituzione della pena detentiva breve è quello in cui si conclude il giudizio di primo grado, snodo nel quale vanno verificate le condizioni per l’attivazione del meccanismo bifasico istituito dall’art. 545-bis cod. proc. pen. (quando, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 cit., ne dà avviso alle parti e, se l’imputato acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, procede; in tal caso, se non è possibile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente, con contestuale sospensione del processo; indi, svolta l’istruttoria prevista dalla norma, il giudice, all’udienza fissata, sentite parti presenti, il giudice, se si determina a sostituire la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti, mentre, se esclude la sostituzione, conferma il dispositivo, in ogni caso dando lettura in udienza del dispositivo integrato o confermato).
Tenendo conto della natura sostanziale delle pene sostitutive e del contenuto complessivamente più favorevole al reo delle innovazioni contenute nella nuova disciplina, soprattutto per il più elevato limite edittale entro il quale vien consentita la sostituzione della pena detentiva, la riforma ha contemplato, all’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 1 una disciplina transitoria di segno tale da permetterne l’applicazione retroattiva in bonam partem anche nei giudizi di impugnazione
pendenti alla data del 30.12.2022.
L’art. 95, comma 1, d.lgs. cit. prevede che le nuove disposizioni introdotte al Capo III della legge n. 689 del 1981, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore dello stesso d.lgs.
Quanto ai procedimenti pendenti in sede di legittimità, il condanNOME a pena detentiva non superiore a quattro anni – all’esito di un procedimento pendente innanzi alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della suindicata disciplina – ha titolo a presentare istanza di applicazione di una delle nuove pene sostitutive innanzi al giudice dell’esecuzione, secondo il procedimento di cui all’art. 666 cod. proc. pen., nel termine di eRtrcrtrenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza, con la specificazione che, nel giudizio di esecuzione, si applicano, in quanto compatibili, le norme previste dal già citato Capo III della legge n. 689 del 1981 e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. Inoltre, ove la sentenza di legittimità si sia risolta in un annullamento con rinvio, al medesimo procedimento provvederà, sempre per l’ambito oggetto della disciplina transitoria, il giudice del rinvio.
Infine, l’art. 95 cit. stabilisce che le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni previgenti e, tuttavia, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva.
Ciò premesso, il punto determinante per la posizione della ricorrente consiste nel rilievo che per i procedimenti pendenti in primo e secondo grado alla data di entrata in vigore della riforma i l’applicazione delle nuove pene sostitutive, assicurata dalla norma transitoria, compete al giudice della cognizione.
Di conseguenza, NOME COGNOME, essendo, al momento dell’entrata in vigore della riforma, nella posizione di condannata – in forza di sentenza di primo grado ancora sub iudice a pena con l’irrogazione di pena principale detentiva, non sostituita, avrebbe potuto e dovuto impugnare la sentenza per dedurre, con il corrispondente motivo, l’interesse e, impregiudicato l’esito della verifica, il diritto a ottenere la sostituzione della pena detentiva.
Tale opzione, però, non è stata coltivata dall’imputata, la quale ha ritenuto conforme al suo interesse non impugnare la sentenza di primo grado e, poi, ottenere, in virtù del disposto di cui all’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., la riduzione di pena nella misura di un sesto di quella irrogata, essendo stato emessa la sentenza di condanna in giudizio celebrato con rito abbreviato.
È vero che, se ella avesse impugNOME la sentenza per ottenere la sostituzione
della pena detentiva, avrebbe avuto come effetto l’esclusione della riduzione suindicata, di guisa che per ottenere la riduzione di pena, ella si è determinata a non impugnare la sentenza resa all’esito del rito a prova contratta. Ma il carattere ineludibile di tale alternativa non pare avere integrato, a giudizio della Corte, una illogica strettoia ordinamentale, essendo indefettibile per ogni imputato giudicato con rito abbreviato e condanNOME dal giudice di primo grado l’esigenza di scegliere fra la riduzione di pena in funzione deflattiva prevista dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. e la proposizione dell’appello per coltivare la richiesta della pena sostitutiva (ovviamente, impregiudicata ovviamente in tal caso ogni valutazione da farsi ad opera del giudice di appello sull’argomento della cognizione).
Lo snodo in cui si è trovata COGNOME non si profila tale da averne compresso le facoltà difensive in modo discrimiNOMErio: anche nella disciplina a regime, infatti, l’imputato condanNOME, in giudizio abbreviato, e destinatario dell’irrogazione di una pena detentiva astrattamente sostituibile, ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen. e della disciplina di cui alla legge n. 689 del 1981, viene posto di fronte all’alternativa in precedenza enucleata, a fronte di istituti diversi connotati dalle rispettive, autonome funzioni, fra loro non compatibili ove l’ottenimento della pena sostitutiva debba essere richiesto e, se del caso, ottenuto attraverso la previa impugnazione della sentenza.
Va fatta un’ultima precisazione in merito alla sfera di applicabilità della nuova disciplina in virtù del disposto di cui all’art. 95 cit.
Si è preso atto che, ove il processo fosse stato pendente in cassazione, l’istanza di ottenimento della pena sostitutiva (non possibile nel giudizio di legittimità) avrebbe dovuto proporsi al giudice dell’esecuzione con istanza avanzata nei trenta giorni seguenti al conseguimento dell’irrevocabilità della sentenza.
In tal senso va evidenziato il condiviso principio secondo cui, ai fini dell’operatività della disciplina transitoria di cui all’art. 95, comma 1, d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 150, in riferimento all’art. 20-bis cod. pen., la pronuncia della sentenza di appello determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione, con la conseguenza che, per i processi in corso in tale fase alla data di entrata in vigore del detto d.lgs. (ossia al 30 dicembre 2022), una volta formatosi il giudicato, il condanNOME potrà avanzare istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell’esecuzione (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023. COGNOME, Rv. 285628 – 01; Sez. 4, n. 43975 del 26/09/2023, COGNOME, Rv. 285228 – 01; Sez. 5, n. 37022 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285229 – 01; Sez. 6, n. 34091 del 21/06/2023, COGNOME, Rv. 285154 – 01).
La pendenza procedimentale, nel caso qui esamiNOME, non ha riguardato la
fase successiva al giudizio di appello, bensì quella corrispondente alla definizione del primo grado del giudizio, rispetto alla quale l’imputatkha dovuto valutare l’alternativa costituita dall’adesione o meno alla riduzione premiale stabilita dall’art. 442, comma 2 -bis, cod. proc. pen. in dipendenza dell’opzione escludente l’impugnazione.
La scelta dell’interessata di innescare l’applicazione dell’art. 442, comma 2bis, cod. proc. pen. – avendo precluso l’ulteriore corso processuale sino al raggiungimento dell’esito decisorio di appello, costituente l’esordio della fase di pendenza, virtuale o effettiva, del ricorso per cassazione, in cui trova applicazione la disciplina transitoria di cui all’art. 95 cod. proc. pen. – esclude la giuridica evenienza del diritto di NOME COGNOME di chiedere l’applicazione in sede esecutiva della pena sostitutiva.
Si è, invero, determinata la maturazione della irrevocabilità all’esito della sentenza di primo grado, evento/non considerato dall’art. 95 cod. proc. pen., non essendo il procedimento pervenuto alla suindicata fase di pendenza del processo innanzi alla Corte di cassazione: presupposto per la successiva proponibilità dell’istanza in sede esecutiva.
Il primo motivo va, pertanto, disatteso.
Per quanto concerne, poi, il secondo motivo, esso nemmeno merita condivisione.
La prospettazione formulata dal ricorrente, volta a far applicare la sospensione condizionale della pena nella fase esecutiva al di fuori dell’ambito segNOME dalla legge /non può trovare accoglimento.
In via ordinaria, la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena forma oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione, che la concede o la nega formulando le relativa prognosi, pur quando non sussistano precedenti ostativi, secondo la disciplina fissata dagli artt. 163 e ss. cod. pen.
Si è affermato, in tal senso, che in ambito esecutivo, non è suscettibile di applicazione analogica la previsione di cui all’art. 671, comma 3, cod. proc. pen.: ciò, anche nel caso in cui le pene ostative alla concessione della sospensione condizionale siano state dichiarate estinte per indulto, posto che la concessione di tale beneficio, pur estinguendo la pena e facendone cessare l’espiazione, non elimina gli altri effetti penali scaturenti ope legis dalla condanna (Sez. 1, n. 29877 del 24/03/2023, Susino, Rv. 284972 – 01).
Oltre alla disciplina specifica di cui all’art. 671 cod. proc. peri., si rileva u concreto spazio applicativo dell’istituto della sospensione condizionale in executivis con riferimento alla fattispecie regolata dall’art. 673 cod. proc. pen.: in particolare, il giudice dell’esecuzione, qualora, in applicazione di tale norma,
pronunci per intervenuta aboliti° criminis ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, può, nell’ambito dei “provvedimenti conseguenti” alla suddetta pronuncia, concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall’art. 164, primo comma, cod. pen., sulla base non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in questione, ma anche degli elementi sopravvenuti (Sez. U, n. 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Catanzaro, Rv. 232610 – 01); ciò, con la doverosa puntualizzazione che, qualora il giudice dell’esecuzionef pronunci, in applicazione dell’art. 673 cod. proc. pen., per intervenuta aboliti° criminis, ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, non può – nell’ambito dei “provvedimenti conseguenti” alla suddetta pronuncia – concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall’ad 164 cod. pen., quando per farlo si determini a esprimere proprie e autonome valutazioni tali da porsi in contrasto con quelle già formulate dal giudice della cognizione (Sez. 1, n. 33817 del 20/06/2014, COGNOME, Rv. 261433 – 01).
Pertanto, il riesame in sede esecutiva del punto inerente alla concessione della sospensione condizionale della pena al di fuori dei casi previsti dalla legge non è suscettibile di ammissione generalizzata.
Per mera completezza argomentativa, poi, si aggiunge che, ove pure fosse stato ammissibile in sede esecutiva, il vaglio prospettato dalla ricorrente come non effettuato dal giudice della cognizione, esso non avrebbe potuto compiersi nel senso divisato dalla stessa, quanto agli effetti scaturenti dalla dedotta estinzione del pregresso reato.
Sul tema, appare utile ribadire che, quando sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento, l’estinzione degli effetti penali conseguente, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., all’utile decorso del termine di due o cinque anni (secondo che si tratti di delitto o di contravvenzione), deve intendersi limitata, con riferimento alla reiterabilità della sospensione condizionale, ai soli casi in cui sia stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, con la conseguenza che, ove sia stata applicata una sanzione detentiva, di questa occorre comunque tenere conto ai fini della valutazione, imposta dagli artt. 164, ultimo comma, e 163 cod. pen. circa la concedibilità di un secondo beneficio (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218529 – 01; fra le successive, Sez. 6, n. 27589 del 22/03/2019, P., Rv. 276076 – 01).
Corrispondentemente, anche l’estinzione del reato a norma dell’art. 167 cod. pen. non comporta l’estinzione degli effetti penali diversi da quelli ivi
espressamente previsti, sicché di tale reato deve comunque tenersi conto ai fini della sussistenza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, NOME COGNOME. Rv. 277457 – 01).
Corollario delle considerazioni svolte è che l’impugnazione deve essere rigettata.
Alla reiezione del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 dicembre 2023
Il Consi i ie re sten sore
Il Presidente
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