Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45199 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45199 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 31/10/2002
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Letc
. udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
uel.ite-i+ Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo O/ pg(fiiici-g – ,91i115 – 5-i 3 p ir GLYPH iz
udito il • giisore
RITENUTO IN FATTO
NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli dell’8 luglio 2024 con la quale, in parziale riforma della sentenza resa il 26 settembre 2023 dal G.i.p. del Tribunale di Napoli all’esito di giudizio abbreviato, è stato condannato ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. alla pena di anni quattro di reclusione, in ordine ai seguenti reati, commessi il 4 ottobre 2022 in Napoli e riuniti tra loro dal vincolo della continuazione:
a) tentato omicidio aggravato dai futili motivi di Salzano NOME, ai sensi degli artt. 56, 575 e 577 cod. pen., perché – in concorso con suo padre, NOME – aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della parte offesa, avendola colpita con più fendenti di un coltello alla schiena, tanto da cagionargli lesioni dei tessuti molli posteriori;
b) tentato omicidio aggravato dai futili motivi di Salzano Manuel, ai sensi degli artt. 56, 575 e 577 cod. pen., perché aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della parte offesa, avendola colpita con un coltello, tanto da cagionargli traumatismo del fegato, con ferita aperta e lacerazione maggiore;
lesione personale aggravata dai futili motivi, ai sensi degli artt. 582, 585 e 577 cod. pen., perché aveva cagionato a Salzano Gaetano lesioni personali consistite in una piccola abrasione superficiale dell’avambraccio;
d) porto di armi od oggetti atti a offendere, ai sensi dell’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, perché aveva portato in luogo pubblico o aperto al pubblico un coltello.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 545-bis cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che l’imputato, nel caso in cui fosse stato presente al momento della lettura del dispositivo, avrebbe potuto presentare richiesta di pena sostitutiva.
Nel ricorso, infatti, si evidenzia come sia la parte che il difensore erano stati presenti all’udienza camerale, ma si erano allontanati solo perché la Corte di appello si era riservata la decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il procedimento è stato definito in appello con accoglimento del concordato sulla pena e rinuncia ai motivi inerenti alla penale responsabilità.
Non risulta, né parte ricorrente lo allega in ricorso, che sia stata formulata richiesta di sostituzione della pena detentiva nel patto ratificato o che la parte, la quale ne avrebbe avuto facoltà, avesse formulato tale richiesta nel verbale d’udienza.
Sul punto, giova evidenziare che l’art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689 (“potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), a sua volta sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 150 del 2022, al primo comma, stabilisce che «il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve intanto osservarsi che la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce un diritto dell’imputato, al quale corrisponde, dunque, un obbligo del giudice di pronunciarsi, dovendosi ribadire il principio già formulato dalla giurisprudenza di Igittimità in materia di “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 legge n. 689 del 1981.
Sul punto, infatti, si è già chiarito che il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce un’eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981.
Pertanto, in caso di concordato sulla pena in appello con rinuncia ai motivi, il giudice non può sostituire d’ufficio la pena detentiva con le sanzioni sostitutive, in assenza di esplicita richiesta delle parti (Sez. 4, n. 43980 del 26/10/2023, Cruz, Rv. 285484).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha evidenziato nella sentenza impugnata che le finalità di rieducazione e di prevenzione della commissione di nuovi reati non possono essere conseguite attraverso la sostituzione della pena detentiva con quella sostitutiva per i motivi esposti e che tale sostituzione, per di più, è estranea all’accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen., nè era stata sollecitata in altro modo dall’appellante nel corso di detto grado del processo di merito.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/11/2024