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Pene sostitutive: no d’ufficio in appello con accordo

Un imputato, condannato per tentato omicidio, ha chiesto alla Cassazione di annullare la sentenza d’appello perché il giudice non aveva applicato d’ufficio le pene sostitutive. L’appello si era concluso con un concordato sulla pena. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio chiaro: in caso di accordo sulla pena in appello, il giudice non può concedere le pene sostitutive di propria iniziativa. È sempre necessaria una richiesta esplicita e tempestiva da parte dell’interessato, che deve essere parte dell’accordo stesso. L’assenza di tale richiesta preclude al giudice ogni potere decisionale in merito.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: la Cassazione chiarisce i limiti del giudice in appello

L’applicazione delle pene sostitutive rappresenta un aspetto cruciale del sistema sanzionatorio, mirando alla rieducazione del condannato. Tuttavia, la loro concessione non è un diritto automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 45199/2024) ha ribadito un principio fondamentale: in caso di concordato sulla pena in appello, il giudice non può applicare le pene sostitutive d’ufficio, ovvero di sua iniziativa. È indispensabile una richiesta esplicita della parte interessata. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado per reati gravi, tra cui duplice tentato omicidio aggravato, lesioni personali e porto abusivo di armi. In sede di appello, l’imputato e la procura generale raggiungevano un accordo sulla pena (il cosiddetto ‘concordato in appello’ previsto dall’art. 599-bis c.p.p.), che veniva rideterminata in quattro anni di reclusione. La Corte d’Appello, nel ratificare l’accordo, confermava la pena detentiva senza disporne la sostituzione.

Il Ricorso in Cassazione: L’assenza della richiesta di pene sostitutive

L’imputato presentava ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare la possibilità di applicare pene sostitutive alla detenzione. A sua difesa, sosteneva che, pur essendo stato presente all’udienza, si era allontanato prima della lettura della decisione, non avendo quindi la possibilità materiale di formulare tale richiesta. Secondo la tesi difensiva, il giudice avrebbe dovuto considerare questa opzione autonomamente, data la situazione.

La Decisione della Cassazione: L’importanza della richiesta esplicita per le pene sostitutive

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo. I giudici hanno chiarito che la sostituzione della pena detentiva non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà discrezionale del giudice, esercitabile solo in presenza di precise condizioni. La più importante di queste è l’esistenza di una richiesta specifica e motivata da parte dell’interessato. In assenza di tale istanza, il giudice non ha il potere, né tantomeno l’obbligo, di agire d’ufficio.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su solidi argomenti giuridici. In primo luogo, ha sottolineato che il procedimento in appello si era concluso con un ‘concordato’, che implica la rinuncia ai motivi di ricorso. In questo contesto, qualsiasi richiesta, inclusa quella per le pene sostitutive, doveva essere parte integrante dell’accordo stesso o, in alternativa, formulata esplicitamente durante l’udienza. Nel caso di specie, né l’accordo né il verbale d’udienza contenevano alcuna richiesta in tal senso.

In secondo luogo, i giudici hanno richiamato il principio devolutivo dell’appello, secondo cui il potere del giudice di secondo grado è limitato ai punti della decisione impugnati dalle parti. La possibilità di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive è un’eccezione a questa regola (prevista dall’art. 597, comma 5, c.p.p.), ma non si estende ai casi di concordato sulla pena. Citando un precedente specifico (Sez. 4, n. 43980/2023), la Corte ha affermato che ‘in caso di concordato sulla pena in appello con rinuncia ai motivi, il giudice non può sostituire d’ufficio la pena detentiva con le sanzioni sostitutive, in assenza di esplicita richiesta delle parti’. Infine, la stessa Corte d’Appello aveva motivato che, nel caso specifico, le finalità rieducative non sarebbero state raggiunte tramite una pena sostitutiva.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende beneficiare delle pene sostitutive deve attivarsi e presentare una richiesta formale, chiara e tempestiva. Non è possibile fare affidamento su un intervento d’ufficio del giudice, specialmente quando si opta per un rito premiale come il concordato in appello. L’accordo tra le parti cristallizza la decisione e limita il potere discrezionale del giudice ai termini pattuiti. Pertanto, la difesa deve curare con la massima attenzione la redazione dell’accordo e le richieste da formulare in udienza, poiché un’omissione su questo punto preclude definitivamente la possibilità di accedere a sanzioni alternative al carcere.

È possibile ottenere le pene sostitutive anche se non vengono richieste esplicitamente?
No, la sentenza chiarisce che il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive. È necessaria una richiesta specifica e motivata, specialmente se il processo si conclude con un concordato sulla pena.

In caso di ‘concordato in appello’, il giudice può comunque decidere di applicare una pena sostitutiva?
No, secondo la Corte, in caso di concordato sulla pena con rinuncia ai motivi di ricorso, il giudice non può sostituire d’ufficio la pena detentiva con sanzioni sostitutive se manca un’esplicita richiesta delle parti che faccia parte dell’accordo stesso.

L’assenza dell’imputato alla lettura della sentenza gli dà diritto a chiedere successivamente le pene sostitutive?
No. L’allontanamento dall’aula al momento della decisione, come nel caso di specie, non costituisce una valida giustificazione per non aver formulato la richiesta di pene sostitutive. La richiesta avrebbe dovuto essere presentata durante l’udienza o come parte integrante dell’accordo sulla pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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