Pene Sostitutive della Riforma Cartabia: Quando e Come si Applicano?
La Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema sanzionatorio penale, tra cui le pene sostitutive delle pene detentive brevi. Tuttavia, la loro applicazione è vincolata a precise regole procedurali e temporali, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda la richiesta di applicare tali pene in fase esecutiva per una condanna relativa a un processo ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma. La Suprema Corte ha fornito una risposta netta, tracciando un confine chiaro tra la fase di cognizione e quella di esecuzione.
I Fatti del Caso
Una persona veniva condannata dal Tribunale nel novembre 2022. La sentenza veniva poi parzialmente riformata in Appello, diventando irrevocabile nel novembre 2024. Nel frattempo, il 30 dicembre 2022, era entrata in vigore la Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), che ha introdotto le pene sostitutive. L’interessata, quindi, presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione di una di queste nuove pene, più favorevoli rispetto alla detenzione. La Corte d’Appello, in funzione di Giudice dell’esecuzione, dichiarava l’istanza inammissibile. Contro tale decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di inammissibilità. Secondo i giudici, il ricorso era riproduttivo dell’istanza originaria e proponeva un’interpretazione in contrasto con la normativa e la giurisprudenza consolidata. La questione centrale non era se la nuova legge fosse più favorevole, ma quale fosse il momento e il giudice competente per chiederne l’applicazione.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si articola su due punti fondamentali: la corretta applicazione delle norme transitorie e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
Il Principio del Tempus Regit Actum e le Norme Transitorie
Il cuore della decisione risiede nell’articolo 95 del D.Lgs. 150/2022, la norma che disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo sistema. La Corte ha sottolineato che, al momento dell’entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022), il procedimento in questione era ancora pendente nella fase di merito e non era ancora giunto in Cassazione.
In questi casi, la norma transitoria prevede esplicitamente che la richiesta di applicazione delle pene sostitutive debba essere presentata al giudice della cognizione, ovvero il giudice che sta celebrando il processo. Non è possibile, quindi, attendere che la sentenza diventi definitiva per poi avanzare la richiesta in sede esecutiva. La scelta del legislatore è stata quella di circoscrivere l’applicazione delle nuove norme alla fase processuale in cui la pena viene decisa e commisurata.
La Questione di Costituzionalità e la Tutela del Giudicato
La difesa aveva sollevato, in subordine, un dubbio di legittimità costituzionale, sostenendo che impedire l’applicazione delle nuove norme in fase esecutiva violasse gli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione. La Cassazione ha ritenuto tale questione manifestamente infondata, richiamando una propria precedente pronuncia (Sez. 3, n. 47042/2023).
I giudici hanno ribadito che il principio di retroattività della legge penale più favorevole non è assoluto e inderogabile. Il legislatore può legittimamente porre dei limiti alla sua applicazione, specialmente quando sussiste l’esigenza di salvaguardare la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici coperti dal giudicato. Le norme transitorie della Riforma Cartabia rappresentano una di queste deroghe, pienamente rientranti nella discrezionalità legislativa, finalizzate a evitare una riapertura generalizzata di processi già conclusi.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione offre un’indicazione chiara e perentoria agli operatori del diritto. Le pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia non possono essere richieste in sede esecutiva se, al momento dell’entrata in vigore della legge, il procedimento era ancora pendente in fase di merito. Questa interpretazione rafforza la distinzione tra la fase di cognizione, deputata alla determinazione della pena, e la fase di esecuzione, destinata all’attuazione di una sentenza ormai definitiva. La decisione bilancia l’innovazione normativa con il principio fondamentale della certezza del diritto e della stabilità del giudicato.
È possibile chiedere le pene sostitutive della Riforma Cartabia in fase di esecuzione per una sentenza diventata definitiva dopo l’entrata in vigore della riforma?
No, la Corte ha chiarito che se il procedimento era pendente in fase di merito all’entrata in vigore della riforma, la richiesta andava fatta al giudice della cognizione (il giudice del processo), non a quello dell’esecuzione.
La norma transitoria che limita l’applicazione delle pene sostitutive è incostituzionale?
Secondo la Cassazione, no. La Corte ha ritenuto la questione manifestamente infondata, affermando che il principio di retroattività della legge più favorevole non è assoluto e può essere derogato dal legislatore per tutelare la certezza dei rapporti giuridici coperti da giudicato.
Qual è il criterio principale per stabilire dove e quando chiedere le pene sostitutive?
Il criterio fondamentale è lo stato del procedimento alla data di entrata in vigore della Riforma Cartabia (30 dicembre 2022). Se il processo era ancora in corso nel merito, la richiesta doveva essere presentata in quella sede; non è possibile presentarla successivamente in fase esecutiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28836 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28836 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AGROPOLI il 06/03/1971
avverso l’ordinanza del 28/02/2025 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, la Corte appello Salerno, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME di applicazione, in sede esecutiva, della pena pecuniaria sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen. o di altra pena sostitutiva, in relazione alla condanna pronunciata il 2 novembre 2022 dal Tribunale di Vallo della Lucania, riformata dalla Corte di appello di Salerno con sentenza divenuta irrevocabile il 20 novembre 2024 .
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, Avv. A. COGNOME (erronea applicazione dell’art. 20-bis cod. pen. e violazione di legge- in subordine denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 20-bis cod. pen.), non è consentito perché riproduttivo dell’istanza e, soprattutto, prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con la giurisprudenza di legittimità e il dettato normativo.
Ritenuto, invero, che la previsione normativa è stata introdotta dal decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022, entrato in vigore il 30 dicembre 2022, quindi, in epoca successiva alla pronuncia della sentenza indicata, divenuta irrevocabile il 20 novembre 2024, sicché opera, per il caso in valutazione, l’art. 95 del d. Igs. cit., tenuto conto che, alla data di entrata in vigore della cd. Riforma Cartabia, il procedimento pendeva in fase di merito e non davanti alla Corte di cassazione; sicché la questione prospettata in sede di esecuzione andava proposta al Giudice della cognizione.
Rilevato, poi, sulla prospettata questione di legittimità costituzionale circa la non applicabilità delle pene sostitutive in fase esecutiva, per contrasto con gli artt. 24, comma secondo, 27 comma secondo, Cost., che questa Corte ha già ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 cit., per denunciato contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui non estende l’applicabilità delle disposizioni in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi ai reati giudicati con sentenze divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore dell’indicato decreto legislativo, posto che il principio di retroattività delle disposizioni penali più favorevoli non riguard qualsiasi norma incidente sul trattamento penale, ma solo quelle che disciplinano il reato e la pena e può subire, inoltre, in quanto non assoluto ed inderogabile, deroghe rimesse alla discrezionalità legislativa, tra le quali quella connessa all’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti coperti dal giudicato (Sez. 3, n. 47042 del 26/09/2023, COGNOME, Rv. 285420 – 01).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favor
della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo tenuto conto dei motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente