Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21964 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21964 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto annullarsi la sentenza con rinvio per nuovo giudizio;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano in data 10 maggio 2022 nei confronti di NOME, accogliendo la richiesta concordemente espressa dalle parti e rideterminando il trattamento sanzionatorio in relazione al reato di rapina aggravata in concorso; dopo la lettura del dispositivo all’udienza del 19 settembre 2023, in accoglimento della richiesta
formulata ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen. per la sostituzione della pena detentiva come determinata, veniva avviato il procedimento per verificare le condizioni per la sostituzione della pena, sospendendo il processo; alla successiva udienza del 17 ottobre 2023, su eccezione del Procuratore generale che rilevava l’inammissibilità della richiesta di sostituzione in ragione del 1:itolo di reato per cu era stata pronunciata la condanna, la Corte d’appello revocava l’ordinanza di sospensione pronunciando in via definitiva la sentenza.
2. Ha proposto ricorso, avverso la sentenza e l’ordinanza emessa all’udienza del 17 ottobre 2023, la difesa dell’imputato deducendo violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis e 69 cod. pen., 545 bis cod. proc. pen., 59, lett. d) I. 689/1981, 4 bis I. 26/7/1975 n. 354; artt. 3 e 27 Cost.; la decisione di rigetto dell’istanza diretta alla sostituzione della pena detentiva era errata poiché, per effetto del riconoscimento in giudizio delle circostanze attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sull’aggravante dell’art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen., non poteva dirsi operante la condizione ostativa dell’ipotesi della rapina aggravata, compresa tra le fattispecie di reato indicate dall’art. 4 bis I. 354/975, richiamato dall’art. 59, comma 1, lett. d) I. 689/1981. A fronte della valutazione operata dal giudice della cognizione, era incomprensibile che lo stesso effetto non dovesse operare in sede esecutiva, se non in violazione dei canoni costituzionali della parità di trattamento e della finalità rieducativa della pena.
Aggiungeva il ricorrente che la limitazione posta dall’art. 4 bis, comma 1 ter, I. 354/75 alla concessione dei benefici penitenziari era condizionata all’accertamento che i reati ivi indicati, tra cui il delitto di rapina aggravata, fosse ostativi solo se commessi in presenza di collegamenti con la criminalità organizzata o di tipo terroristico o eversivo; ipotesi che era smentita dalle circostanze di fatto e dalla personalità dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Con il ricorso è stata impugnata, correttamente, non solo l’ordinanza che ha rigettato la richiesta di sostituzione, ma anche la sentenza pronunciata all’esito della fase dell’art. 545 bis cod. proc. pen., così rispettando la regola fissata da Sez. 5, n. 43960 del 03/10/2023, COGNOME, Rv. 285307 – 01, secondo la quale il provvedimento emesso all’esito dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen., con cui si decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive, non è impugnabile autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio; il che comporta il riconoscimento della legittimità
dell’impugnazione della sentenza e dell’ordinanza che abbia deciso in senso sfavorevole per il condannato sulla richiesta.
1.2. Va preliminarmente considerato che, in relazione alla fattispecie in esame, occorre individuare la disciplina da applicare trattandosi di applicazione di norma a contenuto sostanziale in materia di sanzioni, come tale soggetta alle disposizioni dell’art. 2 cod. pen.
Il processo definito con la sentenza impugnata era pendente in primo grado (risultando dagli atti processuali il rinvio a giudizio dell’imputato in data anterior al 30 dicembre 2022) nel momento in cui è entrato in vigore il d. Igs. 150/2022, che ha modificato l’assetto del sistema delle sanzioni sostitutive previsto dalla I. 689/1981; pertanto, la norma da considerare per l’applicazione della nuova disciplina è quella prevista dall’art. 95 d. Igs. 150/2022.
Se, pertanto, la disciplina dell’art. 59 I. 689/1981 come modificato dal d. Igs. 150/2022, che ha introdotto con la lettera d) la nuova ragione ostativa alla sostituzione delle pene detentive (con il richiamo alle ipotesi di reato previste dall’art. 4 bis I. 354/1975) prima non prevista, può risultare peggiorativa rispetto alla norma previgente, deve considerarsi che per effetto della modifica dell’art. 53 I. 689/1981 l’innalzamento della soglia delle pene detentive in astratto sostituibili (da due a quattro anni) rende più favorevole l’attuale disciplina in concreto, poiché l’imputato ha riportato la condanna alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione che non avrebbe in alcun caso consentito, applicando la disciplina previgente, la
Il criterio della legge più favorevole previsto dall’art. 2, comma 4, cod. pen. e richiamato dall’art. 95 cit., quando concerna non una singola disposizione ma l’insieme delle norme che regolano un determinato istituto, va interpretato, secondo un orientamento che può dirsi costante, ponendo a raffronto le disposizioni considerate nel loro complesso (Sez. 3, n. 14198 del 25/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270224 – 01; Sez. 7, n. 6545 del 04/11/2016, dep. 2017, Adamo, Rv. 269059 – 01; Sez. 3, n. 23274 del 10/02/2004, COGNOME, Rv. 228728 – 01), applicando nella sua integralità la legge così individuata «senza poter combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del “favor rei”, atteso che in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore con violazione del principio di legalità» (Sez. 4, n. 7961 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 255103 – 01; Sez. 4, n. 36291 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 253515 – 01; Sez. 4, n. 47339 del 28/10/2005, COGNOME, Rv. 233176 – 01; Sez. 4, n. 36757 del 04/06/2004, COGNOME, Rv. 229687 – 01; Sez. 3, n. 41.14 del 03/12/1996, dep. 1997, Pennese, Rv. 207327 – 01); nel caso in esame, come recita l’art. 95, le disposizioni da porre a confronto sono “le norme previste dal Capo III” della I. 689/81. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
sostituzione della pena detentiva; mentre non può ritenersi che debba comunque trovare applicazione la disciplina previgente, solo nella parte in cui non prevedeva la condizione soggettiva ostativa della condanna per uno dei reati previsti dall’art. 4 bis I. 354/1975, procedendo alla sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive introdotte dal novellato art. 53 I. 689/1981.
1.3. Passando all’esame della prima questione di diritto prospettata dal ricorrente con il ricorso, la stessa è infondata.
In primo luogo, l’invocata efficacia del giudizio di bilanciarnento, che dovrebbe neutralizzare la qualificazione del reato di rapina oggetto della sentenza di condanna come ipotesi aggravata ai sensi dell’art. 628, comma 3, cod. pen., indicata come ostativa alla sostituzione delle pene detentive dall’art. 59, comma 1, lett. d) I. 689/1981, è esclusa dal tenore letterale di quest’ultima norma che prevede quale condizione soggettiva che impedisce la sostituzione la circostanza dell’esser imputato (e non condannato) “di uno dei reati di cui all’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354”, così escludendo la rilevanza del riconoscimento nel corso del giudizio di circostanze attenuanti, eventualmente in grado di neutralizzare le circostanze aggravanti che rilevano ai fini dell’individuazione dei reati di cui all’art. 4 bis citato.
Nello stesso senso, va ricordato che con orientamenti costanti la giurisprudenza ha da sempre affermato, sia ai fini dell’individuazione dei benefici penitenziari, che dell’applicazione di altre sanzioni sostitutive, l’irrilevanza del riconoscimento all’esito del giudizio di merito di circostanze che, per effetto del bilanciamento ex art. 69 cod. pen., siano state giudicate equivalenti o prevalenti sulle aggravanti che determinano la condizione ostativa al riconoscimento di taluni benefici; così, in tema di sospensione dell’ordine di esecuzione, la condanna per delitto aggravato costituente reato ostativo a norma dell’art. 4 bis I. 354/1975 è stata ritenuta d’impedimento alla concessione del beneficio «anche quando la sentenza di condanna abbia ritenuto l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate, atteso che il giudizio di comparazione rileva solo quoad poenam e non incide sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta» (Sez. 1, n. 20796 del 12/04/2019, Bozzaotre, Rv. 276312 01; con specifico riguardo al delitto di rapina aggravata, ritenuto di ostacolo alla sospensione dell’ordine di esecuzione, in quanto delitto indicato dall’art. 4 bis I. 354/75, pur quando la sentenza di condanna abbia ritenuto l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate, Sez. 1, n. 36318 del 19/09/2012, COGNOME, Rv. 253784 – 01; Sez. 2, n. 3731 del 28/06/2000, COGNOME, Rv. 217096 – 01); allo stesso modo, «l’esclusione dai benefici penitenziari prevista dall’art. 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, con riferimento ai reati c.d. ostativi opera in relazione all’astratto titolo del reato giudicato, a nulla rilevando, i
assenza di diversa ed espressa previsione di legge, che ; concretamente, la sentenza di condanna riconosca un’ipotesi attenuata, incidente solo sul trattamento sanzionatorio» (Sez. 7, n. 39918 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 270977 – 01); analoga soluzione interpretativa è stata adottata con riguardo all’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, in ipotesi d reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, ritenuta inapplic:abile a fronte dell contestazione dell’aggravante di aver provocato un incidente stradale, anche se la stessa è ritenuta subvalente rispetto alle attenuanti eventualmente sussistenti (Sez. 4, n. 30254 del 26/06/2013, Colin, Rv. 257742 – 01).
1.4. Non è fondata l’ulteriore censura mossa dal ricorrente al provvedimento impugnato.
Il collegamento che l’art. 4 bis, comma 1 ter, I. 354/1975 istituisce tra le ipotesi di reato ivi elencate e l’accertamento dell’inesistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, per consentire la concessione dei benefici penitenziari, non può costituire oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione per superare la preclusione soggettiva stabilita dall’art. 59, comma 1, lett. d) I. 689/1981; sia perché la norma da ultimo ricordata delinea la condizione ostativa in relazione al mero dato dell’imputazione formulata per uno dei reati elencati nell’art. 4 bis cit., sia in quanto l’obiettivo dichiaratamente perseguito dal legislatore delegante attraverso le modifiche apportate al sistema delle sanzioni sostitutive, e in specie delle norme di esclusione soggettiva, era quello di «assicurare il “coordinamento” con le preclusioni previste dall’ordinamento penitenziario per l’accesso alle misure alternative alla detenzione» (così nella relazione illustrativa del d. Igs. 150/2022), al fine di evitare la sostanziale elusione delle norme che limitano sia la possibilità di sospendere l’esecuzione di pene detentive anche brevi, così come l’accesso diretto a taluni benefici penitenziari, a coloro che sono stati condannati per i reati elencati nell’art. 4 bis I. 354/9175 («sarebbe irragionevole limitare la concessione della semilibertà e della detenzione domiciliare, quali misure alternative alla detenzione, subordinandole alla collaborazione e alle ulteriori stringenti condizioni sostanziali e procedurali previste dall’art. 4 bis e, per altro verso, consentire al giudice all’esito del giudizio di cognizione di applicare la semilibertà sostitutiva o la detenzione domiciliare sostitutiva o, addirittura, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo»: c la relazione illustrativa, sub art. 59 I. 689/1981, pag. 216) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Del resto, analoghe indicazioni emergono dalle decisioni che hanno considerato l’inapplicabilità della sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. in relazione alle sentenze di condanna per il delitto di rapina aggravata, a prescindere dal presupposto dell’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata (Sez. 1, n. 8978 del 31/01/2008, Immediata, Rv.
239715 – 01), così come l’esclusione dell’applicazione della detenzione domiciliare, prevista dall’art. 47 ter I. 345/1975, in ipotesi di condanna irrevocabile per uno dei delitti indicati nell’ art. 4 bis cit., «a nulla rilevando, a tal l’insussistenza di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva» (Sez. 1, n. 44572 del 09/12/2010, COGNOME, Rv. 248995 01, relativa a fattispecie di condanna per il delitto di rapina aggravata; nel medesimo senso, più di recente, Sez. 1, n. 13751 del 18/12/2019, dep. 2020, Buscia, Rv. 278976 – 01).
Inoltre, va considerato che l’accertamento indicato dal ricorrente, secondo il quale potrebbe essere condotto sulla scorta dei soli dati fattuali già emergenti dagli atti processuali, richiede – secondo la struttura dell’impianto normativo in materia penitenziaria – una serie di passaggi e verifiche (art. 4, comma 2 bis, I. 354/1975) che sono incompatibili con il modello procedimentale della sostituzione delle pene detentive; a ciò va aggiunto che, allo stato attuale del sistema dell’esecuzione penale, «se è certamente vero che i soggetti condannati per un reato ostativo rilevante ex art. 4 bis, comma 1 ter, Ord. pen. possono ottenere la concessione di una misura alternativa alla detenzione, laddove risulti dimostrata la recisione dei collegamenti con gli ambienti della criminalità organizzata da cui provengono, è parimenti vero che tale verifica deve essere compiuta dal tribunale di sorveglianza, nel contesto della sequenza procedimentale disciplinata dall’art. 656, commi 5 e 9, cod. proc. pen. (…) la sussistenza di eventuali condizioni derogatorie, pertanto, può essere valutata solo dal tribunale di sorveglianza, nel contesto della sequenza procedimentale attivata nel rispetto del combinato disposto degli artt. 656, commi 5 e 9, cod. proc. pen., 4 bis, comma 1 ter, Ord. pen.» (Sez. 1, n. 32725 del 05/11/2020, COGNOME, Rv. 279931 – 01).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso l’ 11 aprile 2024
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Il Consiakfre Estensore
La Presidente