Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33974 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PUBt22923. DI GROSSETO nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a ORBETELLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/11/2023 del TRIBUNALE di GROSSETO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; del PG NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il lette le conclusioni ricorso;
Letta la memoria presentata, nell’interesse del COGNOME, dall’AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di giudice dell’esecuzione, disponeva la sostituzione della pena detentiva di due anni e quattro mesi di reclusione, inflitta a NOME COGNOME con sentenza n. 1314/2018 emessa dallo stesso Tribunale, con il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, da svolgersi presso una delle strutture della RAGIONE_SOCIALE.
A ragione della decisione, osservava il giudice a quo che le truffe per le quali NOME aveva subìto condanna risalivano al novembre 2015 e che dal settembre 2020 il condannato svolgeva attività retribuita di assistenza per persone non autosufficienti, occupandosi, inoltre, dell’assistenza di un giovane disabile, figli della sua ex compagna.
A ciò aggiungeva che l’impegno richiesto per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità – sicuramente più educativo e responsabilizzante, anche per la tipologia dell’ente disponibile ad accoglierlo, di una semplice detenzione domiciliare – avrebbe potuto offrire al condannato la possibilità di una reintegrazione nel tessuto sociale.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, deducendo, con un unico motivo, violazione dell’art. 58 I. n. 689 del 1981.
Assume il Procuratore ricorrente che, per le modalità dei fatti e per i precedenti penali a suo carico, il COGNOME non sarebbe meritevole del beneficio e che la pena sostitutiva applicata non sarebbe idonea ad assicurare la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, anche perché il condannato non disporrebbe di un reddito sufficiente a garantirgli l’indipendenza economica.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
NOME ha presentato una memoria difensiva, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, chiedendo che il ricorso venga rigettato per l’infondatezza dei rilievi prospettati dal ricorrente, il quale non si sarebbe adeguatamente confrontato con le argomentazioni del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Non è superfluo premettere che, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive, l’istanza del condannato al giudice dell’esecuzione ex art. 95, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è subordinata alla pendenza del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione alla data del 30 dicembre 2022, stabilita per l’entrata in
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vigore del predetto decreto dall’art. 99-bis, introdotto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 (Sez. 1, n. 36885 del 4/7/2023, Sedicini, Rv. 285270).
Si è precisato che, ai fini dell’operatività della disciplina transitoria di all’art. 95 citato, in riferimento all’art. 20-bis cod. pen., è la pronuncia della sentenza di appello che determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione (Sez. 6, n. 34091 del 21/6/2023, Sabatini, Rv. 285154).
Nella specie, risulta che NOME COGNOME si è attenuto alle condizioni previste dalla legge, sicché la sua istanza al giudice dell’esecuzione deve reputarsi correttamente veicolata e, quindi, ammissibile.
Ciò detto, ritiene il Collegio opportuno spendere alcune considerazioni introduttive sulla riforma del processo penale attuata con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ai fini che rilevano in questa sede.
Tale riforma, come noto, ha profondamente innovato lo statuto delle pene sostitutive, chiarendo, anche da un punto di vista lessicale, la loro essenza di “pena” al pari della pena principale sostituita della reclusione o dell’arresto.
La stessa Relazione illustrativa afferma, infatti, che si tratta di pene, diverse da quelle edittali, che possono essere applicate dal giudice in funzione, oltre che delle finalità di prevenzione generale e speciale, anche della rieducazione del condannato.
3.1. In particolare, la riforma, intervenendo sia sul codice penale, attraverso l’introduzione dell’art. 20-bis, che sulla legge 24 novembre 1981, n. 689, modificando le disposizioni contenute nel Capo III, ha riconfigurato le pene sostitutive non pecuniarie ed innalzato il limite massimo di pena detentiva sostituibile fino a quattro anni, allineandolo, così, al limite di pena entro il qua ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. opera la sospensione dell’esecuzione. Accanto alla pena pecuniaria sostitutiva, sono state, infatti, introdotte le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità e, al contempo, sono state soppresse le pene sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata.
Dall’esame degli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della legge n. 689 del 1981 emerge: che la semidetenzione e la detenzione domiciliare possono essere applicate in sostituzione delle pene detentive contenute entro il limite di quattro anni; che il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena detentiva contenuta entro i tre anni e, infine, che la pena detentiva contenuta entro il limite di anno può essere sostituita con la pecuniaria della specie corrispondente.
3.2. La sede fisiologica destinata alla valutazione della possibilità di sostituzione della pena detentiva breve è il giudizio di primo grado, in relazione al quale il legislatore ha previsto, per il giudizio ordinario, il meccanism
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processuale bifasico descritto dall’art. 545-bis cod. proc. pen., connotato dalla lettura del dispositivo, cui segue, in caso di istanza di sostituzione da parte dell’imputato, la successiva decisione, nel corso della medesima udienza o di un’udienza successiva, in ordine alla sostituzione della pena detentiva.
Un meccanismo analogo è stato, inoltre, previsto all’art. 448, comma 1 -bis, cod. proc. pen. nell’ipotesi in cui, in caso di patteggiamento, l’accordo investa anche l’applicazione di una pena sostitutiva.
3.3. Sebbene, come detto, la sede fisiologica destinata alla valutazione ed applicazione delle pene sostitutive sia il giudizio di primo grado, il legislator della riforma, sul presupposto della loro natura sostanziale e del contenuto favorevole al reo del più elevato limite edittale che consente la sostituzione della pena detentiva, ha previsto una disciplina transitoria che ne permette l’applicazione retroattiva in bonam partem anche nei giudizi di impugnazione pendenti alla data di entrata in vigore della riforma.
L’art. 95, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2022, contenente le disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, prevede, infatti, che le nuove disposizioni introdotte al Capo III della legge 24 novembre 1981, n.689, se più favorevoli, si applichino anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022).
3.3.1. Con riferimento al giudizio di legittimità, la norma prevede, invece, che il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi alla Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, possa presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 cod. proc. pen. entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza (ed è il caso del COGNOME). In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio.
La ratio di tale disciplina differenziata per i procedimenti di impugnazione può essere agevolmente ravvisata nel fatto che la decisione in ordine alla sostituzione della pena detentiva ed all’applicazione della pena sostitutiva implica un giudizio di merito (si veda l’art. 58 legge n. 689 del 1981) estraneo al sindacato di legittimità, sicché, a differenza dei giudizi pendenti in grado di appello, per quelli pendenti dinanzi alla Corte di cassazione si riserva ogni decisione al giudice dell’esecuzione, una volta passata in giudicato la sentenza.
3.4. Considerata la ratio sottesa alla disciplina transitoria in esame, volta a consentire la più ampia applicazione in bonam partem sia nei giudizi di primo grado che nei giudizi di impugnazione delle nuove disposizioni in tema di pene sostitutive, deve ritenersi che, in virtù della regola generale contenuta all’art. comma quarto, cod. pen., di cui l’art. 95 costituisce diretta applicazione, l’unico
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limite all’applicazione retroattiva delle disposizioni più favorevoli in tema di pen sostitutive è rappresentato dalla formazione del giudicato di condanna a pena detentiva, non sostituita, in data antecedente all’entrata in vigore della riforma. Qualora, il giudicato riguardi, invece, una condanna a pena detentiva già sostituita sulla base della precedente disciplina, troverà applicazione il comma 2 dell’art. 95 d. Igs. n. 150 del 2022, in base al quale, mentre le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del decreto, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni previgenti, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al Magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva (Sez. 6, n. 34091 del 21/6/2023, cit., in motivazione).
L’incidente in sede esecutiva ex art 95 d.lgs. n. 150 del 2022 si delinea, dunque, alla stregua di un’appendice del procedimento di cognizione eccezionalmente collocata fuori dallo stesso per garantire l’applicazione delle nuove pene sostitutive ai condannati dei processi pendenti innanzi alla Corte di cassazione al 30 dicembre 2022, sicché la valutazione da compiere da parte del giudice dell’esecuzione, investito ai sensi dell’art. 95 citato, deve riguardare l prognosi ordinariamente demandata al giudice della cognizione, in particolare, dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981, tenendo conto dell’alveo già defin nel processo cognitorio anche sotto il profilo, rilevante ai fini dell’ammissione, dell’entità della pena irrogata (che sarà quella inflitta con la sentenza e non la pena residua da espiare: Sez. 1, n. 2356 del 12 ottobre 2023, dep. 2024, Salvato, Rv. 285584 – 01).
Con riferimento ai poteri discrezionali che il legislatore ha voluto attribuire al giudice – di cognizione e, nel caso eccezionale che ci occupa, di esecuzione – in sede di applicazione e scelta delle pene sostitutive, si deve osservare, con Sez. 5, n. 43622 dell’11/07/2023, COGNOME, non mass., che essi sono significativi e pienamente coerenti con la ratio generale di questa parte della riforma in vista di una deflazione delle pene detentive brevi, ma soprattutto di un senso rieducativo effettivo dato alle pene sostitutive: «Il giudice, nei limiti fis dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 cod. pen., se no ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato» (art. 58 I. 24 novembre 1981, n. 689, come novellata).
L’esigenza di rieducazione si compenetra con quella di tutela della collettività
nel senso che questa si realizza essenzialmente anche tramite il processo di rieducazione, puntellato dalle prescrizioni imposte dal giudice.
L’applicazione delle pene sostitutive, quindi, non solo non è incompatibile con il pericolo di recidiva, ma costituisce la specifica modalità prescelta dal legislatore per arginarlo al meglio, sia pure in un’ottica che si proiett necessariamente dopo il completamento dei percorso rieducativo conseguente all’applicazione; essa è quindi, in definitiva, incompatibile solo con quel tasso di recidiva che il giudice non reputa di poter azzerare o ridurre attraverso l’adozione di quelle particolari prescrizioni che accompagnano la pena sostitutiva nella fase di esecuzione della stessa, la quale, in quanto di tipo non restrittivo, del tutto restrittivo, necessita di adeguati controlli e prescrizioni.
Sicché, sebbene la decisione di applicare la pena sostitutiva si muova, in coerenza con la ratio sopra delineata, nell’ottica di individuare una pena che sia la più idonea alla rieducazione del condannato, nell’ambito di tale valutazione trova posto – e non potrebbe essere altrimenti trattandosi di contemperare interessi di pari rango – in una posizione di uguale grado, anche la necessità che essa – corredata delle indispensabili prescrizioni che vanno a bilanciare i margini di libertà che tali misure in maniera più o meno intensa, a seconda del tipo, lasciano al condannato – scongiuri, medio tempore, la commissione di altri reati.
Risulta evidente, allora, che il presupposto da cui deve muovere il giudice al fine di verificare l’an dell’applicazione della pena sostitutiva breve è quello della valutazione della sussistenza o meno di fondati motivi che inducano a ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute perché la prospettiva della rieducazione non può prevalere sull’esigenza di neutralizzazione del pericolo di recidiva che necessita di essere soddisfatta anche durante l’esecuzione della pena.
5.1. Quanto alla motivazione, l’art. 58 si limita a prevedere che il giudice deve indicare i motivi che giustificano l’applicazione della pena sostitutiva, diffondendosi, piuttosto, sulla struttura argomentativa che il provvedimento deve avere quanto alla scelta del tipo (essedo chiaramente da privilegiare la pena non detentiva nell’impostazione che risulta dalle disposizioni in argomento); è soprattutto in tale fase di selezione della pena che entra in gioco la specifica esigenza rieducativa, dovendo il giudice – per espressa previsione contenuta nell’art. 58 – scegliere quella più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato con il minor sacrificio della libertà personale, indicando, quando applica la semilibertà o la detenzione domiciliare, le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concreto il lavoro di pubblica utilità o la pen pecuniaria (Sez. 5, n. 43622 del 2023, cit.).
Venendo al caso in esame, ritiene il Collegio che il giudice dell’esecuzione
si sia conformato al quadro normativo e di principio siccome innovato dal d.lgs. n. 150 del 2022, rendendo una motivazione scevra da vizi logico-giuridici e sempre contenuta nei limiti della plausibile opinabilità di apprezzamento (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01).
Egli ha convenientemente spiegato le ragioni per le quali era preferibile, in funzione rieducativa, alla più severa misura della detenzione domiciliare, quella del lavoro di pubblica utilità sostitutivo di cui all’art. 56 -bis I. n. 689 del 1981, inserito dall’art. 71, comma 1, lett. d), d. Igs. n. 150 del 2022, facendo presente che si trattava di misura che andava ad innestarsi, in piena coerenza, sulla linea, già avviata, di un percorso ri-socializzante esplicantesi in attività di ti assistenziale, assai vicine a quelle che il condannato avrebbe eseguito presso la mensa di una delle strutture della RAGIONE_SOCIALE.
A fronte di un tessuto motivazionale pienamente adeguato, anche sotto il profilo dell’elencazione del catalogo di prescrizioni volte a scongiurare il rischio d recidiva, il ricorso del Procuratore della Repubblica della città toscana, più che individuare manchevolezze nella struttura del provvedimento, si limita a censure meramente confutative, sollecitando, nella sostanza, una non consentita rivalutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, con esonero dal pagamento delle spese in considerazione della veste pubblica della parte ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Prøsidente