Pene Sostitutive e Sentenze Definitive: La Cassazione Fissa i Paletti della Riforma Cartabia
L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) ha rappresentato un’importante innovazione nel sistema sanzionatorio penale, aprendo a nuove modalità di esecuzione della pena alternative al carcere. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti temporali di applicazione di questa normativa, escludendone l’operatività per le sentenze già passate in giudicato molto prima della sua entrata in vigore. La decisione in esame affronta il delicato bilanciamento tra il principio del favor rei e le esigenze di certezza del diritto.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato a una pena di un anno di reclusione con una sentenza divenuta definitiva nell’aprile del 2019. A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, l’interessato presentava un’istanza al Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Spoleto per ottenere la sostituzione della pena detentiva con una delle nuove pene sostitutive previste dalla legge. La sua tesi si fondava sul principio di retroattività della legge penale più favorevole, sostenendo che le nuove disposizioni avrebbero dovuto applicarsi anche alla sua situazione, dato che la pena non era stata ancora eseguita. Il Giudice dell’Esecuzione rigettava l’istanza, spingendo il condannato a ricorrere per cassazione.
La Questione Giuridica: Applicabilità delle Pene Sostitutive
Il nodo cruciale della vicenda verteva sull’interpretazione della norma transitoria contenuta nell’art. 95 del D.Lgs. 150/2022. La domanda era: le nuove e più favorevoli disposizioni sulle pene sostitutive possono essere applicate retroattivamente a condanne divenute irrevocabili anni prima dell’entrata in vigore della riforma? Il ricorrente invocava un’applicazione estensiva del principio di retroattività della lex mitior, mentre la Procura ne sosteneva un’applicazione circoscritta ai casi specificamente previsti dalla norma.
La Disciplina Transitoria della Riforma
L’articolo 95 del decreto legislativo ha introdotto una disciplina specifica per gestire il passaggio al nuovo sistema. Esso consente al condannato a una pena detentiva non superiore a quattro anni di chiedere l’applicazione di una pena sostitutiva entro 30 giorni dall’irrevocabilità della sentenza. Tuttavia, la norma pone una condizione precisa: tale possibilità è riservata ai casi in cui il procedimento fosse pendente davanti alla Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore della riforma. Si tratta di una scelta chiara del legislatore volta a definire un perimetro applicativo ben preciso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo ‘aspecifico e manifestamente infondato’. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile che la situazione del ricorrente non rientrava nell’ambito di applicazione della norma transitoria. La sua condanna, infatti, era passata in giudicato nell’aprile del 2019, ben prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2022. Di conseguenza, il suo procedimento non era affatto ‘pendente in Cassazione’ al momento rilevante. La Corte ha sottolineato che la norma transitoria costituisce una deroga specifica al principio generale di irretroattività, ma i suoi confini sono stati tracciati in modo netto dal legislatore. Pertanto, l’argomentazione del ricorrente, basata su un’applicazione generalizzata del principio di retroattività favorevole, non poteva trovare accoglimento. La decisione del Giudice dell’Esecuzione è stata, quindi, ritenuta corretta.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che i benefici della Riforma Cartabia in materia di pene sostitutive non possono essere estesi indiscriminatamente a tutte le condanne passate. Il legislatore, attraverso la norma transitoria, ha inteso limitare questa opportunità a una categoria ben definita di procedimenti per garantire un passaggio ordinato al nuovo sistema e tutelare la certezza del diritto legata al giudicato. La declaratoria di inammissibilità del ricorso, accompagnata dalla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, serve da monito contro impugnazioni pretestuose che non tengono conto dei chiari limiti posti dalla legge. La decisione consolida così un’interpretazione restrittiva della disciplina transitoria, escludendo una ‘riapertura’ generalizzata di casi già definiti da tempo.
È possibile chiedere l’applicazione delle pene sostitutive della Riforma Cartabia per una condanna diventata definitiva molti anni prima dell’entrata in vigore della riforma?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma transitoria (art. 95, d.lgs. 150/2022) permette di richiedere le pene sostitutive solo se il procedimento era pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore del decreto. Non si applica a sentenze già passate in giudicato in precedenza.
Il principio della retroattività della legge penale più favorevole non si applica in questo caso?
No, perché il legislatore ha previsto una specifica disciplina transitoria che deroga al principio generale. La volontà del legislatore è stata quella di limitare l’applicazione delle nuove norme a specifiche situazioni pendenti, escludendo quelle già definite.
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente che ha presentato un ricorso ritenuto infondato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza e dell’irritualità dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20939 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20939 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/01/2024 del GIP TRIBUNALE di SPOLETO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione, tramite il difensore, avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il GIP del Tribunale di Spoleto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, volta ad ottenere l’applicazione di pena sostitutiva in relazione alla pena di un anno di reclusione inflitta con sentenza passata in giudicato il 05/04/2019. Nell’unico motivo deduce violazione di legge: secondo il ricorrente, l’art. 95 d. Igs. 150/2022 non esclude la possibilità di applicare l’importante innovazione ai giudizi conclusi con decisione passata in giudicato e nel quale l’esecuzione della pena irrogata non sia ancora eseguita, come nel caso di specie, dovendo trovare attuazione il principio della retroattività della legge penale più favorevole.
Il ricorso è inammissibile, perché aspecifico e manifestamente infondato.
L’art. 95, d.lgs. n. 150 del 2022 consente al condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni di richiedere l’applicazione di una pena sostitutiva a norma dell’art. 53, legge n. 689 del 1981 proponendo la relativa istanza, ex art. 666 cod. proc. pen., nel termine di 30 giorni dalla irrevocabilità della sentenza, sempre che il procedimento fosse pendente davanti alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo. La situazione in cui si trova il COGNOME (la cui condanna a pena detentiva per quale è invocata l’applicazione di pena sostitutiva, è passata in giudicato nell’aprile 2019), pertanto, non rientra tra quelle disciplinate dalla norma transitoria, come correttamente osservato dal G.E. nell’impugnata ordinanza.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024