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Pene sostitutive: no alla retroattività su giudicato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36735/2024, ha stabilito che le nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) non possono essere applicate retroattivamente a condanne già divenute irrevocabili. Un condannato aveva richiesto di sostituire la sua pena detentiva definitiva, ma la Corte ha respinto il ricorso, affermando che il principio dell’intangibilità del giudicato prevale sulla retroattività della legge più favorevole, in linea con le disposizioni transitorie della riforma stessa.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: la Cassazione Nega la Retroattività

La recente Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha introdotto importanti novità in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, ampliandone l’ambito di applicazione. Una questione cruciale, tuttavia, è emersa riguardo alla possibilità di applicare queste nuove norme, più favorevoli, a sentenze di condanna già passate in giudicato. Con la sentenza n. 36735 del 15 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, stabilendo che il principio di intangibilità del giudicato prevale, negando così la retroattività delle nuove disposizioni a casi già definiti.

Il Caso: Richiesta di Sostituzione di Pena su Sentenza Definitiva

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con due sentenze, divenute irrevocabili rispettivamente nel 2015 e nel 2018, a pene detentive. A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il condannato ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione di tali pene con sanzioni più lievi, come la pena pecuniaria o il lavoro di pubblica utilità, ai sensi delle nuove norme.

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, sostenendo che le nuove disposizioni, comprese quelle transitorie dell’art. 95 del d.lgs. 150/2022, non fossero applicabili, poiché le sentenze in questione erano già definitive prima della loro entrata in vigore. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando anche una questione di legittimità costituzionale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno stabilito che le nuove norme sulle pene sostitutive non possono essere applicate retroattivamente a procedimenti penali conclusi con sentenza irrevocabile prima dell’entrata in vigore della riforma, fissata al 30 dicembre 2022. La questione di legittimità costituzionale sollevata è stata, inoltre, giudicata manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Sentenza: il Principio del Giudicato Prevale

La decisione della Corte si fonda su un’attenta analisi del bilanciamento tra il principio della retroattività della legge più favorevole (lex mitior) e il principio della certezza del diritto, rappresentato dall’intangibilità del giudicato.

L’ambito di applicazione dell’art. 95 d.lgs. 150/2022

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione della norma transitoria (art. 95). Questa disposizione prevede che le norme più favorevoli si applichino ai procedimenti penali pendenti in primo grado, in appello o persino innanzi alla Corte di Cassazione al momento dell’entrata in vigore del decreto. La norma, quindi, delinea chiaramente un confine temporale: il beneficio è riservato a chi non ha ancora una condanna definitiva. Poiché le sentenze del ricorrente erano irrevocabili da anni, egli si trovava al di fuori di questo perimetro applicativo.

Il Principio della ‘Lex Mitior’ e i suoi Limiti

La difesa del ricorrente si basava sul principio della lex mitior, secondo cui si dovrebbe applicare la legge più favorevole al reo. La Cassazione ha ricordato che, sebbene questo principio abbia un fondamento costituzionale nel principio di eguaglianza, non è assoluto. A differenza del divieto di retroattività della legge penale sfavorevole, il legislatore può porre dei limiti ragionevoli alla retroattività della legge più favorevole. Uno di questi limiti è proprio la necessità di salvaguardare la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici esauriti, come quelli cristallizzati in una sentenza passata in giudicato. L’articolo 2, comma 4, del codice penale stabilisce infatti che la legge più favorevole si applica, “salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.

Il Ruolo della Corte Costituzionale

A rafforzare la propria posizione, la Cassazione ha citato la sentenza n. 25 del 2024 della Corte Costituzionale. Anche la Consulta, chiamata a pronunciarsi su una questione simile, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 95, confermando che la scelta del legislatore di limitare l’applicazione delle nuove norme ai soli processi pendenti è una scelta razionale e non viola la Costituzione. La disparità di trattamento tra chi ha una sentenza definitiva e chi ha un processo ancora in corso è giustificata dalla diversa situazione giuridica in cui si trovano.

Le Conclusioni: Certezza del Diritto e Irrevocabilità delle Sentenze

In conclusione, la sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: la stabilità del giudicato. Sebbene la Riforma Cartabia abbia introdotto benefici significativi con le nuove pene sostitutive, questi non possono travolgere le decisioni già divenute definitive. La certezza del diritto richiede che, a un certo punto, le sentenze diventino immutabili. Pertanto, l’accesso alle pene sostitutive introdotte dalla riforma è precluso a tutti coloro le cui condanne erano già irrevocabili prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della nuova disciplina.

Le nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia si applicano a sentenze già definitive?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le disposizioni transitorie (art. 95 d.lgs. 150/2022) limitano l’applicazione delle nuove pene sostitutive ai soli procedimenti che erano ancora pendenti al momento dell’entrata in vigore della riforma. Non si applicano a sentenze già passate in giudicato.

Perché la legge più favorevole non si applica retroattivamente in questo caso?
Sebbene esista il principio della retroattività della legge più favorevole (lex mitior), esso non è assoluto. Il legislatore può limitarlo per tutelare altri principi fondamentali, come la certezza dei rapporti giuridici garantita dall’intangibilità del giudicato. In questo caso, la legge stessa ha escluso l’applicazione a sentenze irrevocabili.

La limitazione all’applicazione retroattiva delle pene sostitutive è costituzionalmente legittima?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando anche una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 25/2024), ha ritenuto la limitazione manifestamente non fondata. La scelta del legislatore di salvaguardare la stabilità delle sentenze definitive è considerata una giustificazione razionale che non viola i principi costituzionali di eguaglianza o la funzione rieducativa della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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