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Pene sostitutive: no alla retroattività della Riforma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4872/2024, ha stabilito che le pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia non si applicano retroattivamente. La Corte ha chiarito che il discrimine per l’applicazione delle nuove norme è l’irrevocabilità della sentenza: se questa è divenuta definitiva prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma, il condannato non può beneficiare delle nuove misure, in applicazione del principio ‘tempus regit actum’.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: la Cassazione fissa il discrimine temporale

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 4872/2024 offre un chiarimento cruciale sull’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022). La Corte ha stabilito un punto fermo: le nuove norme, seppur più favorevoli, non possono essere applicate retroattivamente a sentenze divenute irrevocabili prima della data di entrata in vigore della riforma, fissata al 30 dicembre 2022. Questa decisione riafferma la centralità del principio tempus regit actum nel diritto processuale penale.

Il caso: la richiesta di applicazione delle pene sostitutive

Un condannato, la cui sentenza era diventata definitiva il 12 dicembre 2022, presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità, una delle pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia. La richiesta si basava sull’articolo 545-bis del codice di procedura penale, introdotto proprio da tale riforma.

Il Giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta, motivando che al momento dell’entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022), il procedimento penale a carico del richiedente non era più pendente, ma si era già concluso con una sentenza irrevocabile. Secondo il regime transitorio, ciò precludeva l’accesso al nuovo beneficio.

La questione di legittimità costituzionale

Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale. La difesa sosteneva che il differimento dell’entrata in vigore della riforma, originariamente prevista per il 1° novembre 2022 e poi posticipata al 30 dicembre 2022 tramite un decreto-legge, violasse diversi principi costituzionali e convenzionali. In particolare, si lamentava la violazione del principio di applicazione della legge penale più favorevole al reo.

Il principio delle pene sostitutive e il tempus regit actum

Il cuore della controversia risiede nel conflitto tra due principi: da un lato, l’aspirazione all’applicazione retroattiva della norma più favorevole; dall’altro, il principio tempus regit actum, secondo cui la legge processuale applicabile è quella in vigore al momento del compimento dell’atto. La Corte di Cassazione ha dovuto stabilire quale dei due dovesse prevalere in questo specifico contesto.

La Riforma Cartabia ha profondamente innovato il sistema sanzionatorio, ampliando il ricorso a misure alternative al carcere. Tuttavia, la sua applicazione nel tempo è stata oggetto di un’attenta disciplina transitoria, volta a gestire il passaggio dal vecchio al nuovo sistema senza creare incertezze giuridiche.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno innanzitutto ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 151 del 2023, si era già pronunciata sulla legittimità del differimento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, escludendo ogni violazione dei principi costituzionali.

Nel merito, la Cassazione ha chiarito che non si è di fronte a un fenomeno di successione di leggi penali sostanziali nel tempo, ma a una modifica di natura processuale. Di conseguenza, il principio da applicare è quello del tempus regit actum. La Corte ha identificato l’irrevocabilità della sentenza come il discrimen, ovvero il momento decisivo che cristallizza la normativa applicabile. Poiché la sentenza di condanna era diventata definitiva prima del 30 dicembre 2022, il condannato non poteva beneficiare delle nuove disposizioni sulle pene sostitutive.

La Corte ha specificato che la condizione processuale che determina la legge applicabile è l’irrevocabilità della sentenza. Una volta che la sentenza è passata in giudicato, la situazione giuridica del condannato è definita dalla legge vigente in quel momento, e le successive modifiche procedurali non possono retroagire.

Le conclusioni

La sentenza n. 4872/2024 consolida un importante orientamento giurisprudenziale: l’accesso alle pene sostitutive della Riforma Cartabia è precluso per tutti coloro la cui condanna è diventata irrevocabile prima del 30 dicembre 2022. Questa decisione fornisce certezza giuridica agli operatori del diritto e chiarisce definitivamente l’ambito di applicazione temporale di una delle più significative riforme del sistema penale degli ultimi anni. Il principio di tempus regit actum prevale, e l’irrevocabilità della sentenza agisce come uno spartiacque invalicabile per l’applicazione delle nuove norme processuali.

Le pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia si applicano a sentenze diventate definitive prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le pene sostitutive non si applicano retroattivamente. Se la sentenza è diventata irrevocabile prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma, il condannato non può accedere a tali benefici.

Qual è il principio che regola l’applicazione delle nuove norme processuali nel tempo?
Il principio applicabile è quello del ‘tempus regit actum’, secondo cui gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore al momento in cui vengono compiuti. L’irrevocabilità della sentenza è il momento che determina quale normativa processuale si applica.

Il differimento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia è stato considerato costituzionalmente legittimo?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 151/2023), ha confermato che il posticipo dell’entrata in vigore della riforma dal 1° novembre al 30 dicembre 2022 è stato legittimo e non ha violato alcun principio costituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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