Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 47333 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 47333 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VERCELLI il 09/07/1969
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, emessa il 3 giugno 2024, la Corte di appello Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano con la quale NOME era stato condannato per furto in abitazione aggravato.
Ricorre per Cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolan due motivi di ricorso.
2.1.Con il primo motivo lamenta violazione di legge in ordine al rigetto d richiesta di sostituzione della pena detentiva breve con il lavoro di pubblica Deduce, al riguardo, che l’applicazione delle pene sostitutive avviene, per l secondo un meccanismo articolato ( cd ” a struttura bifasica”) in cui il gi valutata secondo i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. la ricorrenza delle condizioni per l’accesso alle pene individuate dall’art. 20 bis cod. pen., instaura una contraddittorio tra le parti, ove necessario con l’apporto dell’UEPE, applicando la più adeguata. La sentenza impugnata, nel provvedere sulla rituale richiest sostituzione della pena detentiva breve formulata con i motivi aggiunti, aveva ne il beneficio poiché non erano state rispettate le condizioni di cui al Protocollo d stipulato dalla Corte d’appello di Milano. Dalla mera inosservanza del Protocollo poteva in alcun modo discendere il rigetto della richiesta, non rientrando ciò previsione di legge.
2.2 Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione. La Corte territorial richiamando la violazione del Protocollo, nulla aveva argomentato in ordine a ragioni del diniego di applicazione delle pene sostitutive alla pena detentiva b
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’art 545-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs n.150 /2022 ( cd riforma Cart stabilisce, al comma 1, che «quando è stata applicata una pena detentiva superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, s dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sos pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della le 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a str “bifasica”). L’art. 58 della L.n. 689 del 1981(rubricato “Potere discreziona giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modifica d.lgs. n. 150 sopra citato, stabilisce al primo comma che «il giudice, nei limiti dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice pe non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitu
della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». A sua volta, l’art. 20-bis cod. pen., indica che le pene sostitutive (la cui disciplina è contenuta, come noto, nella I.n. 689 del 1981) sono: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva.
Come chiarito dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022, «tale tipologia sanzioni si inquadra come è noto tra gli istituti – il più antico dei quali è rappresenta dalla sospensione condizionale della pena – che sono espressivi della c.d. lotta alla pena detentiva breve; cioè del generale sfavore dell’ordinamento verso l’esecuzione di pene detentive di breve durata. È infatti da tempo diffusa e radicata nel contesto internazionale l’idea secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi, in term risocializzazione dei condannati e di riduzione dei tassi di recidiva. Quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducare e risocializzare il condannato – come impone l’articolo 27 della Costituzione – è obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene diverse da quella carceraria, che eseguendosi nella comunità delle persone libere escludono o riducono l’effetto desocializzante della detenzione negli istituti di pena, relegando questa al ruolo di extrema ratio. La Costituzione, nel citato articolo 27, parla al terzo comma, al plurale, di “pene” che devono tendere alla rieducazione del condannato. Non menziona il carcere e, comunque, non introduce alcuna equazione tra pena e carcere. La pluralità delle pene, pertanto, è costituzionalmente imposta perché funzionale, oltre che ad altri principi (es., quello di proporzione), al finalismo rieducativo della pena,: precisandosi, altresì, che «la valorizzazione delle pene sostitutive all’interno del sistema sanzionatorio penale, operata della legge delega, rende opportuna l’introduzione nel codice penale di una disposizione di raccordo con l’articolata disciplina delle pene stesse, che continua a essere prevista nella legge 689 del 1981. Per ragioni di economia e di tecnica legislativa, oltre che di rispetto della legge delega, la disciplina delle pene sostitutive non viene inserita nel codice penale, dove nondimeno è opportuno, per ragioni sistematiche, che alla disciplina stessa venga operato un rinvio nella parte generale, trattandosi di pene applicabili alla generalità dei reati. Per tal ragione si introduce un nuovo art. 20 bis c.p. (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”) – inserito nel Titolo II (Delle pene), Capo I (Delle specie di pene, in generale) dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie. Scopo della nuova disposizione è di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle Corte di Cassazione – copia non ufficiale
pene, delineato dalla parte generale del codice, richiamando la disciplina della legge 689 del 1981».
Sulla base della disciplina sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce diritto dell’imputato ma – come pacificamente ritenuto in riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 689 del 1981 – rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati. La sostituzione delle pene detentive brevi è infatti rimess ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro’ modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – 01). Tale principio è certamente applicabile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133.
Alla luce di tali principi, nell’ipotesi in cui l’imputato abbia formulato richiesta senso nei motivi di appello, o, come nel caso in esame, nei motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., il giudice di secondo grado deve dar conto delle ragioni per le quali non sussistono i presupposti per l’applicazione della pena sostitutiva richiesta. Questa Corte – sempre in riferimento alle sanzioni sostitutive di cui all’art 53 I.n. 689 del 1981 – ha in più occasioni affermato che poiché, come si è detto, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione dell pena, la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, Sampugna, rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, rv. 247853) e la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica potrebbe essere oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276716 – 01). Ed è stato recentemente sottolineato da questa Corte di legittimità come, ai sensi del novellato art. 58 della L.n.689 del 1981, il giudic deve valutare quale sia la pena più idonea alla rieducazione del condannato e se sia possibile, attraverso opportune prescrizioni, prevenire il pericolo di commissione di altri reati. Nel motivare sull’applicazione (o mancata applicazione) delle pene sostitutive, dunque, occorre ancora oggi tenere conto dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen., ma occorre altresì valutarli non solo nella prospettiva della meritevolezza del beneficio della sostituzione, ma anche nella prospettiva dell’efficacia della pena sostitutiva e della possibilità di considerarla più idonea alla rieducazione rispetto all pena detentiva (così Sez. 4 – n. 42847 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285381 – 01; Sez. 4, n.636 del 29/11/2023, n.m.).
Tanto premesso in ordine all’evoluzione normativa e all’assetto giurisprudenziale d materia, completa il quadro la previsione di cui all’art. 545 bis cod. pr secondo cui, a finedecidere in ordine alla applicazione della pena sostitutiva, il può disporre ulteriori accertamenti, acquisendo dall’UEPE o anche dalla poli giudiziaria ogni informazione necessaria in ordine alle condizioni di vita pers familiari, sociali, ed economiche dell’imputato. E’ altresì prevista la facoltà de di depositare documentazione presso l’ufficio di esecuzione penale esterna nonché depositare memoria in cancelleria fino a 5 giorni prima dell’udienza. E all’evidenza, al fine di fornire al giudice che lo ritenga necessario completezza ed elementi in ordine, come esposto, alla meritevolezza del beneficio, alla prog di adempimento delle prescrizioni, alla effettiva finalità di rieducazione dell sostitutiva.
La sentenza impugnata, pronunciando in ordine alla richiesta formulata dall’imput con i motivi aggiunti depositati il 16 maggio 2024, ha così statuito: ” la rich sostituzione della pena, avanzata con i motivi aggiunti, è inammissibile, non ave l’appellante corredato la stessa con i documenti richiesti dai Protocolli di stipulati da questa Corte, che non è pertanto nelle condizioni di valutare la fond della richiesta stessa”.
La motivazione offerta dalla Corte territoriale incorre nel vizio denunciato nel ri L’acquisizione di documentazione utile alla valutazione della richiesta di applica della pena sostitutiva è infatti solo eventuale e costituisce una facoltà del giud può richiederla, secondo il chiaro disposto di cui all’art. 545 bis cod. pro all’Ufficio esecuzione penale esterna o alla polizia giudiziaria. Secondo le prescr del codice di procedura penale, infatti, l’imputato non è gravato dell’obbl produrre alcuna documentazione, tanto meno a pena di inammissibilità, né dett effetto può scaturire dalla stipula di intese con i locali Consigli dell’ordine ch mirati ad una più efficiente organizzazione dell’attività giudiziaria, non possono introdurre regole con effetto derogatorio alle disposizioni del codice di rito.
Ne deriva che la Corte territoriale avrebbe dovuto argomentare in base ai parame di cui all’art. 58 della L.689 del 1981 come sopra illustrati e, ove ritenuto nec disporre eventualmente l’acquisizione di documentazione utile ai sensi dell’art. bis, cod. proc. pen. Mancando del tutto ogni valutazione in proposito, la sent impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello Milano, altra sezione.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituibilità della pena princ con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Mil
Roma, 24 ottobre 2024