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Pene sostitutive: no al diniego senza motivazione

La Corte di Cassazione ha statuito sui criteri per negare le pene sostitutive. In un caso di tentato furto, la Corte ha annullato la decisione di merito, affermando che il solo riferimento ai precedenti penali è insufficiente per negare le sanzioni alternative, specie a fronte di una pena minima. È necessaria una motivazione specifica e rafforzata sull’inidoneità delle pene sostitutive ai fini rieducativi. Il ricorso su altri punti, come la non applicabilità dell’art. 131-bis c.p., è stato respinto per l’abitualità del reato.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: La Cassazione Annulla il Diniego Basato solo sui Precedenti Penali

La recente Riforma Cartabia ha profondamente innovato il sistema sanzionatorio penale, valorizzando le pene sostitutive come strumento principale per la rieducazione del condannato, in alternativa al carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 34243/2025) interviene su un punto cruciale: i limiti del potere del giudice nel negare l’applicazione di tali pene. La Corte ha stabilito che non è sufficiente richiamare i precedenti penali dell’imputato per giustificare un diniego, ma è necessaria una motivazione specifica e approfondita.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda una donna condannata in primo e secondo grado per il reato di tentato furto di generi alimentari per un valore di 62,00 euro. I giudici di merito avevano riconosciuto l’equivalenza tra l’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede e l’attenuante della tenuità del danno, condannando l’imputata a una pena di due mesi di reclusione. Tuttavia, le era stata negata la possibilità di sostituire la pena detentiva con una sanzione alternativa, come il lavoro di pubblica utilità.

I Motivi del Ricorso e le Pene Sostitutive

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Errata applicazione dell’aggravante: Si sosteneva che la sorveglianza continua nel supermercato escludesse l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede.
2. Mancato riconoscimento della tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): La difesa lamentava che la Corte d’Appello avesse escluso la causa di non punibilità per abitualità del reato senza un’analisi adeguata.
3. Diniego illegittimo delle pene sostitutive (art. 20-bis c.p.): Questo è il punto centrale della decisione. La difesa ha evidenziato la contraddittorietà della sentenza d’appello che, pur applicando una pena molto mite, negava le sanzioni alternative basandosi unicamente sui precedenti penali della donna, senza considerare lo spirito della Riforma Cartabia.

L’Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i primi due motivi. Sul primo, ha ribadito che la sola videosorveglianza non esclude l’aggravante se non garantisce un intervento immediato per impedire il furto. Sul secondo, ha confermato che la presenza di precedenti penali, incluso un reato commesso successivamente a quello in giudizio, integrava correttamente il presupposto dell’abitualità, ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Il terzo motivo è stato invece accolto. La Corte ha riscontrato una palese contraddizione nella motivazione della sentenza d’appello. Applicare una pena minima (due mesi) e, al contempo, negare le pene sostitutive basandosi solo sui precedenti penali, costituisce un vizio di motivazione.

Le Motivazioni

La Cassazione ha affermato un principio di diritto fondamentale: il giudice, nel decidere se applicare o meno le pene sostitutive, deve effettuare una valutazione complessa e prognostica, non limitandosi a un mero richiamo dei precedenti penali. La Riforma Cartabia, introducendo l’art. 20-bis c.p., ha voluto configurare le sanzioni sostitutive come vere e proprie pene principali, destinate a realizzare la funzione rieducativa prevista dall’art. 27 della Costituzione.

Secondo la Corte, il diniego deve essere supportato da una motivazione specifica che spieghi perché, nel caso concreto, le sanzioni alternative non sarebbero idonee a prevenire la commissione di altri reati e a promuovere la rieducazione del condannato. Questo giudizio deve tener conto della mitezza della pena inflitta: una pena detentiva minima mal si concilia con un giudizio di pericolosità sociale così elevato da escludere ogni alternativa al carcere.

Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere a una nuova valutazione, considerando che una pena come il lavoro di pubblica utilità, corredata da specifiche prescrizioni, potrebbe avere un’efficacia rieducativa e specialpreventiva superiore alla detenzione, specialmente quando il reato, come in questo caso, appare motivato da esigenze di sostentamento.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza il ruolo centrale delle pene sostitutive nel sistema penale post-riforma. Il messaggio è chiaro: i precedenti penali non costituiscono un ostacolo automatico. Il giudice ha il dovere di motivare in modo concreto e puntuale le ragioni per cui ritiene che solo il carcere possa assolvere alle funzioni della pena, tenendo conto del principio di proporzionalità e della necessità di individuare la sanzione più idonea al reinserimento sociale del condannato. Si tratta di un passo importante per garantire che l’applicazione delle pene sia sempre orientata alla rieducazione e non a un’automatica logica punitiva.

La presenza di telecamere in un negozio esclude sempre l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel furto?
No. Secondo la sentenza, un sistema di videosorveglianza non esclude di per sé l’aggravante, a meno che non garantisca un controllo così costante e diretto da permettere un intervento immediato per impedire la consumazione del reato. Se la sorveglianza consente solo una conoscenza postuma dei fatti o se l’intervento è puramente accidentale, l’aggravante sussiste.

Avere precedenti penali impedisce automaticamente di ottenere la non punibilità per un reato di lieve entità (art. 131-bis c.p.)?
Sì, se tali precedenti configurano un'”abitualità del reato”. La sentenza chiarisce che il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti. In questo caso, la presenza di reati precedenti e successivi ha attestato l’abitualità, rendendo inapplicabile la causa di non punibilità.

Un giudice può negare le pene sostitutive basandosi solo sui precedenti penali dell’imputato?
No. La sentenza stabilisce che il semplice richiamo ai precedenti penali non è una motivazione sufficiente per negare le pene sostitutive. Il giudice deve condurre una valutazione prognostica complessa e specifica, spiegando perché, nel caso concreto, le sanzioni alternative non sarebbero idonee a rieducare il condannato e a prevenire la recidiva. Esiste una contraddizione logica nel comminare una pena detentiva minima e contemporaneamente negare ogni alternativa al carcere solo sulla base del passato dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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