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Pene Sostitutive: No al diniego per difficoltà economica

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che negava la concessione di pene sostitutive pecuniarie a un’imputata, motivando il diniego con una generica ‘assenza di garanzia di puntuale adempimento’. La Suprema Corte ha ribadito che la difficoltà economica del condannato non può essere, da sola, un motivo per respingere la richiesta di sostituzione della pena detentiva breve. Il giudice deve fornire una motivazione concreta e non apparente, basata su un giudizio prognostico completo e non solo sulla condizione patrimoniale.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: il diniego non può basarsi sulla sola difficoltà economica

Con la sentenza n. 36719/2024, la Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia: i criteri per la loro concessione o diniego. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: la presunta incapacità economica del condannato, da sola, non è una ragione valida per negare la sostituzione di una pena detentiva breve con una pena pecuniaria. La decisione del giudice deve fondarsi su una motivazione reale e non meramente apparente.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una persona condannata in appello a tre mesi di arresto e 3.000 euro di ammenda. Durante il processo, la difesa aveva richiesto l’applicazione di una sanzione sostitutiva, specificamente la pena pecuniaria, ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale, come modificato dal d.lgs. n. 150/2022.

La Corte di Appello di Firenze, tuttavia, aveva rigettato l’istanza con una motivazione estremamente sintetica, affermando che «non vi è garanzia circa il puntuale adempimento dell’obbligo da parte della prevenuta». Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’erroneità e la genericità di tale motivazione.

La Questione Giuridica e i Principi delle Pene Sostitutive

Il cuore della questione riguarda i limiti del potere discrezionale del giudice nel decidere sulla concessione delle pene sostitutive. La normativa (art. 58 della legge n. 689/1981) stabilisce che il giudice può negare la sostituzione solo se sussistono «fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse basato la sua decisione unicamente su una presunta difficoltà economica, senza però esplicitare gli elementi concreti che la portavano a tale conclusione. Questo rendeva la motivazione meramente assertiva e, di fatto, apparente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. Il ragionamento dei giudici di legittimità è chiaro e si fonda su principi consolidati, anche precedenti alla Riforma Cartabia.

1. La Motivazione deve essere Effettiva, non Apparente: La Cassazione ha definito l’affermazione della Corte d’Appello come ‘laconica’ e ‘meramente assertiva’. Una frase come ‘assenza di garanzia di puntuale adempimento’ non spiega il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Non vengono indicati i fatti specifici (es. precedenti inadempimenti, irreperibilità, mancanza di fissa dimora) che giustificherebbero un giudizio prognostico negativo.

2. La Povertà non è un Ostacolo Automatico: Il punto più rilevante della sentenza è il richiamo a un principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza Gagliardi, n. 24476/2010). Secondo questo principio, la prognosi di inadempimento che può ostacolare la sostituzione della pena riguarda solo le pene che prevedono ‘prescrizioni’ comportamentali, come la semidetenzione o la libertà controllata. Non si applica, invece, alla pena pecuniaria sostitutiva. In altre parole, la sostituzione con una pena pecuniaria è consentita anche a persone in condizioni economiche disagiate. Il giudice non può negarla basandosi unicamente su un’ipotesi di insolvibilità.

3. Corretta Applicazione dei Criteri: Il giudice deve basare la sua valutazione sui criteri dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere), declinati in chiave prognostica. Deve cioè prevedere se la sanzione sostitutiva possa assicurare la rieducazione del condannato e prevenire nuovi reati. Sebbene il nuovo art. 133-bis c.p. imponga di considerare le condizioni economiche del reo nel quantificare la pena pecuniaria, questo non influisce sulla decisione preliminare di concedere o meno la sostituzione.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela del principio di uguaglianza e della finalità rieducativa della pena. La Corte di Cassazione afferma con forza che le pene sostitutive non possono diventare un beneficio riservato solo a chi ha disponibilità economiche. Un diniego basato su una motivazione apparente o su un pregiudizio legato alla condizione di povertà del condannato è illegittimo.

Per i giudici, questo significa che ogni decisione di diniego deve essere supportata da un’analisi approfondita e da elementi di fatto concreti che dimostrino un’alta probabilità di inadempimento. Per gli imputati, specialmente quelli in condizioni economiche precarie, questa sentenza rafforza il diritto a veder valutata la propria istanza di accesso alle pene alternative in modo equo e non discriminatorio.

Un giudice può negare la sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria solo perché il condannato è in difficoltà economica?
No. La Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, ha stabilito che la sostituzione con una pena pecuniaria è consentita anche a persone in condizioni economiche disagiate. La prognosi negativa di adempimento, che può giustificare il diniego, si applica solo alle pene sostitutive che comportano prescrizioni (es. semidetenzione), non a quella puramente pecuniaria.

Quale tipo di motivazione deve fornire il giudice per respingere una richiesta di pene sostitutive?
Il giudice deve fornire una motivazione effettiva, concreta e non apparente. Non può limitarsi a formule generiche come ‘assenza di garanzia di adempimento’. Deve esplicitare gli elementi di fatto specifici (es. irreperibilità, precedenti inadempimenti, stile di vita) su cui basa il suo giudizio prognostico negativo riguardo alla capacità del condannato di rispettare le prescrizioni.

Qual è il principio chiave riaffermato dalla Cassazione in questa sentenza?
Il principio chiave è che la discrezionalità del giudice nel decidere sulle pene sostitutive non è arbitraria, ma deve essere esercitata nel rispetto dei criteri legali (art. 133 c.p.) e con una motivazione completa e logica. Una motivazione ‘laconica’ o ‘meramente assertiva’ rende la sentenza illegittima e soggetta ad annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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