Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: la Cassazione Sottolinea l’Onere della Richiesta
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, introdotte dalla cosiddetta Riforma Cartabia. La decisione sottolinea che l’attivazione di questo beneficio non è un automatismo che il giudice deve considerare d’ufficio, ma richiede un’esplicita iniziativa da parte dell’imputato. Questa pronuncia offre importanti indicazioni operative per gli avvocati difensori nei giudizi di appello.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Basato su un’Omissione Procedurale
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto valutare d’ufficio l’opportunità di applicare le nuove pene sostitutive previste dall’art. 20-bis del codice penale, in un procedimento che era già pendente al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia. Secondo la tesi difensiva, tale valutazione sarebbe stata un obbligo per il giudice, anche in assenza di una specifica richiesta.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive
La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile la procedura corretta per accedere alle pene sostitutive. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a conferma della palese infondatezza del suo ricorso.
Le Motivazioni: Perché la Richiesta dell’Imputato è Fondamentale
Il cuore della decisione risiede nella natura non automatica dell’istituto. La Cassazione ha stabilito che, affinché il giudice d’appello sia tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle nuove pene sostitutive, è indispensabile una richiesta in tal senso da parte dell’imputato.
I giudici hanno precisato che questa richiesta non deve necessariamente essere formalizzata nell’atto di appello originario o tramite “motivi nuovi” ai sensi dell’art. 585 c.p.p. Tuttavia, essa deve essere presentata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del processo d’appello. Citando un proprio precedente (Sez. 4, n. 4934 del 23/01/2024), la Corte ha ribadito che il silenzio dell’imputato su questo punto preclude al giudice qualsiasi valutazione nel merito. Nel caso di specie, non essendo stata formulata alcuna richiesta, il giudice d’appello non era tenuto ad affrontare la questione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
L’ordinanza ha una portata pratica di grande rilievo. Essa chiarisce che la Riforma Cartabia, pur introducendo istituti favorevoli all’imputato come le pene sostitutive, non solleva la difesa dall’onere di attivarsi per ottenerne l’applicazione. Gli avvocati devono quindi agire proattivamente, presentando una richiesta esplicita e tempestiva per conto dei loro assistiti. Attendere un intervento d’ufficio del giudice non solo è infruttuoso, ma, come dimostra questo caso, può portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La strategia difensiva deve quindi includere, ove ne ricorrano i presupposti, una chiara e puntuale istanza per la sostituzione della pena detentiva.
Il giudice d’appello deve applicare d’ufficio le pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello non è tenuto ad applicare d’ufficio le pene sostitutive. La loro valutazione è subordinata a una specifica richiesta da parte dell’imputato.
Entro quale momento l’imputato deve formulare la richiesta per le pene sostitutive in appello?
La richiesta deve intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del processo d’appello. Non è necessario che sia contenuta nell’atto di gravame iniziale o in un atto di ‘motivi nuovi’.
Cosa succede se l’imputato non richiede esplicitamente l’applicazione delle pene sostitutive?
Se l’imputato non formula alcuna richiesta, il giudice non è tenuto a pronunciarsi sulla questione. Un eventuale ricorso per Cassazione basato su questa presunta omissione sarà dichiarato manifestamente infondato e inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44465 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44465 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 21/09/2002
avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Il denunciato vizio di violazione di legge per la mancata valutazione dell’applicazione ufficio delle pene sostitutive di cui all’art.545-bis cod. proc. pen. in procedimento penden appello alla data di entrata in vigore della cd. Riforma Cartabia è manifestamente infondato Invero, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame o in sede di “motivi nuovi” ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., e che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione d’appello (Sez. 4, 4934 del 23/01/2024, Rv. 285751), richiesta che l’imputato non ha, nel caso in esame, formulato;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2024
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