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Pene Sostitutive: Lo stato di detenzione non basta

Un uomo, già detenuto per un reato e inserito in un percorso di risocializzazione, ha richiesto l’applicazione di pene sostitutive per un’altra condanna. Il tribunale ha respinto la richiesta a causa del suo stato di detenzione. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che lo status detentionis non è un ostacolo automatico. La Corte ha sottolineato che il giudice deve effettuare una valutazione completa e non contraddittoria sulla personalità del condannato e sull’idoneità delle pene sostitutive ai fini della rieducazione, senza delegare tale compito alla magistratura di sorveglianza.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: lo Stato di Detenzione non è un Ostacolo Automatico

Con la sentenza n. 20693 del 2024, la Corte di Cassazione affronta un’importante questione relativa all’applicazione delle pene sostitutive per chi si trova già in carcere per un’altra causa. La pronuncia chiarisce che lo status detentionis non può costituire, di per sé, un motivo sufficiente per negare l’accesso a misure alternative, ribadendo la necessità di una valutazione approfondita e non contraddittoria da parte del giudice dell’esecuzione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Sostituzione della Pena

Il caso riguarda un individuo condannato a una pena detentiva, divenuta definitiva nell’aprile 2023. Avvalendosi delle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia), l’interessato presentava istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità o la detenzione domiciliare. Al momento della richiesta, il soggetto era già detenuto in espiazione di un’altra pena definitiva.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza. La decisione si basava principalmente su due argomenti:
1. La commissione, in passato, di un altro reato (un furto con strappo) da parte del condannato.
2. La circostanza che, essendo già detenuto, ogni valutazione sul suo percorso di reinserimento sociale dovesse essere di competenza esclusiva del Tribunale di sorveglianza.

Secondo il giudice, lo stato detentivo, seppur caratterizzato da elementi positivi come l’autorizzazione al lavoro esterno e la fruizione di permessi premio, non dimostrava una “piena meritevolezza” per forme di espiazione alternative.

Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge e la contraddittorietà della motivazione. In particolare, si evidenziava come il giudice avesse trascurato il progredito percorso risocializzante del suo assistito e avesse erroneamente ritenuto ostativo lo stato di detenzione.

Pene Sostitutive e Stato di Detenzione: L’Analisi della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando gli atti al Tribunale di Roma per un nuovo esame. La sentenza offre chiarimenti fondamentali sull’applicazione delle pene sostitutive.

L’irrilevanza dello “Status Detentionis”

Il punto centrale della decisione è l’affermazione secondo cui lo stato di detenzione non è una condizione ostativa all’applicazione di pene sostitutive per un’altra condanna. La Corte richiama specifiche disposizioni della Legge n. 689/1981 (artt. 62 e 63), le quali prevedono esplicitamente le procedure da seguire qualora il condannato sia già detenuto. In tali casi, la pena sostitutiva inizia a decorrere semplicemente dal giorno successivo alla dimissione dall’istituto penitenziario.

Pertanto, negare la sostituzione basandosi unicamente sullo status detentionis costituisce un errore di diritto.

Il Vizio di Motivazione: Contraddittorietà e Automatismo

La Cassazione ha inoltre censurato la motivazione dell’ordinanza impugnata, ritenendola inadeguata e contraddittoria. Il giudice di merito, da un lato, aveva valorizzato in senso negativo la commissione di un altro reato, ma, dall’altro, aveva dato atto del positivo percorso di risocializzazione del condannato, testimoniato dall’ammissione al lavoro esterno e ai permessi premio.

Questa contraddizione rivela l’assenza di un’effettiva e bilanciata valutazione prognostica. Il giudice, infatti, non può limitarsi a un automatismo (detenuto = diniego), ma deve condurre un’analisi approfondita, basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale, per stabilire se le sanzioni sostitutive siano idonee a promuovere la rieducazione e a prevenire la commissione di nuovi reati.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sul principio che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di valutare ogni strumento offerto dall’ordinamento per perseguire l’opera rieducativa del condannato. Declinare la propria competenza a favore della magistratura di sorveglianza, come fatto dal Tribunale, rappresenta un’erronea interpretazione delle rispettive funzioni. Il giudizio sull’applicabilità delle pene sostitutive è autonomo e deve essere svolto dal giudice dell’esecuzione, che deve considerare tutti gli elementi a disposizione, sia positivi che negativi, per formulare un giudizio prognostico completo sulla personalità del reo e sulla sua affidabilità.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce due principi di diritto cruciali. Primo, essere detenuti per un’altra causa non impedisce di per sé la concessione delle pene sostitutive per una diversa condanna. Secondo, il diniego di tali misure non può basarsi su automatismi o motivazioni contraddittorie, ma deve scaturire da un’attenta e personalizzata valutazione prognostica. La decisione deve bilanciare tutti gli aspetti della personalità del condannato e del suo percorso, spiegando in modo logico perché, nel caso specifico, le misure alternative non siano ritenute idonee a raggiungere le finalità rieducative e di prevenzione previste dalla legge.

Lo stato di detenzione per un reato impedisce di ottenere pene sostitutive per un’altra condanna?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo status detentionis non è di per sé una condizione ostativa. La legge prevede specifiche procedure per questi casi, stabilendo che la pena sostitutiva inizi a decorrere dal giorno successivo alla dimissione dal carcere.

Che tipo di valutazione deve compiere il giudice per concedere le pene sostitutive?
Il giudice deve svolgere un giudizio prognostico completo e approfondito, basato sui criteri dell’art. 133 del codice penale. Deve valutare se le pene sostitutive siano più idonee alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di nuovi reati, considerando tutti gli elementi della sua personalità e del suo percorso, senza basarsi su automatismi.

Perché la decisione del Tribunale è stata considerata contraddittoria?
La decisione è stata ritenuta contraddittoria perché, da un lato, ha usato come elemento negativo la commissione di un altro reato, ma dall’altro ha riconosciuto l’esistenza di un percorso di risocializzazione positivo, evidenziato dalla concessione del lavoro esterno e dei permessi premio, senza però bilanciare adeguatamente questi due aspetti opposti nella sua valutazione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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