Pene Sostitutive: la Discrezionalità del Giudice è Sovrana
L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia ha rappresentato una significativa novità nel panorama sanzionatorio italiano, offrendo alternative alla detenzione per reati di minore gravità. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7753/2024) ci ricorda un principio fondamentale: l’applicazione di tali pene non è un diritto automatico per l’imputato, ma rientra nella piena valutazione discrezionale del giudice. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto in concorso, aggravato da diverse circostanze. La sentenza, emessa in primo grado dal Tribunale di Napoli Nord, era stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Napoli. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e le Pene Sostitutive
Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su tre argomenti principali:
1. Mancata applicazione delle pene sostitutive: Il primo e più rilevante motivo contestava il diniego, da parte dei giudici di merito, di sostituire la pena detentiva con una delle sanzioni alternative previste dalla Riforma Cartabia. Secondo la difesa, tale decisione era immotivata.
2. Sussistenza dell’aggravante: Il secondo motivo lamentava una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo al riconoscimento della circostanza aggravante di aver commesso il fatto in presenza di tre o più persone (art. 625 n. 5 c.p.).
3. Comparazione delle circostanze: Infine, il terzo motivo criticava il giudizio di equivalenza operato dalla Corte d’Appello tra le circostanze aggravanti contestate e le attenuanti generiche riconosciute.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi, ritenendoli tutti manifestamente infondati e, di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa. Sul primo motivo, quello cruciale relativo alle pene sostitutive, ha affermato un principio consolidato: la sostituzione della pena detentiva non è un diritto dell’imputato. Si tratta, invece, di una facoltà che rientra nel potere discrezionale del giudice. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri dell’art. 133 del codice penale, che impongono di considerare le modalità del fatto e la personalità del condannato. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva congruamente motivato il diniego, evidenziando il “contesto profondamente malavitoso” in cui le condotte erano maturate, rendendo inadeguata una pena sostitutiva.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione lo ha etichettato come generico e manifestamente infondato. La sentenza d’appello aveva già adeguatamente spiegato perché l’aggravante fosse presente, basandosi sulla sicura presenza di una terza persona. Il ricorso, su questo punto, si limitava a sollecitare una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.
Infine, anche il terzo motivo sul bilanciamento delle circostanze è stato respinto. La Corte ha ribadito che il giudizio di comparazione è una valutazione tipica del giudice di merito. Può essere censurato in Cassazione solo se frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa che non è avvenuta nel caso di specie, dove la scelta dell’equivalenza era stata giustificata come la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre spunti di riflessione di grande importanza pratica. In primo luogo, consolida l’idea che l’accesso alle pene sostitutive non è un automatismo. La difesa deve argomentare in modo convincente perché, nel caso specifico, una sanzione alternativa sia più adatta a realizzare le finalità rieducative della pena, tenendo conto della gravità del reato e della personalità dell’imputato. In secondo luogo, la decisione ribadisce i limiti invalicabili del ricorso in Cassazione: non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare i fatti e le prove. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella, incensurabile, del giudice di merito.
L’applicazione delle pene sostitutive è un diritto dell’imputato?
No, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce un diritto dell’imputato, ma rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per contestare una circostanza aggravante?
No, non è consentito in sede di legittimità sollecitare una semplice rivalutazione del materiale probatorio, la cui elaborazione è di competenza esclusiva del giudice del merito.
Il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti può essere contestato in Cassazione?
Sì, ma solo qualora sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico. Non è sufficiente che la difesa non condivida la soluzione adottata dal giudice di merito se questa è sorretta da una motivazione sufficiente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7753 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che ricorre COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che ha confermato la pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Napoli Nord, con la quale l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di tentato furto in concorso di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e n. 5, 61 n. 6 cod. pen., di cui agli artt. 110 e 707 cod. pe di cui agli artt. 385 e 61 n. 2 cod. pen.;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denunzia un vizio di inosservanza della legge penale e di norme processuali previste a pena di invalidità, in relazione alla esclusione della applicazione delle pene sostitutive previste dalla c.d. riforma Cartabia – non è consentito in sede di legittimità e risulta manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce diritto dell’imputato ma rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice. Invero, in riferimento alle citate sanzioni, questa Corte ha precisato che «la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condanNOME» (ex nnultis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558 – 01); che la sentenza impugnata – pag. 7 – ha congruamente motivato il diniego della sostituzione, avuto riguardo al contesto profondamente malavitoso in cui le condotte sono maturate;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso con cui si lamenta mancanza della motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 5 cod. pen. – è generico – perché meramente riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e respinte dalla pronuncia della Corte territoriale (pag. 5) – e manifestamente infondato, dal momento che la sentenza impugnata ha pianamente motivato e argomentato in relazione alla sicura presenza di una terza persona nella consumazione del reato di furto e che non sono consentite, in questa sede, sollecitazioni volte alla semplice rivalutazione del materiale probatorio, la cui elaborazione è di competenza esclusiva del giudice del merito;
Osservato che il terzo motivo, che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzar l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda pag. 6 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso i1,07 febbraio 2024
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Il consijrestensore
Il Presidente