Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 392 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 392 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a SIRACUSA il 14/08/1979
avverso l’ordinanza del 21/04/2023 del GIP TRIBUNALE di ROMA udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21/4/2023 il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma ha assunto le seguenti determinazioni in ordine alla richiesta del Pubblico ministero di rideterminare la pena applicata a NOME COGNOME a seguito del cumulo tra la sentenza del GUP di Roma n. 280 del 21/2/2023, che aveva condannato l’imputato alla pena complessiva di anni 2, mesi 9 e giorni 15 di reclusione, pena comprensiva della continuazione (15 giorni) con quella di cui alla sentenza del GIP di Roma n. 342 del 15/2/2019, e sostituita con la sanzione del lavoro di pubblica utilità, e la sentenza del GIP di Roma n. 710 del 16/3/2022 di condanna alla pena di mesi 6 di reclusione, così rideterminata in continuazione alle precedenti.
Constatato che il cumulo di pene comportava la pena complessiva di anni 3, mesi 3,giorni 15 di reclusione, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che era stato oltrepassato il limite di tre anni per l’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56 bis L. n. 689 del 1981, come modificato dal D. Lgs. n. 150 del 2022; ha altresì rilevato che la difesa del condannato aveva omesso di chiedere il calcolo cumulativo nei due procedimenti in cui è stata chiesta la continuazione. Pertanto, rideterminata la pena nell’indicata quantità, il giudice dell’esecuzione ha revocato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità applicata con la sentenza n. 342 del 2019.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori del condannato, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOMEavento, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 648 cod. proc. pen. e agli artt. 66 e 72 L. 24 novembre 1981 n. 689, come modificati dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cosiddetta Riforma Cartabia).
Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto revocare la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, in quanto applicata con sentenza ormai irrevocabile, qualità che sana persino le nullità assolute.
La revoca in sede esecutiva poteva avvenire soltanto nei casi tassativi previsti dalla legge: 1) art. 66 L. n. 689 del 1981 – revoca per inosservanza delle prescrizioni; 2) art. 72 legge cit. – ipotesi di responsabilità penale e revoca.
Trattasi di ipotesi entrambe insussistenti nella vicenda esecutiva del COGNOME, il quale non ha integrato alcuna violazione degli obblighi derivanti dalla pena sostitutiva in corso di esecuzione, né ha riportato condanna a pena detentiva per delitto commesso in costanza di detta sanzione.
Risulta quindi violato il principio generale per cui il trattamento sanzionatorio determinato dal giudice dell’esecuzione non può essere più afflittivo di
quello stabilito dal giudice della cognizione (Sez. 1, n. 534 del 10/12/2018, dep. 2019, COGNOME Rv. 276157)
2.2. Nel secondo motivo si deduce violazione degli artt. 53 e 70 della Legge n. 689 del 1981, come modificata dal D. Lgs n. 150 del 2022.
Erroneamente il giudice dell’esecuzione ha rifiutato di occuparsi del calcolo del presofferto, ritenendo che ciò competesse al Pubblico ministero in fase di emissione dell’ordine di esecuzione. Al contrario, l’art. 657, comma 3, cod. proc. pen. prevede che «Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il condannato può chiedere al pubblico ministero o, in caso di condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, al giudice che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della pena sostitutiva da eseguire; nei casi previsti dal comma 2, può altresì chiedere che le pene sostitutive espiate siano computate nelle pene sostitutive da eseguire per altro reato.».
Ne consegue un’evidente violazione di legge che ha avuto riflessi negativi per il COGNOME, in quanto – non sottraendo il periodo presorferto nei termini di ragguaglio, come aveva espressamente richiesto la difesa nella memoria del 29/3/2023 – il giudice dell’esecuzione ha omesso di rilevare che la pena ancora da eseguire è addirittura inferiore a quella applicata con la sentenza n. 280 del 2023, senz’altro inferiore a tre anni di reclusione.
Inoltre, si denuncia inosservanza dell’art. 70, commi 2 e 3, Legge n. 689 del 1981, come modificata dalla riforma Cartabia, nella parte in cui prevede che sia ostativo soltanto il cumulo di pene sostituite eccedente quattro anni di reclusione.
2.3. Ulteriormente si denuncia la violazione degli arl:t. 663, 656 e 657 cod. proc. pen. per non avere il giudice dell’esecuzione motivato alcunché in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’incidente di esecuzione proposto dal Pubblico ministero, il quale non aveva emesso alcun ordine di esecuzione, con il calcolo del presofferto, della pena scontata dal 21/2/2023 all’attualità, con riferimento alla sentenza n. 710 del 2022 ed alla pena ivi irrogata (mesi 6 di reclusione), il cui ordine di carcerazione sospeso non è mai stato notificato né al condannato né ai difensori.
2.4. Infine, si deduce nuovamente violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla revoca della pena sostitutiva al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge, violando il principio dell’intangibilità del giudicato, e per di più allorché il programma rieducativo era in corso con esiti positivi, come documentato dalla RAGIONE_SOCIALE, presso la quale si svolge il lavoro di pubblica utilità del Calafiore.
Detta pena sostitutiva, iniziata il 21/2/2023, è stata espletata nel pieno rispetto delle prescrizioni fino all’ordinanza di revoca del 21/4/2023.
È stata altresì segnalata l’erronea notificazione al Calafiore dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale presso lo studio/pec del difensore, nonostante non vi fosse in atti alcuna elezione di domicilio inerente al giudizio di esecuzione.
2.5. Con memoria trasmessa digitalmente in data 23/10/2023, la difesa del COGNOME ha ribadito le argomentazioni del ricorso, allegando la relazione dell’UEPE di Roma sull’andamento del primo semestre di applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei seguenti termini.
1.1. L’art. 70 L. n. 689 del 1981, come modificato dalla riforma Carta.bia, prevede che, se più reati importano pene sostitutive, anche diverse, e il cumulo delle pene sostituite non eccede quattro anni, si applicano le singole pene sostitutive distintamente, anche oltre i limiti dell’art. 53 per la pena pecuniaria e per il lavoro di pubblica utilità. Al terzo comma si prevede che, se il cumulo delle pene detentive sostituite eccede complessivamente la durata di quattro anni, si applica per intero la pena sostituita, salvo che la pena residua da eseguire sia pari o inferiore ad anni quattro.
1.2. Era dunque rilevante, nella specie, operare il calcolo del presofferto con applicazione dei criteri di ragguaglio, e verificare se con l’ulteriore condanna a sei mesi di reclusione si fosse oltrepassato questo termine quadriennale.
Il giudice dell’esecuzione non ha inteso operare in tal senso, affermando trattarsi di una competenza del Pubblico ministero, mentre l’art. 657, comma 3, cod. proc. pen. prevede espressamente che sia il giudice ad occuparsi di ciò in caso di condanna al lavoro di pubblica utilità sostitutivo.
Peraltro, il limite in caso di cumulo delle pene è di quattro anni, e non di tre, come si afferma nell’impugnata ordinanza; né ricorre nella specie alcuna delle ipotesi previste dalla legge per la revoca della pena sostitutiva de qua.
1.3. I limiti dell’intervento giudiziale sono espressamente prescritti dalla citata disposizione, così come, di converso, l’art. 657, comma 3, cod. proc. pen. prescrive che «Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il condannato può chiedere al pubblico ministero o, in caso di condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, al giudice che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della pena sostitutiva da eseguire; nei casi previsti dal comma 2,
può altresì chiedere che le pene sostitutive espiate siano computate nelle pene sostitutive da eseguire per altro reato.».
Tali essendo i margini operativi del giudice, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al giudice dell’esecuzione per verificare se il cumulo delle pene possa – operati i ragguagli – rientrare nel limite di cui all’art. 70 L. n. 689 del 1981, ovvero se ne discosti, trattandosi in ogni caso di una specifica competenza del giudice, a mente dell’art. 657, c:omma 3, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.
Così deciso il giorno 9 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente