Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38435 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38435 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Patti avverso l’ordinanza del Tribunale di Patti del 7.2.2024 nel procedimento di esecuzione promosso da COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 7.2.2024, il Tribunale di Patti, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto, in accoglimento di una richiesta presentata nell’interesse di COGNOME NOME, la sostituzione della pena di anni quattro di reclusione, inflitta all’istante con la sentenza del Tribunale di Patti in data 27.1.2021 (irrevocabile 1’11.7.2023), con la detenzione domiciliare di pari durata. Al contempo, ha dichiarato, su istanza della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Messina, la revoca della sospensione condizionale della pena concessa
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a NOME con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 14.3.2019 (irrevocabile il 28.7.2019) di condanna alla pena di mesi tre di reclusione, e ciò in applicazione del disposto dell’art. 168, comma 1, n. 2) cod. pen.
Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica di Patti, articolando un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 656 e 663 cod. proc. pen., 95 D.Lgs. n. 150 del 2022.
Lamenta che il giudice dell’esecuzione abbia errato a concedere la sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare prima di procedere alla revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 2019. Invece, il Tribunale avrebbe dovuto dapprima disporre la predetta revoca della sospensione condizionale, poi procedere al cumulo delle due pene ex art. 663 cod. proc. pen. (quella della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria con quella della sentenza del Tribunale di Patti del 2021) e, perciò, in ragione del superamento del limite massimo di pena previsto per la concessione della sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare, rigettare la relativa richiesta presentata da COGNOME.
Con requisitoria scritta del 30.4.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso, in quanto il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto considerare, come pena finale ai fini del calcolo dei quattro anni previsti come limite per la sostituzione di pena, quella risultante dalla sommatoria di entrambe le condanne, atteso che l’interpretazione letterale e logica dell’ultima parte dell’art. 53 Legge n. 689 del 1981 (“ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate le pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’art. 81 del codice penale”), sta a significare che il limite di pena va calcolato tenendo conto della pena complessiva da espiare, e non di una pena frammentata nelle sue varie componenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come già accennato, il Tribunale di Patti è intervenuto quale giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 95 D.Lgs. n. 150 del 2022, per provvedere sull’istanza di applicazione della pena sostitutiva, presentata da COGNOME in relazione ad una sentenza di condanna non ancora irrevocabile all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022.
Ora, deve tenersi presente, al riguardo, che la nuova disciplina delle pene sostitutive (art. 20 bis cod. pen. e artt. 53 e ss. legge n. 689 del 1981) trova la sua naturale collocazione nel giudizio di cognizione e che l’attribuzione di competenza al giudice della esecuzione (nei sensi descritti dall’art. 95 del D.Lgs. n. 150 del 2022) è avvenuta principalmente in ragione della necessità di rendere applicabili le nuove e più favorevoli disposizioni di diritto sostanziale a tutti i cas in cui alla data del 30 dicembre 2022 non si era formato il giudicato. Pertanto, le istanze rivolte ai sensi della disciplina transitoria al giudice della esecuzione sono da qualificarsi come una ‘appendice’ del giudizio di cognizione (così, Sez. 1, n. 13133 del 7/12/2023, dep. 2024, Rv. 286129 – 01).
Ciò premesso, il giudice della cognizione – ed è da ritenersi tale, per quanto appena osservato, anche il giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 95 citato decide sempre in via autonoma nell’ambito del ‘proprio’ giudizio, lì dove sussistano i presupposti di legge per l’accoglimento della domanda (limite di pena per il reato oggetto di giudizio e adeguatezza della pena sostitutiva ai sensi dell’art. 58), e soltanto in un secondo momento (la sede esecutiva in senso proprio) può porsi un problema di coesistenza di più titoli, che va risolto secondo le disposizioni di cui all’art. 70 Legge n. 689 del 1981.
Dunque, in un caso come quello di specie non viene in questione il problema del cumulo della pena, tipico della fase esecutiva (e, dunque, è infine irrilevante che il giudice dell’esecuzione non abbia prima proceduto alla revoca della sospensione condizionale della pena, ciò che avrebbe determinato il superamento del limite dei quattro anni per la detenzione domiciliare, ma solo per effetto del cumulo di pene inflitte con sentenze diverse, che riguarda tuttavia una fase altra e successiva rispetto alla opzione per la eventuale sostituzione della pena affidata al giudice della cognizione).
E’ stato affermato, a tal proposito, che, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il giudice dell’esecuzione, per verificare la sostituibilità della pena, deve far riferimento, in relazione al limite massimo di quattro anni, a quella complessivamente inflitta in sede di cognizione, e non a quella residua da espiare, dopo il passaggio in giudicato, a seguito delle eventuali operazioni di calcolo di cui agli artt. 657 e 663 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1776 del 20/10/2023, dep. 2024, Rv. 285836 – 02).
Il limite di pena sostituibile, cioè, va riferito alla pena concretamente, e conclusivamente, irrogata dal giudice della cognizione, quale risultante all’esito della commisurazione giudiziale.
Lo spettro di valutazione è logicamente dipendente dalla prospettiva di giudizio propria della sede di cognizione, che, dopo l’accertamento del reato, è strettamente funzionale alla più adeguata definizione, all’interno della cornice
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legale di riferimento, della risposta sanzionatoria al reato medesimo pertinente. Ogni altra considerazione, a tale definizione non funzionale, resta al di fuori dell’apprezzamento giudiziale, sicché il giudice procedente non dovrà tener conto, se l’imputato è già censurato, dell’eventuale concorrenza di titoli, e della pena complessiva all’esito risultante. La concorrenza dei titoli assume rilevanza, a sostituzione di pena avvenuta, solo in sede esecutiva: l’intervento del giudice dell’esecuzione, previsto dall’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, riveste infatti tutt’altr scopo e la conseguente latitudine deliberativa è la medesima che, a regime, sarebbe spettata al giudice di cognizione (in tal senso, ancora Sez. 1, n. 1776 del 20/10/2023, dep. 2024, sopra citata).
Va solo aggiunto, infine, non è da ritenersi conferente il passaggio della requisitoria del Sostituto Procuratore generale, che evidenzia, a sostegno delle ragioni del ricorrente, il richiamo, contenuto nell’art. 53 L. 689/81, all’art. 81 cod. pen. (“ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate le pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’art. 81 del codice penale”): si tratta di un rinvio che si riferisce evidentemente ai reati oggetto del giudizio di cognizione, nel quale è stata emessa la pena da sostituire, e non ai reati già oggetto di precedenti e distinte sentenze irrevocabili.
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Trattandosi di ricorso proposto dalla parte pubblica, il suo rigetto non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 7.6.2024