Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11194 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a LORETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
udito il difensore Trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
1. NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 28 febbraio 2023 con la quale, in parziale riforma della sentenza resa il 10 dicembre 2020 dal Tribunale di Ancona all’esito di giudizio abbreviato, è stato condanNOME alla pena finale di mesi dieci di reclusione, in ordine al reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, commesso il 26 giugno 2019, posta in continuazione con il medesimo reato, commesso il 26 giugno 2016 e giudicato dal Tribunale di Ancona con sentenza del 26 marzo 2019, definitiva il 27 settembre 2019.
2. Il ricorrente denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 95 d.lgs. 10 ottobr 2022, n. 150, e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello, pur ricorrendone i presupposti, non avrebbe assolto al compito di valutare la sussistenza o meno dei modelli sanzioNOMEri diversi dalla pena detentiva classica, notiziando in tal senso le parti processuali attraverso l’avviso preventivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere in diritto che l’art. 9.5 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum normativo introdotto dalla c.d. riforma Cartabia in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso all’entrata in vigore della disciplina normativa (30 dicembre 2022) che si trovino in primo grado e in appello.
Per cui, ad essi risulta applicabile anche l’art. 545-bis cod. proc. pen., il cui comma 1 stabilisce che «quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura “bifasica”).
L’art. 58 legge n. 689 del 1982 (rubricato “potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, stabilisce al primo comma che «il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non
ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condanNOME e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condanNOME».
A sua volta, l’art. 20-bis cod. pen. indica che le pene sostitutive (la cui disciplina è declinata nella richiamata legge n. 689 del 1981) sono: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva.
Ciò premesso, rileva il Collegio che, sulla base della disciplina normativa sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce diritto dell’imputato ma – così come si è pacificamente ritenuto in riferimento alle sanzioni sostitutive disciplinate dall’originario art. 53 legge n 689 del 1981 – rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati.
Sul punto, si evidenzia che, in riferimento alle predette sanzioni, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condanNOME (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558).
Tale principio è trasponibile anche alle nuove pene sostitutive, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
Pertanto, in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, di cui all’art. 20bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090).
Nel caso di specie, l’imputato non aveva formulato alcuna richiesta in tal senso nel suo atto di appello né con atto successivo, sicché non poteva essere applicata alcuna sanzione sostitutiva sopra indicata e il ricorso, quindi, deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/12/2023