Pene Sostitutive in Appello: L’Importanza di una Richiesta Esplicita
L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia ha rappresentato una svolta significativa nel sistema sanzionatorio penale, offrendo alternative concrete alla detenzione breve. Tuttavia, l’accesso a questi benefici non è automatico e richiede il rispetto di precisi oneri procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per ottenere le pene sostitutive in appello, è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.
Il Contesto del Ricorso: Resistenza e Mancata Richiesta
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che confermava la sua condanna per il reato di resistenza a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale.
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali motivi:
1. Una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. La mancata concessione di una pena sostitutiva della pena detentiva, in violazione dell’art. 20-bis del codice penale.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali su entrambi i fronti, ma con un’attenzione particolare alla questione procedurale legata alle pene sostitutive.
L’Analisi della Cassazione sui Motivi di Ricorso
La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive evidenziando vizi procedurali che ne hanno precluso l’esame nel merito.
La Genericità del Primo Motivo
Il primo motivo, relativo alla colpevolezza, è stato liquidato come inammissibile perché non rappresentava una critica concreta e specifica alla sentenza d’appello. Secondo i giudici, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi efficacemente con le ragioni logiche e giuridiche esposte dalla Corte territoriale. Questo atteggiamento rende il motivo di ricorso non specifico, ma solo apparente, violando i requisiti imposti dal codice di procedura penale.
Il Principio Decisivo sulle Pene Sostitutive
Il secondo motivo, cuore della pronuncia, è stato giudicato manifestamente infondato. L’imputato lamentava che il giudice d’appello non avesse applicato le nuove pene sostitutive. La Cassazione ha però richiamato la sua consolidata giurisprudenza, formatasi all’indomani della Riforma Cartabia, per chiarire un punto essenziale. In base alla disciplina transitoria, affinché il giudice di appello possa pronunciarsi sull’applicabilità delle nuove sanzioni, è necessaria una richiesta esplicita da parte dell’imputato.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che tale richiesta non deve obbligatoriamente essere inserita nell’atto di gravame iniziale o in motivi nuovi, ma deve comunque pervenire al giudice al più tardi nel corso dell’udienza di discussione d’appello. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che l’imputato non aveva mai formulato tale richiesta. L’applicazione delle pene sostitutive non è un dovere d’ufficio del giudice, ma un diritto dell’imputato che deve essere esercitato attraverso un’esplicita manifestazione di volontà. La mancata richiesta ha quindi reso impossibile per il giudice di secondo grado anche solo valutare la concessione del beneficio.
Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione pratica di fondamentale importanza per la difesa tecnica. L’accesso ai benefici previsti dalla legge, come le pene sostitutive, è subordinato non solo alla sussistenza dei requisiti sostanziali, ma anche al rigoroso rispetto degli oneri procedurali. La pronuncia conferma che la passività processuale può costare cara: per beneficiare delle alternative al carcere introdotte dalla Riforma Cartabia, è imperativo che la difesa si attivi e presenti una formale e tempestiva richiesta al giudice competente. In assenza di tale iniziativa, la possibilità di evitare la detenzione, anche quando teoricamente possibile, svanisce.
È possibile ottenere le pene sostitutive in appello senza farne esplicita richiesta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è necessaria una richiesta in tal senso da parte dell’imputato, da formulare al più tardi nel corso dell’udienza di discussione d’appello.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché è stato ritenuto una mera reiterazione dei motivi già presentati e respinti in appello, senza un confronto critico e specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34877 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34877 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BARLETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., non è consentito dalla legge in questa sede, poiché non risulta connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione e, dunque, non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si vedano le pagg. 2-3 della sentenza impugnata ove, con corretti argomenti logici e giuridici, il giudice di appello ha ritenuto pienamente integrati gli elementi costitutivi del delitto ascritto all’odierno ricorrente in aderenza alle risultanze processuali);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata concessione di una pena sostitutiva della pena detentiva ai sensi dell’art. 20 -bis cod. pen. è manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame o in sede di “motivi nuovi” ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione d’appello» (Sez. 2, n. 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017 – 0; Sez. 4, n. 4934 del 23/01/2024, COGNOME, Rv. 285751 – 01); la Corte d’Appello ha congruamente evidenziato che nella specie difettava la richiesta dell’imputato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 luglio 2025.