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Pene sostitutive: la richiesta è necessaria in appello

Un uomo, condannato per truffa telematica, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un principio fondamentale: le pene sostitutive non sono un diritto automatico ma devono essere oggetto di una richiesta esplicita da parte dell’imputato durante il processo d’appello. In assenza di tale istanza, il giudice non è tenuto a considerare la loro applicazione.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: La Cassazione Sottolinea l’Onere della Richiesta in Appello

Con la recente sentenza n. 4773/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sull’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione sottolinea che, affinché il giudice d’appello possa valutare la concessione di queste misure alternative al carcere, è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Truffa Telematica

Il caso trae origine da una condanna per truffa aggravata dall’uso di mezzi telematici e sostituzione di persona. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver utilizzato indebitamente l’indirizzo di posta elettronica di una società per ingannare un cliente di quest’ultima. Attraverso artifici e raggiri, aveva indotto il cliente a effettuare un bonifico su un conto corrente a lui riconducibile, causando un danno economico alla società. La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la condanna a due anni e due mesi di reclusione e 1200 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su diversi motivi. Tra questi, spiccava la censura relativa alla mancata applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, introdotte dalla cosiddetta “Riforma Cartabia” (D.Lgs. n. 150/2022). La difesa sosteneva che, essendo la nuova disciplina più favorevole, il giudice d’appello avrebbe dovuto prenderla in considerazione, anche se l’appello era stato presentato prima dell’entrata in vigore della riforma.

La Decisione della Corte: l’Importanza della Richiesta di Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. Per quanto riguarda la questione delle pene sostitutive, i giudici hanno stabilito un principio procedurale di notevole importanza. Hanno confermato che la Riforma Cartabia è applicabile ai processi in corso, ma hanno precisato che la sostituzione della pena non è un diritto che scatta automaticamente. Al contrario, essa rientra nella valutazione discrezionale del giudice, che però deve essere sollecitata da una specifica istanza dell’imputato.

Nel caso di specie, il processo d’appello si è svolto con il rito del contraddittorio scritto. La Corte ha spiegato che, sebbene i motivi d’appello fossero stati presentati prima dell’entrata in vigore della riforma, l’imputato avrebbe potuto e dovuto formulare la richiesta di applicazione delle pene sostitutive nelle conclusioni scritte depositate in vista dell’udienza. Poiché tale richiesta non è mai stata presentata, il giudice d’appello non aveva alcun obbligo di motivare la mancata concessione di tali pene.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato, ora esteso alle nuove pene introdotte dalla Riforma Cartabia: la concessione di pene alternative alla detenzione è subordinata a una valutazione giudiziale ancorata a parametri specifici, come quelli dell’art. 133 del codice penale. Questo processo valutativo, tuttavia, non si attiva d’ufficio. È onere della parte interessata, ovvero l’imputato, presentare una richiesta chiara e tempestiva. La sentenza ribadisce che, senza una richiesta formulata nei motivi di appello o, al più tardi, nell’udienza di discussione (o nelle conclusioni scritte che la sostituiscono), non sussiste alcun obbligo per il giudice di secondo grado di pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti per la sostituzione della pena.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’indicazione pratica fondamentale per la difesa tecnica. Dimostra che l’entrata in vigore di una normativa più favorevole non è sufficiente a garantirne l’applicazione. È necessario un comportamento processuale attivo e diligente. Gli avvocati devono formulare esplicitamente le richieste relative all’applicazione delle pene sostitutive nei momenti processuali opportuni, anche in corso di giudizio, per non precludere ai propri assistiti la possibilità di beneficiare di misure alternative alla detenzione. La passività processuale, come evidenziato in questo caso, equivale a una rinuncia a far valere un proprio potenziale diritto.

La Riforma Cartabia si applica ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che le nuove norme sulle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia si applicano anche ai processi che erano già in corso in primo grado o in appello alla data di entrata in vigore della disciplina (30 dicembre 2022).

Il giudice d’appello deve applicare d’ufficio le nuove pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia?
No. La sentenza chiarisce che la sostituzione della pena non è un diritto automatico dell’imputato, ma rientra nella valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione, però, deve essere attivata da una richiesta esplicita da parte dell’imputato o del suo difensore.

In un processo d’appello con rito scritto, quando deve essere presentata la richiesta di applicazione delle pene sostitutive?
La richiesta deve essere formulata al più tardi nelle conclusioni scritte presentate in vista dell’udienza di definizione del giudizio di appello. Se l’imputato non presenta tale richiesta, il motivo di ricorso basato sulla mancata applicazione delle pene sostitutive è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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