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Pene sostitutive: la recidiva blocca la conversione

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza che aveva concesso le pene sostitutive, nella forma del lavoro di pubblica utilità, a un condannato, ignorando la sua recidiva reiterata e specifica. La Corte ha stabilito che la valutazione della personalità del reo, essenziale per la concessione delle pene sostitutive, non può prescindere da un elemento così significativo come la recidiva. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova e più approfondita valutazione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Recidiva: La Cassazione Annulla la Conversione della Pena

La recente riforma del processo penale ha profondamente innovato l’istituto delle pene sostitutive, ampliandone l’applicazione con l’obiettivo di favorire percorsi di rieducazione alternativi al carcere. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo in chiaro un punto fondamentale: la concessione di tali benefici non può avvenire con leggerezza, soprattutto in presenza di una storia criminale significativa del condannato. La Corte ha infatti annullato un’ordinanza che aveva sostituito una pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità, senza considerare adeguatamente la recidiva dell’imputato.

I Fatti del Caso: Una Conversione Contestata

Il caso nasce dal ricorso del Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza del Tribunale. Quest’ultimo, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza di un condannato, sostituendo una pena di un anno e otto mesi di reclusione e 1.000 euro di multa con 1018 ore di lavoro di pubblica utilità. La condanna originaria era diventata definitiva per un furto commesso anni prima.

Il Procuratore ha impugnato la decisione, sostenendo che il giudice avesse errato nel non considerare un elemento cruciale: il condannato era gravato da una recidiva reiterata e specifica. Secondo l’accusa, questa circostanza indicava un’alta probabilità che il soggetto non avrebbe rispettato le prescrizioni della pena sostitutiva, rendendo la conversione inopportuna e contraria alla legge.

La Valutazione della Recidiva nelle Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore. I giudici supremi hanno ribadito che, sebbene la riforma Cartabia abbia potenziato le pene sostitutive, non ha eliminato la necessità per il giudice di compiere una valutazione completa e approfondita della personalità del condannato. L’obiettivo è sempre quello di scegliere la pena più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del reo.

L’errore del giudice dell’esecuzione è stato palese: nell’ordinanza impugnata veniva affermata l’assenza di recidiva, mentre agli atti risultava chiaramente che l’uomo era stato condannato con l’aggravante della recidiva reiterata e specifica. Questa omissione non è una semplice svista, ma un vizio che inficia l’intero ragionamento del giudice.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sull’articolo 58 della legge 689/1981, che impone al giudice di formulare una valutazione complessiva della personalità dell’autore del reato. Per fare ciò, si deve ricorrere ai criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, tra cui rientrano i precedenti penali e la condotta di vita del soggetto. Ignorare una recidiva qualificata, come quella presente nel caso di specie, significa omettere un dato fondamentale per prevedere se il condannato adempirà o meno agli obblighi della pena alternativa. Il Tribunale, indicando erroneamente l’assenza di recidiva, ha di fatto eluso questo obbligo di valutazione, basando la sua decisione su un presupposto fattuale errato. Di conseguenza, la sua valutazione sulla idoneità della pena sostitutiva è risultata priva di un fondamento logico e giuridico corretto.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di rigore per i giudici dell’esecuzione. La concessione delle pene sostitutive non è un automatismo, ma il risultato di un giudizio prognostico complesso. La recidiva, specialmente se reiterata e specifica, è un indice di pericolosità sociale e di una persistente inclinazione a delinquere che non può essere ignorato. La Corte, annullando con rinvio l’ordinanza, ha ordinato al Tribunale di procedere a una nuova valutazione, che tenga debitamente conto di questa circostanza aggravante. La decisione finale sulla concessione del beneficio dovrà quindi basarsi su un’analisi completa e veritiera della storia criminale e della personalità del condannato.

È possibile ottenere le pene sostitutive anche se si è recidivi?
La sentenza non lo esclude a priori, ma chiarisce che la recidiva, in particolare se reiterata e specifica, è un elemento cruciale che il giudice deve obbligatoriamente e attentamente considerare nella valutazione complessiva della personalità del condannato. Ignorarla costituisce un errore di diritto che invalida la decisione.

Quale errore ha commesso il Tribunale nel concedere il lavoro di pubblica utilità?
Il Tribunale ha commesso un errore di fatto, affermando nell’ordinanza che il condannato non fosse recidivo. In realtà, l’uomo aveva una condanna precedente con l’aggravante della recidiva reiterata e specifica. Questo errore ha viziato la valutazione sulla sua idoneità a beneficiare della pena sostitutiva.

Cosa succede ora nel procedimento?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al Tribunale per un nuovo giudizio. Il giudice del rinvio dovrà riesaminare la richiesta di conversione della pena, svolgendo una nuova e completa valutazione che tenga correttamente conto della circostanza della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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