Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11900 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CANONICA D’ADDA il 09/12/1961
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano, pronunciando in sede di rinvio, ha confermato la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Milano in data 18 febbraio 2021, per come riformata dalla Corte di appello di Milano, con sentenza del 12 gennaio 2023, che aveva rideterminato la pena in anni 3, mesi 2 e giorni venti di reclusione, nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 8 D.Lvo. n. 74 del 10 marzo 2000.
L’imputato propone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della L. 689/1981.
Il ricorso è manifestamente infondato. La sentenza di rinvio, in linea con la giurisprudenza recente di questa Corte di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 6564 del 18/02/2025; Sez.4 n. 6995 del 20/02/2025), ha statuito che, nell’ applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen. il giudice esercita un potere discrezionale, e, ove non ritenga che ricorrano le condizioni per la sostituzione della pena detentiva, non è tenuto a formulare l’avviso di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen.
NOME premesso, la Corte territoriale, in applicazione del principio esposto, ha ritenuto di non dover formulare alcun avviso considerando insussistenti i presupposti per l’applicazione di una pena sostitutiva.
La valutazione dei giudici di merito è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità, secondo cui la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, considerando, in primis, le modalità delle violazioni commesse e la personalità del condannato (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558-01): tanto anche in seguito alla riforma Cartabia (Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino,e Rv. 28509001, in motivazione), posto che l’attuale richiamo ai «fondati motivi» di omesso adempimento, che determinano il rigetto dell’istanza di sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge 689/1981, impone solo di soppesare adeguatamente gli elementi prognostici disponibili, portando all’adozione di forme sanzionatorie più consone alla finalità rieducativa del condannato e all’obiettivo di assicurare effettività alla pena (Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Rv. 286449-01), non certo ad escludere che si effettui la
detta prognosi anche in base alla sua personalità. Invero, l’art. 58 della medesima legge prevede che: «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». Si è dunque chiarito che il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, non può argomentare la prognosi negativa in ordine adempimento delle prescrizioni da parte dell’imputato facendo esclusivo riferimento ai suoi precedenti penali, ma può trarre elementi di valutazione dalla natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti. (Sez. 2 – n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348 – 01).
Al riguardo, la Corte territoriale rileva: 1) che la condanna riportata nel procedimento in trattazione riguarda plurime violazioni finanziarie perpetrate nel corso di quattro anni ( 2015/2018) con una evasione di imposta pari a milioni di euro; 2) che si tratta di violazioni gravi e reiterate, rivelatrici de indifferenza del ricorrente alla regole poste alla base del sistema fiscale, alla prevenzione della concorrenza sleale tra imprese nonché di altri reati quali il riciclaggio di denaro; 3) che dette condotte, unitamente ai plurimi precedenti penali del ricorrente, tra cui furto e ricettazione, delitto di cui all’ad.5 d. n.74/2000 e 368 cod. pen., rivelano una consolidata abitudine a tenere comportamenti ostativi e non collaborativi al regolare funzionamento dell’amministrazione dello Stato; 4) che, pertanto, detti elementi consentono di valutare sfavorevolmente la capacità del ricorrente di rispettare le prescrizioni connesse ad una eventuale pena sostitutiva.
Si tratta di una motivazione esaustiva e congrua, conforme ai principi e come tale non sindacabile in sede di legittimità.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 11 marzo 2025.