Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45912 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45912 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 22/06/1968
avverso l’ordinanza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Venezia, in qualità di giudice della esecuzione, con ordinanza in data 18 marzo 2024 rigettava l’istanza presentata nell’interesse di NOME Aca e volta ad ottenere l’applicazione, ex art. 95 D.Lgs 150/2022, nella fase esecutiva, di una pena sostitutiva.
Nel provvedimento impugnato la Corte territoriale faceva presente che la questione era già stata posta all’attenzione di questa Corte che, con sentenza del 30 gennaio 2024, aveva rigettato il ricorso.
Quanto, poi, all’applicabilità nel concreto del regime transitorio richiamato, cioè delle pene sostitutive da parte del giudice dell’esecuzione, rilevava come la richiesta dovese essere considerata tardiva, poiché – al momento dell’ entrata in vigore della norma – il procedimento non era ancora pendente avanti alla Corte di Cassazione.
La sentenza di appello, infatti, era stata pronunciata in data 15 maggio 2023 – qualche mese dopo l’entrata in vigore della normativa di riferimento – e, dunque, quella sarebbe stata la sede appropriata per chiedere l’applicazione delle pene sostitutive, potendo tale richiesta essere avanzata fino alla udienza di discussione dell’appello.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso il condannato, lamentando con unico motivo la violazione degli artt. 95 D.Lgs 150/2022, 20 bis cod.pen. e 545 bis cod proc pen.
Riteneva, infatti, il ricorrente che alla data del 30 dicembre 2022 il giudizio pendesse in Cassazione, benchè questa Corte con sentenza del 6 dicembre 2022 avesse annullato la precedente sentenza di appello e avesse rinviato gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è palesemente infondato.
Il ricorrente insiste a proporre un’interpretazione della norma che è in contrasto con il tenore letterale della medesima, nonché con la consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto.
Al momento della entrata in vigore della riforma di cui al D.Lgs L. 150/2022, infatti, il procedimento a carico del ricorrente era pendente ancora in grado di appello, a seguito della sentenza di annullamento di questa Corte del 6 dicembre 2022.
La Corte territoriale, dunque, era l’autorità cui il COGNOME avrebbe dovuto rivolgere la richiesta, come, del resto, è principio affermato da questa Corte e
richiamato anche nel provvedimento impugnato, secondo il quale «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame o in sede di “motivi nuovi” ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione d’appello». (Sez. 4 -, n. 4934 del 23/01/2024 Rv. 285751 – 01)
Del resto, l’art. 95 D.Lgs 150/2022 stabilisce un’ultrattività dell’istituto anche nella fase esecutiva, ma solo nel caso di procedimenti pendenti avanti alla Corte di Cassazione al 31 dicembre 2022 e che si siano poi conclusi con un provvedimento definitivo, tanto è vero che l’organo cui rivolgere la richiesta è il giudice dell’esecuzione.
Infatti, come statuito da questa Corte, ai fini dell’applicabilità del regime transitorio previsto, ex art. 95, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per le pene sostitutive delle pene detentive brevi, la pronuncia del dispositivo della sentenza di appello entro il 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del citato d.lgs., determina la pendenza del procedimento “innanzi la Corte di cassazione” e consente, quindi, al condannato, una volta formatosi il giudicato all’esito del giudizio di legittimità, di presentare l’istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 48579 del 11/10/2023 Cc. Rv. 285684 – 01).
E’ quindi necessario che si sia formato il giudicato, perché solo in tal modo viene investito di tale speciale competenza il giudice dell’esecuzione che, nel caso in esame non avrebbe potuto essere adito, poiché nessun giudicato si era ancora formato, essendo il procedimento pendente ancora in grado di appello e potendo, dunque, la richiesta essere rivolta alla Corte di Appello.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024