Pene sostitutive: il dovere del giudice di valutare le nuove norme
La recente Riforma Cartabia ha introdotto significative novità in materia di pene sostitutive, ampliando le possibilità per i condannati a pene detentive brevi di accedere a misure alternative al carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3116/2024) ha riaffermato un principio cruciale: il giudice d’appello ha il dovere di valutare la richiesta di applicazione di tali pene, anche se presentata per la prima volta in secondo grado, a seguito dell’entrata in vigore della nuova legge più favorevole. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.
I fatti del caso
Un imputato veniva condannato dalla Corte d’Appello di Bologna alla pena di dieci mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 495 e 385 del codice penale. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso in Cassazione, lamentando un unico, ma fondamentale, motivo: la totale omissione, da parte dei giudici d’appello, della valutazione della richiesta di applicazione di pene sostitutive.
In particolare, nelle conclusioni scritte depositate prima dell’udienza d’appello, la difesa aveva chiesto, in caso di conferma della condanna, di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità o, in subordine, con la detenzione domiciliare. A supporto della richiesta, era stata prodotta documentazione che attestava la disponibilità della madre dell’imputato ad accoglierlo presso la propria abitazione.
La mancata applicazione delle pene sostitutive in appello
La Corte d’Appello, nella sua sentenza, non solo non si pronunciava sulla richiesta, ma non ne dava nemmeno atto. Di fatto, la richiesta della difesa era stata completamente ignorata. Il ricorso in Cassazione si basava proprio su questa omissione, sostenendo che costituisse una violazione della legge penale e un vizio di motivazione.
L’aspetto centrale della questione risiede nel fatto che la richiesta era stata formulata sulla base delle nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 150/2022 (la Riforma Cartabia), entrate in vigore il 30 dicembre 2022, ovvero prima della celebrazione del giudizio d’appello. Tali norme, essendo più favorevoli per l’imputato, dovevano essere applicate anche ai procedimenti in corso, come previsto dall’art. 95 dello stesso decreto.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato e lo ha accolto. I giudici hanno chiarito che, nel contesto del rito d’appello scritto (o ‘cartolare’), le conclusioni scritte sono lo strumento corretto e legittimo per la difesa per avanzare richieste basate su norme entrate in vigore dopo la presentazione dell’atto di appello originario.
La Corte ha evidenziato come la Corte territoriale abbia commesso un errore palese, ignorando una richiesta ritualmente presentata. La Riforma Cartabia ha infatti configurato in maniera inedita le pene sostitutive invocate dalla difesa, rendendo la nuova disciplina innegabilmente più favorevole rispetto alla precedente. Pertanto, il giudice d’appello aveva il preciso dovere di esaminare la richiesta nel merito, valutandone i presupposti.
La totale omissione di questa valutazione ha integrato una manifesta violazione di legge, rendendo inevitabile l’annullamento della sentenza impugnata.
Le conclusioni
La decisione si conclude con l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello, ma limitatamente al punto relativo alla mancata applicazione delle sanzioni sostitutive. Il caso è stato rinviato ad un’altra sezione della stessa Corte d’Appello di Bologna, che dovrà procedere a un nuovo esame della richiesta. Questa pronuncia ribadisce un principio di garanzia fondamentale: le innovazioni legislative favorevoli all’imputato devono trovare immediata applicazione nei processi in corso, e il giudice non può esimersi dal valutare le richieste fondate su tali nuove norme, pena la nullità della sua decisione.
È possibile richiedere l’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia per un procedimento già in corso d’appello?
Sì, la sentenza conferma che le nuove e più favorevoli disposizioni sulle pene sostitutive si applicano anche ai procedimenti pendenti in grado d’appello al momento della loro entrata in vigore.
La richiesta di pene sostitutive può essere presentata con le conclusioni scritte nel rito d’appello cartolare?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che nel rito d’appello che si svolge in forma scritta, le conclusioni sono lo strumento processuale corretto che la difesa può utilizzare per proporre tale richiesta.
Cosa succede se il giudice d’appello ignora la richiesta di applicazione delle pene sostitutive?
Se il giudice ignora una richiesta ritualmente presentata, la sentenza è viziata per inosservanza della legge penale e difetto di motivazione. Di conseguenza, la sentenza deve essere annullata su quel punto, con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame della richiesta.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3116 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MOTTA DI LIVENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla richiesta di applicazione delle pene sostitutive.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna ha confermato la condanna di COGNOME alla pena di mesi dieci di reclusione per i reati di cui agli artt. 495 e 3 c.p.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo con unico motivo inosservanza della legge penale e difetto di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive del lavoro di pubblica utilità o della detenzione domiciliare, proposta con le conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Premesso che si è proceduto in appello con il rito scritto, con le conclusioni tempestivamente presentate 1’8 marzo 2023, il difensore dell’imputato aveva ritualmente richiesto (Sez. 6, Sentenza n. 33027 del 10/05/2023, NOME, Rv. 285090), per l’eventualità della conferma della condanna, la sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità o in subordine con quella della detenzione domiciliare, producendo a tal fine documentazione attestante la disponibilità della madre ad accogliere il COGNOME presso la propria abitazione ed a provvedere alle sue esigenze materiali.
Tale richiesta non è stata registrata dalla Corte territoriale, per come si evince dall sentenza impugnata, e comunque è stata ignorata dalla stessa, in manifesta violazione dell’art. 95 d.lgs. n. 150/2022 che prevede l’applicazione delle modifiche apportate dal suddetto decreto alle norme della I. n. 689/1981, se più favorevoli, anche nei procedimenti pendenti in grado d’appello al momento della sua entrata in vigore, avvenuta il 30 dicembre 2022 e quindi prima della celebrazione del giudizio d’appello. Né rileva che la richiesta sia stata proposta con le conclusioni scritte di cui all’art. bis I.n. 176/2020, atteso che, nel rito disciplinato da tale disposizione e con il quale si celebrato il giudizio d’appello, è esattamente questo lo strumento che la difesa può utilizzare per proporre la richiesta di applicazione di una norma non ancora vigente al momento della presentazione del gravame di merito, non dovendo al contrario richiedere necessariamente la trattazione orale al fine di avvalersi della facoltà
attribuitagli dalla nuova disposizione. Nemmeno sussiste dubbio sul fatto che la formulazione dell’art. 53 I. n. 689/1981 come modificata dall’art. 71 del citato d.lgs. n. 150 sia più favorevole di quella previgente, avendo l’intervento riformatore configurato in maniera inedita tra le sanzioni sostitutive proprio quelle invocate nella specie dall’imputato, in precedenza non contemplate.
Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per nuovo esame della richiesta.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla mancata applicazione delle sanzioni sostitutive, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 25/10/2023