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Pene sostitutive: la Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna della Corte d’Appello di Bologna perché i giudici di secondo grado avevano omesso di valutare la richiesta dell’imputato di applicare le pene sostitutive del lavoro di pubblica utilità o della detenzione domiciliare. Tale richiesta, basata sulle nuove norme più favorevoli introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), era stata correttamente presentata nelle conclusioni scritte. La Suprema Corte ha stabilito che tale omissione costituisce una violazione di legge, rinviando il caso per un nuovo esame sulla specifica richiesta.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive: il dovere del giudice di valutare le nuove norme

La recente Riforma Cartabia ha introdotto significative novità in materia di pene sostitutive, ampliando le possibilità per i condannati a pene detentive brevi di accedere a misure alternative al carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3116/2024) ha riaffermato un principio cruciale: il giudice d’appello ha il dovere di valutare la richiesta di applicazione di tali pene, anche se presentata per la prima volta in secondo grado, a seguito dell’entrata in vigore della nuova legge più favorevole. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I fatti del caso

Un imputato veniva condannato dalla Corte d’Appello di Bologna alla pena di dieci mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 495 e 385 del codice penale. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso in Cassazione, lamentando un unico, ma fondamentale, motivo: la totale omissione, da parte dei giudici d’appello, della valutazione della richiesta di applicazione di pene sostitutive.

In particolare, nelle conclusioni scritte depositate prima dell’udienza d’appello, la difesa aveva chiesto, in caso di conferma della condanna, di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità o, in subordine, con la detenzione domiciliare. A supporto della richiesta, era stata prodotta documentazione che attestava la disponibilità della madre dell’imputato ad accoglierlo presso la propria abitazione.

La mancata applicazione delle pene sostitutive in appello

La Corte d’Appello, nella sua sentenza, non solo non si pronunciava sulla richiesta, ma non ne dava nemmeno atto. Di fatto, la richiesta della difesa era stata completamente ignorata. Il ricorso in Cassazione si basava proprio su questa omissione, sostenendo che costituisse una violazione della legge penale e un vizio di motivazione.

L’aspetto centrale della questione risiede nel fatto che la richiesta era stata formulata sulla base delle nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 150/2022 (la Riforma Cartabia), entrate in vigore il 30 dicembre 2022, ovvero prima della celebrazione del giudizio d’appello. Tali norme, essendo più favorevoli per l’imputato, dovevano essere applicate anche ai procedimenti in corso, come previsto dall’art. 95 dello stesso decreto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato e lo ha accolto. I giudici hanno chiarito che, nel contesto del rito d’appello scritto (o ‘cartolare’), le conclusioni scritte sono lo strumento corretto e legittimo per la difesa per avanzare richieste basate su norme entrate in vigore dopo la presentazione dell’atto di appello originario.

La Corte ha evidenziato come la Corte territoriale abbia commesso un errore palese, ignorando una richiesta ritualmente presentata. La Riforma Cartabia ha infatti configurato in maniera inedita le pene sostitutive invocate dalla difesa, rendendo la nuova disciplina innegabilmente più favorevole rispetto alla precedente. Pertanto, il giudice d’appello aveva il preciso dovere di esaminare la richiesta nel merito, valutandone i presupposti.

La totale omissione di questa valutazione ha integrato una manifesta violazione di legge, rendendo inevitabile l’annullamento della sentenza impugnata.

Le conclusioni

La decisione si conclude con l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello, ma limitatamente al punto relativo alla mancata applicazione delle sanzioni sostitutive. Il caso è stato rinviato ad un’altra sezione della stessa Corte d’Appello di Bologna, che dovrà procedere a un nuovo esame della richiesta. Questa pronuncia ribadisce un principio di garanzia fondamentale: le innovazioni legislative favorevoli all’imputato devono trovare immediata applicazione nei processi in corso, e il giudice non può esimersi dal valutare le richieste fondate su tali nuove norme, pena la nullità della sua decisione.

È possibile richiedere l’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia per un procedimento già in corso d’appello?
Sì, la sentenza conferma che le nuove e più favorevoli disposizioni sulle pene sostitutive si applicano anche ai procedimenti pendenti in grado d’appello al momento della loro entrata in vigore.

La richiesta di pene sostitutive può essere presentata con le conclusioni scritte nel rito d’appello cartolare?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che nel rito d’appello che si svolge in forma scritta, le conclusioni sono lo strumento processuale corretto che la difesa può utilizzare per proporre tale richiesta.

Cosa succede se il giudice d’appello ignora la richiesta di applicazione delle pene sostitutive?
Se il giudice ignora una richiesta ritualmente presentata, la sentenza è viziata per inosservanza della legge penale e difetto di motivazione. Di conseguenza, la sentenza deve essere annullata su quel punto, con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame della richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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