Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26610 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26610 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CHIOGGIA il 12/01/1955
avverso la sentenza del 07/10/2024 della Corte d’appello di Venezia letta la memoria depositata dal Procuratore generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al motivo di ricorso relativo alla pena sostitutiva;
letta la memoria depositata nell’interesse dell’imputato dall’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 7 ottobre 2024, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede del 23 gennaio 2024, che aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. c) d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, commesso in Chioggia il 24 giugno 2020,
per essersi posto alla guida di un ciclomotore di sua proprietà in stato di alterazione psicofisica, dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche, tasso pari a g/l 1,59, e lo aveva condannato alla pena di mesi nove di arresto ed euro 3000 di ammenda. Con confisca del mezzo e sospensione della patente di guida per anni uno.
La Corte territoriale ha condiviso il giudizio di responsabilità vista la dinamica del sinistro, ricostruita con certezza. In particolare, l’imputato, che si era difeso in giudizio sostenendo di non essere stato alla guida, non aveva saputo spiegare come mai fosse presente sul luogo dell’incidente e che vi fosse coinvolto il motociclo di sua proprietà. NOME COGNOME, oltre a essere il proprietario del mezzo, era stata l’unica persona della quale gli operanti avevano rilevato la presenza sul luogo del sinistro. Inoltre, durante tutto il corso delle operazioni, non aveva mai accennato al fatto di non essere stato alla guida. Gli esiti degli esami tossicologici avevano validamente provato il tasso alcolemico contestato e il motivo d’appello relativo al mancato avviso, ex art. 545 bis cod.proc.pen., in concreto non rilevava in quanto la fattispecie non consentiva, in difetto dei relativi presupposti, di sostituire la pena detentiva.
Il trattamento sanzionatorio era adeguato, atteso il notevole tasso alcolemico riscontrato e il fatto che il mezzo coinvolto nel sinistro fosse privo di copertura assicurativa.
Avverso tale sentenza, l’imputato ha proposto ricorso a mezzo del proprio difensore, formulando i seguenti motivi, sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod.proc.pen.
Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc.pen., in relazione all’art. 186, comma 2 lett. c), C.d.s., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e per inosservanza della legge penale. In particolare, il motivo evidenzia che, quando la teste della Polizia urbana si recò sul luogo del sinistro, ove era stato coinvolto il ciclomotore dell’imputato, lo stesso si trovava già presso il nosocomio di Chioggia. Dunque, l’unico elemento di prova che il COGNOME fosse il conducente del mezzo si riduceva al dato che ne fosse il proprietario. Tale circostanza, nell’impossibilità di provare che il ricovero si sarebbe reso necessario a causa del sinistro, giustificherebbe la mancata contestazione della specifica fattispecie, per cui la dinamica dei fatti sarebbe rimasta del tutto indimostrata.
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e), cod. proc.pen., in relazione all’art. 186, comma 2 lett.c), C.d.s., per mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto raggiunta la prova dell’assunzione di alcolici in misura superiore al limite di legge.
Il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza nel punto in cui ha affermato che trascorse solo un’ora tra il presunto sinistro e l’effettuazione del prelievo, quando invece era emerso che gli agenti erano intervenuti sul luogo del sinistro alle ore 16,30, a circa mezz’ora di distanza dal fatto, e dal referto del laboratorio di tossicologia forense risultava invece che il prelievo avvenne alle 18,00.
Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione con riferimento all’art. 597 cod. proc. pen. per omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 20bis cod. pen. , a cui il Tribunale non aveva dato risposta. Sostiene il ricorrente che la motivazione addotta dalla Corte d’appello sarebbe apodittica e quindi sostanzialmente omessa. Rimarrebbe comunque il profilo di omessa pronuncia nonostante la esplicita richiesta di sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare, in presenza dei presupposti richiesti dall’art. 56 l. n. 689 del 1981.
Con il quarto motivo, si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc.pen., in relazione agli artt. 132. 133 e 62 bis cod.pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Per il ricorrente, la motivazione riferita alla gravità della violazione e alla mancanza di copertura assicurativa del mezzo coinvolto non sarebbe decisiva, posto che nessun danno a terzi era stato procurato, visto che solo l’imputato era rimasto coinvolto nel sinistro.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al motivo di ricorso relativo al mancato avviso all’imputato ex art. 545 bis cod.proc.pen. Il difensore ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato solo con riguardo al terzo motivo, mentre per il resto è infondato e va rigettato.
Il primo motivo, è, per un verso, interamente versato in fatto, suggerendo un nuovo apprezzamento dei dati probatori utilizzati da entrambe le sentenze di merito.
Il ricorrente neanche deduce un travisamento di prova, tale da disarticolare la trama essenziale della decisione, ma contesta il complessivo ragionamento probatorio che ha indotto i giudici a ricostruire l’accaduto come incidente autonomo, determinato dal conducente e proprietario del motoveicolo e che, a causa del sinistro, aveva dovuto ricorrere alle verifiche sanitarie conseguenti.
In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che il COGNOME, proprietario del ciclomotore incidentato, era stato l’unico soggetto di cui era stata rilevata la presenza sul luogo del sinistro, né durante gli accertamenti aveva fatto cenno alla circostanza di non essere stato il conducente del mezzo incidentato.
In questa sede, il ricorrente, dopo aver negato tale accertamento, tende a incrinare il ragionamento che lo sostiene mediante l’introduzione di un dubbio sull’accertamento indiziario, tale da impedire, in tesi, la formulazione di un giudizio di responsabilità. Il tentativo è però privo di fondamento, giacché il dubbio che impedisce la formulazione del giudizio de quo, è quello ragionevole e non qualsiasi incertezza possa prospettarsi.
Nel caso di specie, il ricorrente non fornisce alcuna ipotesi alternativa per spiegare le circostanze fondanti il ragionamento indiziario, per cui si può dire che il dubbio evocato non è sorretto da motivazione.
A tal proposito, va riaffermato il principio espresso in più occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, secondo il quale non è ragionevole il dubbio che si fonda su un’ipotesi alternativa del tutto congetturale e priva di qualsiasi conferma e la ragionevolezza non può che risultare dalla motivazione (un dubbio non motivato è già di per sé “non ragionevole”).
Se invece l’ipotesi alternativa è plausibile, ipotesi qui non ricorrente, non è sufficiente che il giudice di merito l’abbia ritenuta improbabile, ma occorre che siano stati individuati gli elementi di conferma dell’ipotesi accolta in modo da pervenire a ritenere non razionale il dubbio derivante dall’esistenza di un’ipotesi alternativa. In questo senso si è espressa la consolidata giurisprudenza di legittimità (v. Sez. 4, n. 48320 12/11/2009; Sez. 1, n. 23813, 8/05/2009 n. 23813, Manikam, rv. 243801), secondo cui la regola legittima la condanna quando il dato probatorio acquisito lascia fuori soltanto eventualità remote – pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili – ma prive di alcun riscontro nelle emergenze processuali.
Va respinto anche il secondo motivo, con cui si censura l’affermazione della responsabilità penale in ragione dell’effettivo superamento del tasso alcolemico consentito. In primo luogo, va rilevato che la critica poggia sul dato, implicante valutazione di fatto non deducibile nel giudizio di legittimità, che il tempo intercorso tra il sinistro e l’esame alcolimetrico eseguito presso il laboratorio pubblico non sia stato pari a un’ora, come accertato dalla Corte d’appello, ma fosse di due ore, perché così indicherebbe il referto.
È noto, peraltro, che in ordine all’intervallo temporale fra la guida e la sottoposizione al test alcolemico (o ad esami del sangue), questa Corte ha già avuto modo di osservare che (Sez. 4, n. 13149 del 12/03/2025, Rv. 287900- 01), sempre in tema di guida in stato di ebbrezza, il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico. Peraltro, grava sull’imputato l’onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare l’accertamento sul tasso alcolemico di valenza dimostrativa, fermo restando che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l’ultimo atto di guida e l’espletamento dell’accertamento (Sez. 4, Sentenza n. 50973 del 05/07/2017, COGNOME, Rv. 271532; Sez. 4, n. 24206 del 04/03/2015, Mongiardo, Rv. 26372501).
Il terzo motivo, con cui si denuncia l’omessa motivazione sul motivo d’appello che aveva denunciato , rispetto alla sentenza di primo grdao, l’omesso avviso all’imputato della possibilità di ottenere la sostituzione della pena detentiva, ai sensi dell’art. 545 bis cod.proc.pen., è fondato per quanto segue.
L’art. 58 della l. n. 689/1981 (“Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), a sua volta sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 150/2022, al primo comma stabilisce che “Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”.
Rileva il Collegio che, sulla base della disciplina normativa sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce diritto dell’imputato ma – così come si è pacificamente ritenuto in riferimento alle
“sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 I. n. 689 del 1981 -rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati. In riferimento alle predette sanzioni, questa Corte ha precisato che “La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato” (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558).
Tale principio è riferibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133 cod.pen. ( Sez. 4, n.32783 del 6/06/2024).
La Corte d’appello ha rigettato il motivo rilevando che, pur in presenza della omessa pronuncia sull’istanza, correttamente il Tribunale non aveva accolto la richiesta, giacché la fattispecie concreta non era tale da consentire l’accesso a una pena sostitutiva. Si tratta di motivazione talmente priva di significato concreto da risultare effettivamente solo apparente.
La Corte di cassazione ha affermato il principio secondo il quale, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice, in caso di diniego della sostituzione della pena detentiva, non può limitarsi a valutare la congruità della pena attraverso i criteri di gravità del fatto e di pericolosità del soggetto, ma è tenuto anche a motivare, in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa.
Il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è vincolato nell’esercizio del suo potere discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (così Sez. 3, Sentenza n. 9708 del 16/02/2024, Rv. 286031 – 01), è necessario però che l’esercizio del potere discrezionale del giudice sia supportato da idonea motivazione, la cui adeguatezza va rapportata alla disciplina dell’istituto rispetto al quale il potere discrezionale è conferito (vd., in motivazione, Sez. 5, n. 20624 del 17/04/2025).
È infondato, infine, l’ultimo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio.
I giudici hanno motivato in modo non illogico la decisione, spiegando le ragioni, relative al notevole tasso alcolemico riscontrato (1,59 g/l) e alla mancata copertura assicurativa del motoveicolo, per le quali si è applicata la misura, comunque contenuta entro la media, di mesi 9 di ammenda e di euro 3000 di ammenda.
Inoltre, vale il principio secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, non essendo più sufficiente, dopo la riforma dell’art. 62-bis cod. pen., il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 38793 del 17/05/2024; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Rv. 283489). Nel caso di specie, la motivazione ha correttamente e congruamente dato rilevanza ostativa alla complessiva gravità dell’offesa ai beni protetti dai reati stradali, anche derivante dall’essere il mezzo interessato privo di copertura assicurativa, mentre non possono considerarsi elementi positivi ingiustificatamente trascurati quelli rappresentati, in questa sede, dal ricorrente, essendo imposto dalla legge l’obbligo di sottoporsi alla verifica tossicologica e irrilevante il dato anagrafico ( 70 anni di età) e l’ abitare in alloggio popolare.
In definitiva, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla sostituzione della pena detentiva in carcere con la pena sostitutiva della detenzione domiciliare, mentre vanno rigettati i restanti motivi. Non incidendo sulla affermazione di responsabilità il punto relativo alla sostituzione della pena, ricorrono i presupposti per la declaratoria di cui all’art. 624, secondo comma, cod.proc.pen.
P.Q.M .
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione relativa alla sostituzione della pena detentiva con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso. Visto l’art. 624, secondo comma, c.p.p., dichiara irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità.
Così è deciso, 01/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME