Pene sostitutive: quando il silenzio della difesa preclude l’appello
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 2, Num. 42844 del 2024) offre un importante chiarimento sul tema delle pene sostitutive e sulle conseguenze processuali della condotta tenuta dalla difesa in udienza. Il caso esaminato dimostra come la mancata richiesta di un beneficio, dopo un esplicito avvertimento del giudice, possa essere interpretata come una rinuncia, rendendo inammissibile un successivo appello basato proprio su quella mancata concessione. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di una donna per il reato di tentata rapina impropria, emessa dal Tribunale di una città del nord Italia. In primo grado, l’imputata era stata condannata a una pena detentiva. La difesa aveva successivamente proposto appello, lamentando la mancata sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria, una delle pene sostitutive previste dalla legge.
La Corte di Appello, tuttavia, aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile per mancanza di specificità. Secondo i giudici di secondo grado, la difesa non poteva lamentare la mancata applicazione di un beneficio a cui, durante l’udienza di primo grado, aveva di fatto rinunciato. L’imputata, tramite il suo legale, aveva infatti manifestato un disinteresse verso l’applicazione di tali misure.
Contro questa decisione, la donna ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo di non essere stata presente all’udienza di primo grado e di non aver mai espresso la volontà di rinunciare alle pene sostitutive. A suo dire, il difensore si era semplicemente limitato a non richiederle perché sprovvisto di procura speciale per farlo.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile perché manifestamente infondato. La decisione si basa su un’attenta analisi del verbale dell’udienza di primo grado, dal quale emerge un dettaglio cruciale.
La rinuncia implicita del difensore
Dal verbale risultava che il giudice di primo grado aveva esplicitamente avvertito il difensore della ricorrenza delle condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive previste dall’art. 53 della L. 689/1981. Di fronte a questo avvertimento, che comprendeva anche la possibilità di una pena pecuniaria, il verbale riportava: “La difesa non avanza richieste in tal senso”.
Secondo la Cassazione, questa affermazione non può essere interpretata come una semplice inerzia dovuta alla mancanza di procura speciale. Al contrario, rappresenta una scelta processuale chiara e consapevole. Se il difensore avesse avuto intenzione di valutare l’opzione, avrebbe potuto chiedere un rinvio per ottenere la procura necessaria dal suo assistito. Non facendolo, ha comunicato al giudice la volontà di non avvalersi di tale possibilità.
L’inammissibilità del ricorso
Di conseguenza, l’appello proposto successivamente e fondato proprio sulla mancata applicazione delle pene sostitutive è stato ritenuto privo di fondamento. Non si può, infatti, prima rinunciare a un beneficio e poi lamentarsi della sua mancata concessione. Questo comportamento rende l’impugnazione pretestuosa e, quindi, inammissibile.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di auto-responsabilità delle parti processuali e di lealtà processuale. L’avvertimento del giudice ha lo scopo di mettere la difesa nelle condizioni di fare una scelta informata. La risposta del difensore, anche se negativa o omissiva, assume un valore giuridico preciso che condiziona gli sviluppi successivi del processo. La Corte ha sottolineato che l’avvertimento del giudice era “onnicomprensivo” e la difesa, scegliendo di non formulare alcuna richiesta né di chiedere un rinvio, ha posto in essere una condotta processuale che non può essere smentita in un secondo momento con un motivo di appello.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: le scelte compiute in udienza, anche attraverso il silenzio o la mancata richiesta, hanno conseguenze vincolanti. La possibilità di accedere a pene sostitutive è un’opportunità che deve essere colta attivamente dalla difesa nel momento in cui viene prospettata dal giudice. Una successiva doglianza sulla loro mancata applicazione, dopo aver mostrato disinteresse, non troverà accoglimento nei gradi successivi di giudizio e porterà a una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Cosa succede se un avvocato, avvertito dal giudice sulla possibilità di applicare pene sostitutive, non ne fa richiesta?
Secondo la sentenza, la mancata richiesta da parte del difensore, dopo l’esplicito avvertimento del giudice, viene interpretata come una scelta processuale che equivale a una rinuncia a tale beneficio.
È necessaria una procura speciale per rinunciare alle pene sostitutive?
La Corte suggerisce che la mancata richiesta da parte del difensore è una scelta processuale valida anche in assenza di procura speciale. Se il difensore avesse avuto bisogno della procura per accettare o richiedere il beneficio, avrebbe dovuto chiedere un rinvio per ottenerla; non facendolo, ha consolidato la sua scelta di non procedere in tal senso.
Si può presentare appello per la mancata applicazione di una pena sostitutiva se la difesa non l’aveva richiesta in primo grado?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un appello di questo tipo è inammissibile per manifesta infondatezza, poiché non si può criticare il giudice per non aver concesso un beneficio al quale la parte, attraverso il suo difensore, aveva implicitamente rinunciato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 42844 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), nata a Torino il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 12/06/2024 della Corte di appello di Torino, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio; lette le conclusioni scritte del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Torino, emessa il 7 febbraio 2024, che l’aveva condannata alla pena di giustizia in relazione al reato di tentata rapina impropria.
La Corte, rilevato che l’imputata, presente all’udienza del 7 febbraio 2024, aveva manifestato, tramite il suo difensore, la mancanza di interesse all’applicazione di una pena sostitutiva, ha ritenuto l’appello privo di specificità in quanto volto censurare la mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, senza tenere conto della espressa volontà dell’imputata di non giovarsene.
2. Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte provveduto a sostituire la pena detentiva con la pena pecuniaria pur in assenza di cause ostative, tenuto conto del fatto che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, l’imputata non era presente all’udienza di primo grado del 7 febbraio 2024 e non aveva manifestato la carenza di interesse alla sostituzione della pena detentiva, limitandosi il difensore a non richiederla perché privo di procura speciale.
D’altra parte, la mancata sostituzione non avrebbe potuto essere giustificata dalle disagiate condizioni economiche dell’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato. Come risulta dal verbale dell’udienza del 7 febbraio 2024 – che la Corte ha potuto visionare stante la natura processuale della questione – se è vero che l’imputata non era presente, ella era rappresentata dal proprio difensore di fiducia, al quale era stato dato il seguente avvertimento:
“Il giudice avverte il difensore che ricorrono le condizioni per sostituire la pen detentiva con una RAGIONE_SOCIALE pene sostitutive di cui all’art. 53 L. 24.11.1981 n. 689. La difesa non avanza richieste in tal senso.”
L’art. 53 citato indica, tra le pene sostitutive, anche quella pecuniaria, sicch l’avvertimento doveva e deve ritenersi che avesse significato onnicomprensivo e, rispetto ad esso, la difesa non aveva neanche avanzato istanza di rinvio al fine di munirsi di procura speciale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 16.10.2024.
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Il Consigliere estensore
Il Presidente
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NOME COGNOME