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Pene sostitutive: il termine di 30 giorni è perentorio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21599/2024, ha chiarito la natura del termine per richiedere le pene sostitutive previsto dalla Riforma Cartabia. Il caso riguardava un condannato che aveva presentato istanza oltre il termine di 30 giorni dall’irrevocabilità della sentenza, adducendo di non essere stato informato dal proprio legale. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che il termine è perentorio, ovvero previsto a pena di decadenza, e che la mancata comunicazione da parte del difensore non costituisce caso fortuito idoneo a giustificare la restituzione nel termine. Questa decisione sottolinea l’importanza della diligenza sia per l’assistito che per il legale.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive: la Cassazione conferma il termine perentorio di 30 giorni

Con la recente sentenza n. 21599 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su una questione cruciale introdotta dalla Riforma Cartabia: il termine per la richiesta di pene sostitutive per le sentenze passate in giudicato. La pronuncia stabilisce in modo netto che il termine di trenta giorni previsto dalla disciplina transitoria è perentorio e la negligenza del difensore non giustifica un ritardo. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo alla pena di un anno di arresto, divenuta irrevocabile con pronuncia della Corte di Cassazione il 10 luglio 2023. L’ordine di esecuzione della pena veniva notificato al condannato il 20 settembre 2023. Cinque giorni dopo, il 25 settembre, l’interessato presentava al giudice dell’esecuzione un’istanza per l’applicazione di pene sostitutive pecuniarie, ai sensi dell’art. 95 del D.Lgs. 150/2022.

A sostegno del ritardo nella presentazione della domanda, il condannato affermava di aver appreso dell’irrevocabilità della sentenza solo con la notifica dell’ordine di esecuzione, poiché il suo avvocato non lo aveva mai informato dell’esito del ricorso in Cassazione. Questa circostanza era confermata da una dichiarazione scritta dello stesso legale.

Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile la richiesta, ritenendo che il termine di trenta giorni fosse decorso e che la mancata informazione da parte del difensore non potesse configurarsi come caso fortuito o forza maggiore. Di conseguenza, veniva rigettata anche la richiesta subordinata di restituzione nel termine. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno stabilito due principi fondamentali: la natura perentoria del termine di trenta giorni e l’irrilevanza, ai fini della restituzione nel termine, della negligenza del difensore.

Le motivazioni: la natura del termine per le pene sostitutive

La Corte ha chiarito che, sebbene l’art. 95 D.Lgs. 150/2022 non qualifichi espressamente il termine di trenta giorni come ‘perentorio’, tale natura deve essere desunta dal sistema. La norma transitoria costituisce una disposizione eccezionale, che attribuisce al giudice dell’esecuzione un potere normalmente spettante al giudice della cognizione.

Questa eccezionalità impone un’interpretazione rigorosa. Lasciare la questione della sostituibilità della pena pendente sine die (senza una scadenza) in fase esecutiva sarebbe contrario alla certezza del diritto. Una volta che la sentenza diviene irrevocabile, il Pubblico Ministero deve emettere l’ordine di esecuzione, e questo adempimento non può essere procrastinato a tempo indeterminato. Pertanto, la mancata presentazione dell’istanza entro il termine previsto ne determina l’inammissibilità per decadenza.

Le motivazioni: la negligenza del difensore non è caso fortuito

Relativamente alla richiesta di restituzione nel termine, la Cassazione ha ribadito un suo orientamento consolidato. Il mancato o inesatto adempimento dell’incarico da parte del difensore di fiducia non costituisce né caso fortuito né forza maggiore. Questi concetti si riferiscono a eventi imprevedibili e insuperabili con la normale diligenza.

Secondo la Corte, la negligenza del legale non rientra in questa categoria. Inoltre, sull’assistito grava un onere di vigilanza sull’operato del proprio difensore e sull’esatta osservanza dell’incarico conferito. Non è possibile, quindi, invocare la colpa del professionista per rimediare a una propria inerzia e ottenere la restituzione nel termine per presentare l’istanza di pene sostitutive.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un’indicazione chiara e rigorosa sull’applicazione delle norme transitorie della Riforma Cartabia in materia di pene sostitutive. Il termine di trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza per presentare la relativa istanza è assoluto e invalicabile. Questa pronuncia sottolinea la responsabilità del condannato nel monitorare attivamente l’andamento del proprio processo e ribadisce che eventuali mancanze del difensore ricadono, in ultima analisi, sulla parte assistita, senza possibilità di sanatoria processuale. Un monito, dunque, alla massima diligenza per tutti gli attori del processo penale.

Il termine di 30 giorni previsto dalla disciplina transitoria della Riforma Cartabia per chiedere le pene sostitutive è perentorio?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale termine è previsto a pena di decadenza. Una richiesta presentata oltre i 30 giorni dall’irrevocabilità della sentenza è inammissibile.

La mancata comunicazione dell’esito del processo da parte del mio avvocato può essere considerata una giusta causa per ottenere la restituzione nel termine?
No. Secondo la giurisprudenza costante della Corte, la negligenza o l’inadempimento del difensore di fiducia non costituisce caso fortuito o forza maggiore, pertanto non legittima la concessione della restituzione nel termine.

Perché il termine è considerato perentorio anche se la legge non lo dice espressamente?
La natura perentoria si desume dalla struttura del sistema processuale. La norma è eccezionale e serve a evitare che l’esecuzione di una sentenza definitiva resti sospesa a tempo indeterminato, garantendo così la certezza del diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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