Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30806 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: 03093EY) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo GLYPH
udito il difensore
RITENUTO IN FATI -0
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma h confermato la pronuncia con cui il Tribunale di Latina, all’esito di giud abbreviato, ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 1 -bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione al rinvenimento sulla sua persona di sostanza stupefacente di tipo cocaina e pres la sua abitazione di un bilancino di precisione funzionante.
1.2. La consulenza tecnica tossicologica consentiva di accertare che la cocain pesava gr.59,15 netti, con percentuale di purezza ricornpresa tra il 74,63 e 78,67%, corrispondente ad un principio attivo di gr. 44,85 da cui potevan ricavarsi 299 dosi medie singole. Elementi tutti dai quali i Giudici di merito ha evinto la certa destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente sottopost sequestro.
Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell’imputato che solle i seguenti motivi:
2.1. Violazione degli artt. 191, 438, commi 1, 5 e 6 -bis, 441 comma 5, cod. proc. pen. Dopo una premessa di ordine generale sulla notificazione all’imputat detenuto, la difesa lamenta che il Tribunale abbia disposto la perizia s stupefacente, cui il Pubblico ministero aveva subordinato il proprio consens sull’istanza di patteggiamento, originariamente proposta dall’imputato, in una f che non consentiva l’espletamento di tale mezzo probatorio, come si evince dall’art. 558, comma 8, cod. proc. pen.; così consentendo, altresì, al Pubbl ministero di subordinare il proprio consenso all’effettuazione di una perizia, qua l’unico consenso a cui può essere subordinata l’istanza di applicazione di pena richiesta delle parti è quella con cui l’imputato la subordina alla concessione sospensione condizionale della pena. Né la perizia poteva essere esperita perch non era stata richiesta ex art. 438, comma 5, cod. proc. pen. da parte dell’imputato né, tantomeno, essa è stata disposta ai sensi dell’art. 441, co 5, cod. proc. pen. La perizia sullo stupefacente non poteva assoMutamente essere utilizzata per la decisione atteso che, ai sensi dell’art. 442, comma 1 -bis, cod. pen., il giudice deve utilizzare per la decisione la documentazione relativa indagini espletate. È stata pertanto vanificata la scelta dell’imputato di acc al rito “a prova contratta” e “allo stato degli atti”;
2.2. Erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. e motivazione apparente s punto, per essere la motivazione generica;
2.3. Erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazion riguardo al diniego delle pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen. La sentenza
impugnata si fonda su un antecedente ininfluente che ha ritenuto ostativo, pur mancanza di una esplicita disposizione di legge del medesimo tenore di quella di cui all’art. 280, comma 3, proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Non si comprende a quale specifica doglianza faccia riferimento l’anzidetta, del tutto generica, premessa al primo motivo di ricorso, afferente alla notificazi degli atti introduttivi del giudizio all’imputato detenuto, atteso che, comunque caso di specie, l’imputato era regolarmente presente (in videoconferenza d carcere di Rebibbia), unitamente al suo difensore, ad entrambi i giudizi di meri
Quanto al primo motivo, lo stesso è inammissibile, risultando proposto per l prima volta in questa sede di legittimità, non essendo stato dedotto nell’att appello. Deve, sul punto, ricordarsi che, secondo consolidato orientamento dell giurisprudenza di legittimità, non possono essere dedotte con il ricorso Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omess di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (così, ex mu/tis, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01). In proposito, si è affermato che, dal combinato disposto dagli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., è ricavabile la regola che non possano formare oggetto di ricorso Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni c sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, evenienze, queste, n ricorrenti nel caso in esame. Nel caso di specie, peraltro, la richiesta abbreviato, formulata dall’imputato, determina la sanatoria delle nullità, sem che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve derivanti dalla violazione di un divieto probatorio.
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Sul punto va riaffermato che, soprattutto dopo la specifica modifica dell’art. 62-bis cod. pen. operata con il d.l. 23 maggio 2008, n. 2002 convertito con modifiche dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per il diniego di tali attenuanti è assolutamente sufficiente che il giudice si l dar conto di avere valutato e applicato i criteri di cui all’art. 13:3 cod. pe specie, peraltro, sussiste adeguata motivazione sulle ragioni del dinie ricondotte alla riscontrata assenza di elementi favorevoli positivamente valutabi che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto non possano trarsi dalla m incensuratezza dell’imputato. Ha altresì ricordato come la pena base sia st individuata in misura pari al minimo edittale della fattispecie di cum all’art. 73 d
309/1990, rilevando la equa determinazione del trattamento sanzionatorio, tenuto conto della concreta gravità dei fatti di reato (detenzione di un cospi quantitativo di stupefacente del tipo pesante e della personalità del responsabi Giova, inoltre, ribadire che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fin dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice, il cui eserciz effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 cod. pen. nel caso di specie) è censurabile in Cassazione solo quando sia frutto di me arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo. Occorre evidenziare che l’applicazione delle sanzioni sostitutive – rispetto alle quali il d.lgs. 10 2022, n. 150 ha introdotto una riforma organica della legge 24 novembre 1981 n.689, ridisegnandone anche il quadro generale – non consegue automaticamente al ricorrere dei presupposti legali, ma è oggetto una valutazione discrezionale del giudice in ordine alla meritevolezza dell’imputa ad ottenerle. E ciò in base all’esplicito disposto dell’art. 58 L. 6,39/1981 secondo cui «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale del pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri rea La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato (…)». Collegio ritiene che il controllo di questa Corte rispetto alla decisione del Gi di merito di non farsi luogo alla sostituzione della pena detentiva si debba ferm – secondo i principi generali che regolano il giudizio di legittimità e q specificamente affermati in tema di trattamento sanzionatorio – alla verifica de sussistenza di una congrua motivazione che dia conto della esistenza di fondat motivi ostativi alla invocata sostituzione della pena inflitta. Nel caso in esam sentenza impugnata offre una motivazione immune da censure, richiamando i motivi che l’hanno indotta a pronosticare c:he le prescrizioni non saran adempiute del condannato. Ha, infatti, ricordato che l’imputata, a cui era s applicata la misura primigenia degli arresti domiciliari, aveva attuato una condo tutt’altro che collaborativa rispetto alla finalità cautelari, sia non rispondendo allorché in sede di controllo degli operanti questi lo avevano chiamato al cellul sia allontanandosi dal domicilio coatto, adducendo una giustificazione no veritiera. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila i favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 19 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente