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Pene sostitutive: il limite è sulla pena irrogata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30513/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di pene sostitutive. Il caso riguardava un uomo condannato a quattro anni e otto mesi per detenzione di stupefacenti, il quale sosteneva che il limite di quattro anni per l’applicazione delle pene sostitutive dovesse calcolarsi sulla pena residua, detratto il presofferto. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che il limite si riferisce alla pena concretamente irrogata dal giudice in sentenza, non a quella residua da espiare. Questa decisione chiarisce che la valutazione sulla sostituibilità della pena avviene in fase di cognizione e si basa sulla gravità del reato, non su calcoli successivi propri della fase esecutiva.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: il Limite di 4 Anni si Calcola sulla Pena Irrogata, non su Quella Residua

Con la recente sentenza n. 30513 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sull’applicazione delle pene sostitutive, introdotte e potenziate dalla Riforma Cartabia. La decisione stabilisce un principio netto: il limite massimo di quattro anni di reclusione per poter accedere a queste misure alternative si riferisce alla pena concretamente inflitta dal giudice al momento della condanna (pena irrogata), e non alla pena che rimane da scontare dopo aver detratto il periodo di custodia cautelare (pena residua). Questa pronuncia è fondamentale per definire i confini applicativi di un istituto pensato per ridurre il sovraffollamento carcerario e promuovere percorsi di risocializzazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. Un individuo era stato riconosciuto colpevole del reato di detenzione ai fini di spaccio di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti (crack e cocaina), per un totale di oltre 156 grammi di principio attivo. Inizialmente condannato a sei anni di reclusione, la sua pena era stata rideterminata in appello a quattro anni e otto mesi di reclusione e 22.000 euro di multa. Nonostante la pena superasse il limite di quattro anni, la difesa ha tentato la via del ricorso in Cassazione per ottenere l’applicazione delle pene sostitutive.

Il Ricorso in Cassazione: il Calcolo per l’Accesso alle Pene Sostitutive

Il nucleo del ricorso si basava su un’interessante questione di legittimità costituzionale. La difesa sosteneva che l’articolo 545-bis del codice di procedura penale fosse incostituzionale nella parte in cui non permette di considerare, ai fini del raggiungimento del limite di quattro anni, la pena residua da espiare. Secondo il ricorrente, sottraendo il periodo di detenzione già sofferto in custodia cautelare (il cosiddetto presofferto) dalla pena totale di quattro anni e otto mesi, la pena residua sarebbe scesa al di sotto della soglia dei quattro anni, rendendo così ammissibili le misure alternative come la semilibertà o la detenzione domiciliare sostitutiva. A sostegno di questa tesi, venivano invocati i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto di difesa (art. 24 Cost.).

Le Motivazioni della Cassazione: un Limite Ancorato alla Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva e fornendo una spiegazione chiara e lineare della normativa sulle pene sostitutive.

Il ragionamento della Corte si fonda sulla distinzione netta tra la fase di cognizione (il processo che accerta il reato e determina la pena) e la fase di esecuzione (il momento in cui la pena viene concretamente scontata).

1. La Natura del Limite di Pena: La Corte ha sottolineato che il limite di quattro anni, introdotto dalla Riforma Cartabia per ampliare l’accesso alle pene sostitutive, è un criterio che il giudice della cognizione deve usare per stabilire la natura della pena. Esso serve a definire cosa si intende per ‘pena detentiva breve’ e, di conseguenza, a determinare se una sanzione carceraria possa essere sostituita fin dall’origine con una misura alternativa. La scelta del legislatore è stata quella di ancorare questa valutazione alla pena irrogata, ovvero quella decisa dal giudice sulla base della gravità del fatto e della personalità dell’imputato, come previsto dall’art. 133 c.p.

2. Irrilevanza del Presofferto in Fase di Cognizione: Il calcolo della pena residua, che tiene conto del presofferto, è un’operazione che appartiene esclusivamente alla fase esecutiva. Serve a determinare quanto tempo il condannato debba effettivamente ancora trascorrere in stato di detenzione. Confondere i due piani significherebbe anticipare una valutazione esecutiva in un momento, quello della sentenza, in cui il giudice sta ancora definendo la risposta sanzionatoria adeguata al reato commesso.

3. Coerenza del Sistema: La Corte ha ribadito che il limite di quattro anni rappresenta ‘il limite massimo di sostituibilità, cui corrisponde la massima estensione, oggi legislativamente consentita, del concetto di pena detentiva breve’. Pertanto, solo se la pena inflitta in sentenza non supera questa soglia, si apre la possibilità per il giudice di valutare la sostituzione. In caso contrario, come nel caso di specie dove la pena era di quattro anni e otto mesi, questa possibilità è preclusa in radice.

Le Conclusioni

La sentenza della Cassazione consolida un’interpretazione rigorosa e sistematica della normativa sulle pene sostitutive. Il messaggio è chiaro: la porta di accesso a queste misure si apre o si chiude al momento della condanna, in base all’entità della pena stabilita dal giudice. Il periodo di custodia cautelare sofferto, pur essendo fondamentale per determinare la durata effettiva della detenzione, non può essere utilizzato per ‘abbassare’ artificialmente la pena irrogata al fine di rientrare nei limiti di legge per le sanzioni sostitutive. Questa decisione garantisce certezza giuridica e uniformità di trattamento, confermando che la valutazione sulla meritevolezza delle pene alternative è una scelta discrezionale del giudice di cognizione, da esercitarsi entro i precisi paletti fissati dal legislatore.

Qual è il limite massimo di pena per poter accedere alle sanzioni sostitutive secondo la Riforma Cartabia?
Il limite massimo è una pena detentiva non superiore a quattro anni di reclusione o arresto.

Ai fini del calcolo del limite di quattro anni, si considera la pena inflitta con la sentenza o quella che resta da scontare dopo aver dedotto la custodia cautelare?
Si considera esclusivamente la pena concretamente irrogata dal giudice nella sentenza di condanna. Il periodo già scontato in custodia cautelare (presofferto) non rileva per determinare l’ammissibilità alle pene sostitutive, ma solo per calcolare la durata effettiva dell’esecuzione della pena.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa?
La Corte ha ritenuto che non vi sia alcuna violazione dei principi costituzionali perché la scelta di ancorare il limite alla pena irrogata è una decisione coerente del legislatore. Tale scelta distingue correttamente la fase di cognizione (in cui si valuta la gravità del reato e si determina la pena) dalla fase di esecuzione (in cui si calcola quanto resta da scontare). Il limite dei quattro anni definisce la nozione di ‘pena breve’ al momento della condanna, non in un momento successivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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