Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30513 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30513 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 19.12.2023 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza con cui il Gip del Locale Tribunale in data 20 aprile 2023, all’esito di rito abbreviato, aveva ritenuto COGNOME NOME colpevole dei reati di cui all’art. 73, comma 1, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 a lui ascritti ritenuta la continuazione interna, concesse le circostanze generiche equivalenti alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 28.000,00 di multa, ritenuta la recidiva semplice ed esclusa la continuazione, con le già concesse circostanze attenuati generiche equivalenti alla recidiva, ha rideterminato la pena in anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 22.000 di multa.
Dalla ricostruzione operata dalle sentenze di merito si evince che in data 18.8.2022 a Palermo, secondo quanto accertato dai Carabinieri il RAGIONE_SOCIALE veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente del tipo crack e cocaina contenente, come risulta dalle analisi tossicologiche, 156,288 grammi di principio attivo da cui erano ricavabili n. 1401,92 dosi medie singole suddivise in involucri. Tale sostanza era occultata in parte sotto il cofano di un’autovettura Fiat 126, parcheggiata vicino alle case popolari di INDIRIZZO a Palermo, ed in parte nel quadro elettrico collocato all’interno di un locale tecnico in disuso sito accanto all’abitazione dell’imputato unitamente ad un bilancino digitale di precisione.
Il COGNOME veniva quindi ritenuto colpevole dei reati a lui ascritti.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione articolato in un motivo con cui chiede sollevarsi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 545 bis cod.proc.pen. nella parte in cui detta norma non prevede che il limite della pena detentiva non superiore a quattro anni possa essere costituito anche dalla parte residua di una maggiore pena inflitta con la medesima sentenza applicata in relazione agli artt. 20 bis cod.pen., 53 I. n. 689 del 1981 per violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
Si assume che la questione é rilevante nel caso di specie atteso che con il pre sofferto cautelare maturato in regime di restrizione e di arresti domiciliar dall’imputato, la pena residua da espiarsi oltre il periodo cautelare poteva essere contenuta in ulteriori anni quattro. E pertanto ai sensi dell’art. 545 b cod.proc.pen. e del combinato disposto di cui agli artt. 20 bis cod.pen. e 53 I. n. 689 del 1981 il giudice di sua iniziativa avrebbe potuto sostituire la pena detentiva dandone avviso alle parti dopo la lettura del dispositivo con quella della semilibertà ovvero con la detenzione domiciliare.
La sentenza impugnata, invece, ha ritenuto di non esercitare tale potere-dovere rinunciando ad una lettura costituzionalmente orientata della riforma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va in via preliminare ritenuta l’ammissibilità del ricorso per cassazione che abbia ad oggetto, come unico motivo, la riproposizione di una questione di legittimità costituzionale dichiarata manifestamente infondata o priva di rilevanza in sede di merito (Sez. 1, n. 20702 del 16/06/2020, Rv. 2793;76).
La riproposizione invero trasferisce al giudice di legittimità il potere/dovere di apprezzare i parametri della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione con possibile diverso esito della domanda tesa all’apertura del giudizio incidentale.
Ciò posto la questione va dichiarata manifestamente infondata per le ragioni che seguono.
Va premesso che le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, sono state introdotte con la legge 24 novembre 1981, n. 689, entro un perimetro applicativo, in origine, prudentemente ristretto. L’area della sostituibilità er circoscritta alla misura massima di sei mesi di pena detentiva ed erano delineate numerose condizioni, soggettive ed oggettive, preclusive del riconoscimento del beneficio. Negli anni successivi, il tetto superiore di pena, compatibile con la sostituzione, è stata progressivamente esteso, prima alla misura di un anno (art. 5 d.l. 14 giugno 1993, n. 187, conv. dalla legge 12 agosto 1993, n. 296), poi a quella di due anni (art. 4, comma 1, legge 12 giugno 2003, n. 134). Sono state anche eliminate, con l’abrogazione dell’art. 60 della legge n. 689 del 1981, le esclusioni oggettive correlate al titolo di reato (stesso art. 4, comma 1, legge n. 134, cit.).
A seguito della delega dal Parlamento al Governo, con l’art. 1, commi 1 e 17, della legge 27 settembre 2021, n. 134, a rivitalizzare il sistema, l’azione del legislatore delegato, tradottasi nelle disposizioni dettate dall’art. 71 d.lgs. n. 1 del 2022, citato, si è snodata in una duplice fondamentale direzione.
Innanzitutto, si è realizzata una radicale rivisitazione delle tipolog sanzionatorie, con estensione dell’ambito applicativo del regime di sostituibilità. Le nuove misure sono concepite, sin dal nomen iuris, come vere e proprie “pene”, per quanto non edittali. Le più gravose di esse (la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva) possono ora trovare applicazione con riguardo alla reclusione o l’arresto di durata non eccedente i quattro anni, per come risultanti all’esito della commisurazione giudiziale.
L’art. 71 d.lgs. n. 150 del 2022, GLYPH nel ridisegnare l’istituto in più punti, ha innalzato sino a quattro anni il limite di pena detentiva compatibile con l’ammissione alle pene sostitutive.
Non è dubitabile che il limite di pena sostituibile vada riferito alla pen concretamente, e conclusivamente, irrogata dal giudice della cognizione (al netto dell’eventuale diminuente premiale del rito, applicata dopo l’aumento ex art. 81 cod. pen.: Sez. 3, n. 35973 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282478; Sez. 3, n. 45450 del 18/07/2014, NOME, Rv. 260866; Sez. 3, n. 20;70 del 02/06/1999, NOME, Rv. 215068), e non già alla pena residua eventualmente da espiare, dopo il passaggio in giudicato, a seguito delle operazioni di calcolo di cui agli artt 657 e 663 cod. proc. pen
La pena sostituibile è quella detentiva non eccedente i quattro anni, quale risultante, come già precisato, all’esito della commisurazione giudiziale. L’art. 58 della legge n. 689 del 1981, quale riformato dal d.lgs. n. 150 del 2022, estende, al riguardo, l’applicazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., dei qual giudice dovrà tenere conto per stabilire la gravità oggettiva e soggettiva del fatto e, quindi, la meritevolezza e il bisogno di una pena detentiva, piuttosto che sostitutiva. Si tratta di criteri idonei a guidare, in funzione delle esigenze prevenzione speciale, e nel rispetto del dato oggettivo e invalicabile del limite di pena inflitta, la scelta discrezionale inerente il trattamento sanzionatorio del reato per cui si procede. Solo se la pena detentiva inflitta non è superiore al limite massimo quadriennale ha ingresso nel processo la valutazione giudiziale sulla sostituibilità della pena detentiva stessa con una delle pene di cui all’art 20-bis cod. pen.
Lo spettro di valutazione è logicamente dipendente dalla prospettiva di giudizio propria della sede di cognizione, che, dopo l’accertamento del reato, è strettamente funzionale alla più adeguata definizione, all’interno della cornice legale di riferimento, della risposta sanzionatoria al reato medesimo pertinente.
Ogni altra considerazione, a tale definizione non funzionale, resta al di fuori dell’apprezzamento giudiziale, sicché il giudice procedente – così come non dovrà tener conto, se l’imputato è già censurato, dell’eventuale concorrenza di titoli, e della pena complessiva all’esito risultante – neppure potrà anticipatamente considerare, a beneficio dell’interessato, l’eventuale presofferto, rappresentando il tetto dei quattro anni di pena irrogata il limite massimo di sostituibilità, cui corrisponde la massima estensione, oggi legislativamente consentita, del concetto di pena detentiva “breve” (Sez. 1, n. 1776 del 20/10/2023, dep. 2024, Rv. 285836).
Si é altresì precisato che il principio secondo cui i limiti di legge per l’ammissione sono riferiti alla pena irrogata in sentenza e non a quella residua, ancora da
espiare, opera anche nel caso di applicazione da parte del giudice dell’esecuzione, prevista dalla disciplina transitoria di cui all’art. 95 d.lgs. ottobre 2022, n. 150 (Sez. 1, n. 2356 del 1410/2023, dep. 2024, Rv. 285584). La questione di legittimità costituzionale nei termini esposti va, pertanto, ritenuta manifestamente infondata con rigetto del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 20.6.2024