Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2357 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2357 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che si è riportato al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME proponeva incidente di esecuzione per chiedere l’applicazione di una sanzione sostitutiva della pena detentiva di sei mesi di arresto, inflittagli, unitamente alla pena pecuniaria di 2.500,00 euro di ammenda, con sentenza resa dalla Corte di appello di Brescia in data 9 giugno 2022, irrevocabile dal 24 febbraio 2023, per il reato di cui all’art. 187, comma 1bis, C.d.S.
La Corte distrettuale suddetta, con l’ordinanza in epigrafe, pronunciata, quale giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (situazione di pendenza di ricorso per cassazione all’entrata in vigore del decreto citato), disponeva la sostituzione della indicata pena dell’arresto con la sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare.
Escludeva il giudice a quo la sussistenza dei presupposti per la concessione delle pene sostitutive meno gravi: a) quanto alla pena pecuniaria, rilevava che era già stata esclusa nella sentenza in esecuzione, sicché doveva considerarsi preclusa; b) quanto al lavoro sostitutivo di pubblica utilità, sottolineava come fosse espressamente precluso dall’art. 187, comma 8-bis, C.d.S., che lo vietava nel caso di sinistro stradale (quale conseguenza della guida in stato alterato dall’assunzione di stupefacenti).
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo, denuncia la violazione dell’art. 95 d.lgs. n. 150/2022 e degli artt. 56-quater e 58 I. n. 689/81, rimproverando alla Corte di appello di non aver applicato la normativa sopravvenuta più favorevole e precisando di aver allegato documentazione comprovante le proprie condizioni reddituali in funzione di una possibile rateizzazione della pena pecuniaria (la proposta principale è di pagarla nella misura minima, ossia di 5,00 euro al giorno, per un totale di 900,00 euro).
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge in relazione agli artt. 20-bis n. 3) cod. pen., art. 56-bis e ss. I. n. 689/81, 187, comma 8-bis, C.d.S. e 95 d.lgs. n. 150/2022.
Il ricorrente stigmatizza la confusione in cui sarebbe incorso il giudice dell’esecuzione tra l’istituto del lavoro di pubblica utilità previsto dal Codice dell Strada (art. 187, comma 8-bis), che, effettivamente, non può essere concesso in caso di sinistro, estingue il reato in caso di esito positivo ed è legato solo ai casi limitati previsti (art. 186, comma 9-bis, art. 187, comma 8-bis, C.d.S. e art. 73, comma 5-bis, d.P.R. n. 309/90) e la sanzione prevista dagli artt. 20-bis n. 3)
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cod. pen. e dagli artt. 56-bis e ss. della legge n. 689/81, che può sostituire la sola pena detentiva ed è subordinata alle ulteriori prescrizioni imposte dall’art. 56-ter I. n. 689/81.
Avendo il condannato prodotto documenti comprovanti un programma di lavoro presso l’ENPA di Bergamo, il giudice adìto disponeva di tutti gli elementi per poter applicare la pena sostitutiva richiesta.
Il AVV_NOTAIO generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata in sostanziale adesione alla prospettazione difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve ritenersi infondato e va, perciò, rigettato per le ragioni che seguono.
Non è superfluo premettere che, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive, l’istanza del condannato al giudice dell’esecuzione ex art. 95, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è subordinata alla pendenza del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione alla data del 30 dicembre 2022, stabilita per l’entrata in vigore del predetto decreto dall’art. 99-bis, introdotto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 (Sez. 1, n. 36885 del 4/7/2023, Sedicini, Rv. 285270).
Si è precisato che, ai fini dell’operatività della disciplina transitoria di c all’art. 95 citato, in riferimento all’art. 20-bis cod. pen., è la pronuncia della sentenza di appello che determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione (Sez. 6, n. 34091 del 21/6/2023, Sabatini, Rv. 285154).
Nella specie, risulta che l’odierno ricorrente si è attenuto alle condizioni previste dalla legge, sicché la sua istanza al giudice dell’esecuzione deve reputarsi correttamente veicolata e, quindi, ammissibile.
Ciò premesso, ritiene il Collegio, per un migliore inquadramento del caso sottoposto all’odierno vaglio, di spendere alcune considerazioni introduttive sulla riforma del processo penale attuata con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ai limitati fini che rilevano in questa sede.
Tale riforma, come noto, ha profondamente innovato lo statuto delle pene sostitutive, chiarendo, anche da un punto di vista lessicale, la loro essenza di “pena” al pari della pena principale sostituita della reclusione o dell’arresto.
La stessa Relazione illustrativa afferma, infatti, che si tratta di pene, diverse da quelle edittali, che possono essere applicate dal giudice in funzione,
oltre che delle finalità di prevenzione generale e speciale, anche della rieducazione del condannato.
3.1. In particolare, la riforma, intervenendo sia sul codice penale, attraverso l’introduzione dell’art. 20-bis, che sulla legge 24 novembre 1981, n. 689, modificando le disposizioni contenute nel Capo III, ha riconfigurato le pene sostitutive non pecuniarie ed innalzato il limite massimo di pena detentiva sostituibile fino a quattro anni, allineandolo, così, al limite di pena entro il qual ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. opera la sospensione dell’esecuzione.
Accanto alla pena pecuniaria sostitutiva, sono state, infatti, introdotte le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità e, al contempo, sono state soppresse le pene sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata.
Dall’esame degli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della legge n. 689 del 1981 emerge: che la semidetenzione e la detenzione domiciliare possono essere applicate in sostituzione delle pene detentive contenute entro il limite di quattro anni; che il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena detentiva contenuta entro i tre anni e, infine, che la pena detentiva contenuta entro il limite di un anno può essere sostituita con la pecuniaria della specie corrispondente.
3.2. La sede fisiologica destinata alla valutazione della possibilità di sostituzione della pena detentiva breve è il giudizio di primo grado, in relazione al quale il legislatore ha previsto, per il giudizio ordinario, il meccanismo processuale bifasico descritto dall’art. 545-bis cod. proc. pen., connotato dalla lettura del dispositivo, cui segue, in caso di istanza di sostituzione da parte dell’imputato, la successiva decisione, nel corso della medesima udienza o di un’udienza successiva, in ordine alla sostituzione della pena detentiva. Un meccanismo analogo è stato, inoltre, previsto all’art. 448, comma 1-bis, cod. proc. pen. nell’ipotesi in cui, in caso di patteggiamento, l’accordo investa anche l’applicazione di una pena sostitutiva.
3.3. Sebbene, come detto, la s’ede fisiologica destinata alla valutazione ed applicazione delle pene sostitutive sia il giudizio di primo grado, il legislatore della riforma, sul presupposto della loro natura sostanziale e del contenuto favorevole al reo del più elevato limite edittale che consente fa sostituzione della pena detentiva, ha previsto una disciplina transitoria che ne consente l’applicazione retroattiva in bonam partem anche nei giudizi di impugnazione pendenti alla data di entrata in vigore della riforma.
L’art. 95, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2022, contenente le disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, prevede,
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infatti, che le nuove disposizioni introdotte al Capo III della legge 24 novembre 1981, n.689, se più favorevoli, si applichino anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022).
3.3.1. Con riferimento al giudizio di legittimità, la norma prevede, invece, che il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi alla Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, possa presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 cod. proc. pen., entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza (ed è il caso dell’odierno ricorrente). In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio.
La ratio di tale disciplina differenziata per i procedimenti di impugnazione può essere agevolmente ravvisata nel fatto che la decisione in ordine alla sostituzione della pena detentiva ed all’applicazione della pena sostitutiva implica un giudizio di merito (si veda l’art. 58 legge n. 689 del 1981) estraneo al sindacato di legittimità, sicché, a differenza dei giudizi pendenti in grado di appello, per quelli pendenti dinanzi alla Corte di cassazione si riserva ogni decisione al giudice dell’esecuzione, una volta passata in giudicato la sentenza.
3.4. Considerata la ratio sottesa alla disciplina transitoria in esame, volta a consentire la più ampia applicazione in bonam partem sia nei giudizi di primo grado che nei giudizi di impugnazione delle nuove disposizioni in tema di pene sostitutive, deve ritenersi che, in virtù della regola generale contenuta all’art. 2, comma quarto, cod. pen., di cui l’art. 95 costituisce diretta applicazione, l’unico limite all’applicazione retroattiva delle disposizioni più favorevoli in tema di pene sostitutive è rappresentato dalla formazione del giudicato di condanna a pena detentiva, non sostituita, in data antecedente all’entrata in vigore della riforma.
Qualora, il giudicato riguardi, invece, una condanna a pena detentiva già sostituita sulla base della precedente disciplina, troverà applicazione il comma 2 dell’art. 95 d. Igs. n. 150 del 2022, in base al quale, mentre le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del decreto, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni previgenti, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva (Sez. 6, n. 34091 del 21/6/2023, cit., in motivazione).
Ciò detto, rileva questa Corte che la peculiarità del caso in esame è costituita dal fatto che il giudicato di condanna di NOME COGNOME a pena detentiva, non sostituita, si è formato in data successiva all’entrata in vigore della riforma.
Ci si chiede, quindi, se, in questo caso, operi l’effetto preclusivo del giudicato (come ritenuto dal giudice dell’esecuzione quanto al diniego di sostituzione della pena detentiva con sanzione pecuniaria) oppure prevalga l’effetto retroattivo delle norme più favorevoli (come opinato dal ricorrente e dal AVV_NOTAIO generale).
Ad avviso del Collegio, in una fattispecie come quella in esame, l’effetto preclusivo del giudicato deve prevalere, come regola generale (art. 2, quarto comma, cod. pen.), sull’effetto retroattivo delle norme più favorevoli, ma alla condizione che, in sede di cognizione, il giudice, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia negato la sostituzione richiesta, formulando una prognosi sfavorevole circa la capacità di rispetto, da parte dell’imputato, delle prescrizioni impostegli e che, di fronte al giudice dell’esecuzione, l’interessato non abbia allegato elementi nuovi capaci di ribaltare il giudizio negativo della fase della cognizione.
In applicazione dell’appena enunciato principio, la decisione di rigetto avversata, seppure con le precisazioni correttive di cui si dirà, non appare censurabile.
Si rileva che il giudizio di cognizione nei confronti di COGNOME è stato definito con la sentenza n. 13788/2023 (richiamata nell’incipit dell’ordinanza impugnata), emessa il 24 febbraio 2023 dalla Terza Sezione penale di questa Corte, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’interessato avverso la decisione resa, in data 9 giugno 2022, dalla Corte di appello di Brescia in sede di rinvio susseguente a sentenza di annullamento della Quarta Sezione penale di questa Corte n. 8417/2021 (udienza del 6 ottobre 2020), circoscritto all’omessa motivazione sul diniego della sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria.
La pronuncia emessa in esito alla fase rescissoria, confermativa della sentenza del Tribunale di Bergamo in data 11 marzo 2019, che aveva condannato l’imputato alle pene di legge per la violazione dell’art. 187, commi 1 e 1-bis, d.lgs. n. 285 del 1992, è stata giudicata dalla Corte di legittimità immune da censure sul tema specificamente devoluto ex art. 627 cod. proc. pen.
Si reputa opportuno riportare, qui appresso, per intero, il brano motivazionale d’interesse.
«Al momento della decisione della Corte di appello, l’art. 58 della I. n. 689 del 1981 prevedeva ai fini della conversione della pena detentiva in pecuniaria al primo comma che Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del
condannato, al secondo comma che Non può tuttavia sostituire la pena detentiva quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato, al terzo che Deve in ogni caso specificamente indicare i motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata. In seguito alla novella dell’art. 71, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, entrata in vigore il 30 dicembre 2022, l’art. 58 è rimasto invariato quanto al potere discrezionale del giudice nel decidere la conversione che va senz’altro negata quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute. In tale discrezionalità si concretizza il bilanciamento degli interessi in gioco, tra la doverosa esecuzione della pena e la prevenzione di effetti negativi e distorsivi collegati a questa quando sia troppo breve per impostare un efficace programma rieducativo e abbastanza lunga da portare gravi conseguenze a carico del condannato, come di recente ricordato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 28 del 10 febbraio 2022, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 53, secondo comma, I. n. 689 del 1981, con riferimento alla modulabilità della sanzione pecuniaria.
Ritiene il Collegio che la Corte di appello di Brescia abbia correttamente amministrato tale discrezionalità.
In ossequio alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 24476 del 22/04/2010, Gagliardi, Rv. 247274-01, i Giudici infatti non hanno motivato la decisione in base alla disponibilità economica del prevenuto, ma in base ai criteri dell’art. 133 cod. pen., formulando una prognosi negativa sia per le modalità del fatto incidente stradale che solo casualmente non aveva provocato ulteriori danni – sia per la personalità dell’imputato già gravato da un precedente per detenzione di stupefacente (nello stesso senso si vedano a esempio, Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717 che ha ritenuto idonei ai fini del diniego la valutazione della gravità del fatto – lesioni personali – e della personalità dell’imputato, e Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013, COGNOME, Rv. 256725-01, che ha ritenuto sufficiente ai fini del diniego il precedente penale). È pacifico poi che non è necessario l’esame di tutti i criteri dell’art. 133 cod. pen., bastando anche un solo parametro per giustificare il diniego (tra le più recenti, Sez. 7, n. 32381 del 28/10/2020, Cascio, Rv. 279876 – 01, fattispecie di guida sotto l’influenza dell’alcol in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell’istanza di sostituzione sulla sola base di precedente specifico con pena sospesa).
Non ignora il Collegio che, di recente, con sentenza n. 44402 del 10/10/2022, Majer, Rv. 283954-01, la Sezione Quinta sembra aver ripristinato il criterio di valutazione economico della solvibilità dell’imputato come prerequisito
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della conversione. In tal senso, la difesa ha non solo ricordato la capacità reddituale dell’imputato ma ha anche valorizzato la legge delega del 2021 (all’epoca di redazione del ricorso non era stato pubblicato il decreto legislativo n. 150 del 2022) e il precedente della Corte costituzionale. Tuttavia, il precedente della Quinta non si confronta con le Sezioni Unite i né con il formante giurisprudenziale che ne è seguito e, a ben vedere, introduce un argomento ad abundantiam dal momento che la gravità del fatto e la negativa personalità dell’imputato erano già stati valutati negativamente ai fini della conferma del diniego del beneficio della pena sospesa.
Pertanto, non vi è ragione per discostarsi dall’orientamento tradizionale, anche dopo la novella, della discrezionalità della valutazione e dell’obbligo di motivazione».
Alla luce del positivo vaglio operato, in sede di legittimità, della motivazione adottata dal giudice della cognizione a proposito del diniego di applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria, deve, quindi, ritenersi operante, in sede di esecuzione, la preclusione del giudicato, come ritenuto dal giudice a quo, in assenza di significativi elementi di novità sopravvenuti portati dall’interessato all’attenzione del giudice dell’esecuzione.
Occorre, peraltro, chiedersi se, essendosi, nella specie, il giudice della cognizione occupato, in concreto, solo della richiesta di sostituzione della pena detentiva dell’arresto con la sanzione pecuniaria, l’effetto preclusivo del giudicato possa essere esteso anche alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, richiesta in via subordinata al giudice dell’esecuzione.
Non rileva, ai fini del decidere, l’errore – stigmatizzato dal AVV_NOTAIO generale nella sua requisitoria – in cui è incorsa la Corte di appello bresciana nel “confondere” la sanzione sostitutiva, rientrante tra le nuove pene sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., con quella, certamente diversa, prevista specificamente dall’art. 187, comma 8-bis, d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285.
A sottolineare le differenze tra le due, è sufficiente ricordare che l’esecuzione della sanzione sostitutiva contemplata dal Codice della Strada comporta, in caso di esito positivo, l’estinzione del reato, conseguenza che, invece, non è prevista nella sanzione sostitutiva di nuovo conio, la quale, evidentemente, si affianca alla prima.
Deve considerarsi, perciò, errata in diritto la giustificazione del diniego di sostituzione addotta dal giudice a quo richiamando le previsioni di cui ai commi 8-bis e 1-bis dell’art. 187 citato, che vietano l’accesso alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità in caso di incidente stradale.
Si tratta, tuttavia, di errore non determinante annullamento, potendosi esso correggere, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., sostituendo, in parte qua, la motivazione con l’argomento dell’estensione dell’effetto preclusivo del giudicato alla sanzione sostitutiva non richiesta nel giudizio di cognizione.
In tale giudizio, infatti, la giustificazione del diniego di sostituzione del pena detentiva con quella pecuniaria, ritenuta non censurabile in sede di legittimità, è stata di tale ampiezza e pregnanza, involgendo sia il profilo della gravità del reato che quello della personalità dell’imputato, da potersi ragionevolmente estendere, con effetto preclusivo in sede di esecuzione, anche alle altre sanzioni sostitutive.
Per le esposte considerazioni, il ricorso va, in conclusione, rigettato, dal che consegue ex lege la condanna del proponente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente