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Pene sostitutive: il diniego basato sui precedenti

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un imputato condannato per lesioni personali, a cui era stata negata la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria. La richiesta di pene sostitutive, avanzata in appello a seguito della Riforma Cartabia, è stata ritenuta ammissibile ma respinta nel merito. La Suprema Corte ha confermato la decisione, stabilendo che la valutazione dei numerosi precedenti penali dell’imputato è un motivo sufficiente per ritenere inadeguata la sostituzione della pena, in quanto dimostra una refrattarietà ai percorsi sanzionatori e rieducativi.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: Quando i Precedenti Penali Bloccano la Conversione

L’introduzione delle pene sostitutive nel nostro ordinamento, potenziata dalla recente Riforma Cartabia, offre un’alternativa al carcere per reati di minore gravità. Tuttavia, l’accesso a questo beneficio non è automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10142/2024) chiarisce come la personalità dell’imputato, e in particolare i suoi precedenti penali, giochi un ruolo decisivo nella valutazione del giudice. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha affrontato il caso di un diniego basato proprio su questo aspetto.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali commesso nel 2015, ha presentato ricorso in Cassazione. L’oggetto della contestazione non era la sua colpevolezza, ma il rigetto da parte della Corte d’Appello della sua richiesta di sostituire la pena detentiva di cinque mesi di reclusione con una pena pecuniaria. La richiesta era stata formulata per la prima volta durante l’udienza d’appello, sulla scorta delle nuove e più favorevoli disposizioni introdotte dalla Riforma Cartabia, entrate in vigore dopo la presentazione dell’atto di gravame.

Il Ruolo dei Precedenti nel Diniego delle Pene Sostitutive

Il ricorrente lamentava che la Corte territoriale avesse respinto la sua istanza con una motivazione solo apparente. La Suprema Corte, pur riconoscendo l’ammissibilità della richiesta presentata in appello, ha ritenuto il ricorso infondato. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione del potere discrezionale del giudice, regolato dall’art. 58 della L. 689/1981 e ancorato ai criteri dell’art. 133 del codice penale.

La Valutazione Discrezionale del Giudice

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la sostituzione delle pene detentive brevi non è un diritto, ma una facoltà discrezionale del giudice. Questa valutazione deve mirare a individuare la sanzione più idonea alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di futuri reati. Per fare ciò, il giudice deve tenere conto di vari parametri, tra cui le modalità del fatto e, soprattutto, la personalità del condannato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello, sebbene sintetica, non era affatto apparente. I giudici di merito avevano correttamente basato il loro diniego sui numerosi precedenti penali dell’imputato. Questo elemento, secondo la Cassazione, è uno dei parametri più rilevanti ai sensi dell’art. 133 c.p. La valutazione dei precedenti ha portato la Corte a giudicare l’imputato come “refrattario agli effetti delle condanne subite”. In altre parole, la sua storia criminale dimostrava che le precedenti sanzioni non avevano avuto un’efficacia rieducativa, rendendo così inadeguata e inopportuna la concessione di un’ulteriore misura alternativa come la pena sostitutiva. Non è necessario, ha specificato la Corte, che il giudice analizzi pedissequamente ogni singolo criterio dell’art. 133 c.p.; la valutazione ponderata di un elemento così significativo come i precedenti penali è di per sé sufficiente a sorreggere la decisione di rigetto.

Le Conclusioni

La sentenza n. 10142/2024 rafforza il principio secondo cui le pene sostitutive sono uno strumento da calibrare sulla specifica personalità del condannato. Anche in presenza dei requisiti formali per la loro applicazione (come la misura della pena), il giudice può legittimamente negarle se ritiene, sulla base di elementi concreti come i precedenti penali, che esse non sarebbero idonee a raggiungere le finalità rieducative e preventive della pena. La decisione sottolinea che un passato criminale significativo può essere interpretato come un indicatore negativo sulla possibilità di adempimento delle prescrizioni e sulla capacità del soggetto di astenersi dal commettere nuovi reati, giustificando così il mantenimento della pena detentiva.

È possibile chiedere le pene sostitutive per la prima volta in appello?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la richiesta di applicazione delle pene sostitutive può essere formulata fino all’udienza di discussione in appello, specialmente quando l’interesse a richiederle sorge da una modifica normativa favorevole, come la Riforma Cartabia, entrata in vigore dopo la presentazione dell’impugnazione.

I precedenti penali sono sufficienti per negare la sostituzione della pena?
Sì, secondo la sentenza, la valutazione dei numerosi precedenti penali di un imputato costituisce un parametro rilevante ai sensi dell’art. 133 c.p. e può essere da sola sufficiente a giustificare il diniego delle pene sostitutive. Questo perché una storia di condanne può indicare che il soggetto è refrattario agli effetti rieducativi della sanzione.

La decisione sulla concessione delle pene sostitutive è automatica?
No, la sostituzione della pena detentiva breve è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice. Egli deve considerare se la pena sostitutiva sia più idonea alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di futuri reati rispetto alla pena detentiva, tenendo conto di tutti i criteri previsti dall’art. 133 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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