Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10142 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAZZARINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME COGNOME.
che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23/06/2023 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Parma aveva condannato NOME COGNOMECOGNOME anche a fini civili, per il delitto di lesioni personali contestato com commesso il 18 marzo 2015.
All’imputato è stata contestata la recidiva reiterata aggravata.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata sostituzione della pena detentiva con la la pena pecuniaria, come richiesto all’udienza del 23 giugno 2023.
Alla richiesta la Corte territoriale avrebbe risposto con una motivazione apparente.
Precisa il ricorrente, in punto ammissibilità dell’istanza, che: nell’atto di appello non era stata avanzata la richiesta di sostituzione; l’interesse alla sostituzione è sorta in conseguenza dell’entrata in vigore, successiva alla presentazione dell’impugnazione, del d. Igs. 10 ottobre 2022 n. 150, che ha modificato i criteri di ragguaglio tra pena detentiva e pecuniaria in modo assai più favorevole; nella prima occasione utile successiva all’entrata in vigore della legge, e cioè all’udienza fissata per la discussione dell’appello, la richiesta è stata formulata e verbalizzata.
Il Procuratore generale ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come questa Corte ha di recente ricordato (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090), l’art. 95 del d. Igs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum normativo introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso all’entrata in vigore della legge (30 dicembre 2022) che si trovino in primo grado e in appello; ed ha affermato il principio di diritto secondo il quale «ai sensi della disciplina transitori contenuta nell’art. 95 del d. Ig. n. 150 del 2022, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20 – bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso
dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello».
Nel caso di specie, la richiesta è stata per l’appunto formulata nel corso dell’udienza di discussione in appello.
Va solo osservato che, in ragione della misura della pena inflitta all’esito del primo giudizio, la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria era astrattamente possibile a prescindere dall’entrata in vigore della riforma: la pena, infatti, era stata commisurata in cinque mesi di reclusione e dunque in una misura che già consentiva la sostituzione, ai sensi dell’art. 53 legge 24 novembre 1981 n. 689 nel testo precedente alla c.d. riforma Cartabia, che prevedeva l’applicabilità della pena pecuniaria in sostituzione di pene detentive fino a sei mesi.
Nondimeno, è evidente che l’interesse del ricorrente alla sostituzione della pena è sorto per effetto della riforma Cartabia, e ciò non già per l’allargamento della platea delle pene sostituibili (le pene detentive fino ad un anno e non più fino a sei mesi), quanto in ragione dei più favorevoli criteri di conversione delle pene detentive, dettati dal nuovo art. 56-quater introdotto, nel corpo della legge n. 689/1981, dall’art. 71, comma 1 lett. d) d. Igs. 10 ottobre 2022 n. 150.
Ciò detto con riferimento all’ammissibilità della richiesta, la Corte territoriale ha fornito una risposta, in termini di rigetto, sintetica ma no apparente.
L’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (rubricato “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive), come modificato dal d. Igs. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissat dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Il principio secondo il quale «la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558, tra le tante), è sicuramente «trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una
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valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133» (Sez. 6, n. 33027/2023, cit.).
Naturalmente, il riferimento ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. non significa che il giudice debba confrontarsi con ciascuno di essi.
I precedenti penali dell’imputato costituiscono uno dei parametri rilevanti ai sensi dell’art. 133 cod. pen., e la valutazione di detto parametro è dunque sufficiente, specie nell’ambito di una motivazione che, premesso il riferimento ai numerosi precedenti, ha giudicato l’imputato refrattario agli effetti delle condanne subite ed ha, così, evidenziato la carenza degli ulteriori requisiti richiesti dall’ar 58 cit.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/01/2024