Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30027 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30027 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alle pene sostitutive.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza dell’8 novembre 2022 del Tribunale di Benevento che aveva condannato l’imputato COGNOME per il reato di cui all’art. 391-ter cod. pen., commesso il 16 marzo 2021.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento / , di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. peri.
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2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 178 cod. proc. pen. e 598-bis cod. proc. pen.
L’udienza davanti alla Corte di appello dell’8 marzo 2024 si è svolta con rito camerale cartolare e la difesa aveva provveduto ad inviare con pec del primo marzo 2024 le proprie conclusioni all’indirizzo indicato nel decreto di citazione a giudizio di appello.
Con tale atto la difesa, oltre a contrastare le richieste della Procura generale, aveva richiesto l’applicazione di pene sostitutive.
Tuttavia, di tale atto non vi è traccia nella motivazione della sentenza impugnata (che parla di pena sostitutiva “non richiesta”), nel verbale di udienza e nel fascicolo processuale.
Di qui la nullità denunciata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va osservato in primo luogo che è la stessa sentenza impugnata a dar atto sia in epigrafe che nella parte motiva delle conclusioni presentate dalla difesa (pagg. 1 e 2).
Né può essere accolto l’argomento difensivo che desume dalla motivazione a pag. 3 della sentenza impugnata l’omesso esame delle conclusioni presentate dalla difesa.
Va in primo luogo osservato che con l’appello, pur proposto nella vigenza dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, il difensore non aveva chiesto l’applicazione di pene sostitutive.
La difesa solo con le conclusioni presentate per l’udienza davanti alla Corte di appello – da celebrare con rito cartolare – aveva chiesto di riconoscere quantomeno all’imputato l’applicazione, in luogo della pena detentiva, di una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 I. n. 689 del 1981, secondo quanto previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen.
Ebbene la sentenza impugnata risponde proprio a tale richiesta (dimostrando di averla esaminata quindi), negando l’applicazione di pene sostitutive non perché
non sia stata avanzata una richiesta ima perché la stessa non era stata formulata “dall’imputato”.
Invero, come già affermato da questa Corte in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, deve essere in grado di acconsentire, ex art. 545-bis cod. proc. pen., alla loro applicazione al momento della lettura del dispositivo, senza possibilità di avanzare istanze di rinvio, posto che la fase processuale successiva alla lettura del dispositivo non le prevede e che la norma valorizza l’apporto delle parti, chiamate a contribuire alla più adeguata risposta sanzionatoria al reato, in conformità alle esigenze di individualizzazione del trattamento derivanti dall’art. 27, comma 3, Cost. (Sez. 2, n. 10641 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 286137).
Tale principio vale a maggior ragione in appello, in cui la procedura bifasica -ex art. 545-bis cod. proc. pen. – è solo eventuale, avendo già la parte la possibilità di esprimere in ordine alla pena già inflitta in primo grado il proprio consenso alla sostituzione.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/67(2024.