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Pene sostitutive: i termini per la richiesta in appello

Un imputato, condannato per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati, ha richiesto in appello l’applicazione di pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia. La sua richiesta è stata però presentata tardivamente, a pochi giorni dall’udienza. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: nei processi d’appello con trattazione scritta, la richiesta di pene sostitutive deve essere presentata entro il termine perentorio di cinque giorni liberi prima dell’udienza. Una richiesta tardiva non obbliga il giudice a pronunciarsi.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: Attenzione ai Termini in Appello!

La Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema sanzionatorio penale, ampliando l’applicazione delle pene sostitutive alle pene detentive brevi. Questa modifica offre una chance importante per evitare il carcere, ma come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2106/2024), l’accesso a tali benefici è subordinato al rigoroso rispetto delle scadenze processuali. Un errore sui tempi può costare caro, precludendo ogni possibilità di sostituzione della pena.

I Fatti del Caso: Una Condanna e una Richiesta Tardiva

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate e danneggiamento. Durante il giudizio di appello, la difesa aveva presentato un’istanza per ottenere la sostituzione della pena detentiva con una delle nuove pene previste dalla Riforma Cartabia. Tuttavia, la Corte di Appello non aveva esaminato tale richiesta. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio l’omessa valutazione della sua istanza.

La Questione Giuridica: I Termini per Chiedere le Pene Sostitutive in Appello

Il nodo cruciale della questione era determinare se l’istanza fosse stata presentata nei tempi corretti. La Riforma Cartabia, attraverso una norma transitoria (art. 95 d.lgs. n. 150/2022), ha esteso l’applicabilità delle pene sostitutive anche ai processi pendenti in appello. La legge, però, non specificava un termine preciso per formulare tale richiesta nel secondo grado di giudizio.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a colmare questo vuoto normativo, stabilendo una regola chiara, soprattutto per i processi d’appello che si svolgono con la modalità della “trattazione cartolare”, ovvero interamente per iscritto.

La Decisione della Cassazione: Il Termine Perentorio di Cinque Giorni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La ragione è semplice: l’istanza di sostituzione della pena era stata presentata tardivamente. I giudici hanno stabilito che, in caso di trattazione scritta, il termine ultimo per presentare tale richiesta coincide con quello previsto per il deposito delle conclusioni scritte, ovvero cinque giorni prima della data dell’udienza (art. 23-bis, comma 2, d.l. n. 137/2020).

Il Calcolo del “Termine Libero”

La Corte ha precisato che questo termine è “libero”. Ciò significa che nel calcolo dei cinque giorni non si deve tenere conto né del giorno iniziale (il dies a quo) né di quello finale (il dies ad quem, cioè il giorno dell’udienza). Nel caso specifico, l’istanza era stata trasmessa il 18 gennaio per un’udienza fissata il 23 gennaio, non rispettando quindi il termine minimo richiesto.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il termine di cinque giorni non è meramente indicativo (ordinatorio), ma perentorio. Il suo rispetto è imprescindibile per due ragioni fondamentali:
1. Garantire il contraddittorio: Permettere a tutte le parti processuali, in particolare al Pubblico Ministero, di prendere posizione sulla richiesta e presentare le proprie osservazioni.
2. Consentire la valutazione del giudice: Assicurare al collegio giudicante il tempo necessario per esaminare adeguatamente l’istanza e tutti gli elementi del caso prima di decidere.

Poiché l’imputato aveva presentato la sua richiesta fuori tempo massimo, la Corte di Appello ha legittimamente omesso di valutarla, senza incorrere in alcun vizio di motivazione. In assenza di una tempestiva richiesta di parte, il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive.

Conclusioni

Questa sentenza lancia un messaggio chiaro a imputati e difensori: l’accesso ai benefici previsti dalla Riforma Cartabia, come le pene sostitutive, non è automatico ma richiede un’attenta osservanza delle regole procedurali. Nel contesto di un appello a trattazione scritta, la scadenza dei cinque giorni liberi prima dell’udienza è un paletto invalicabile. Presentare una richiesta in ritardo equivale a non presentarla affatto, con la conseguenza di perdere un’importante opportunità per evitare la detenzione.

Quando si possono chiedere le pene sostitutive in un processo di appello?
La richiesta può essere formulata con l’atto di appello originario o con motivi nuovi. In caso di giudizio con trattazione scritta, il termine ultimo e perentorio per presentarla è di cinque giorni liberi prima della data dell’udienza.

Il giudice d’appello può applicare d’ufficio le pene sostitutive se l’imputato non le chiede tempestivamente?
No. La sentenza chiarisce che, in assenza di una richiesta formulata nei termini dall’appellante, il giudice di secondo grado non ha l’obbligo né il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi.

Cosa succede se la richiesta di pene sostitutive viene presentata in ritardo nel giudizio d’appello a trattazione scritta?
Se la richiesta viene depositata oltre il termine perentorio di cinque giorni liberi prima dell’udienza, è considerata tardiva. Di conseguenza, il giudice d’appello non è tenuto a prenderla in esame e può legittimamente ignorarla nella sua decisione, senza che ciò costituisca un vizio della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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