Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25168 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25168 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 5/5/1954
avverso la sentenza del 10/9/2024 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria di replica
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/9/2024, la Corte di appello di Roma confermava la pronuncia emessa il 23/11/2023 dal locale Giudice per le indagini preliminari, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato colpevole dei reati di cui agli artt. 8 e 10 d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74 e condannato – con rito abbreviato – alla pena di due anni di reclusione.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
carenza di motivazione. Con riguardo al capo B (art. 10 citato), la Corte di appello avrebbe risposto con argomento viziato all’eccezione di inutilizzabilità di un verbale di operazioni redatto dalla Guardia di Finanza; il ricorrente, infatti, avrebbe reso dichiarazioni – poi utilizzate in sentenza – quando già erano emersi elementi di reità a suo carico, così che le stesse avrebbero dovuto esser sottoposte all’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. o, quantomeno, al disposto degli artt. 63 e 64 cod. proc. pen. La sentenza, al riguardo, conterrebbe una motivazione “stringata, confusa ed artificiosa”, limitandosi ad evidenziare una presunta incompatibilità della linea difensiva, che, invece, avrebbe legittimamente avanzato una richiesta principale (inutilizzabilità dell’atto) ed una subordinata (diversa valutazione dello stesso atto, nel merito);
motivazione apparente. Ancora sul capo B), la sentenza conterrebbe una motivazione di mero stile quanto alla denuncia di furto presentata dal COGNOME con riguardo alla documentazione fiscale della propria ditta individuale, prodotta dalla difesa in appello. Questo documento, non valutato, risulterebbe invece rilevante, provando che il ricorrente avrebbe davvero denunciato il furto subito, con ogni riflesso sul reato, anche in punto di dolo specifico;
motivazione manifestamente carente ed illogica quanto al diniego di applicazione di pene sostitutive, che la Corte di appello avrebbe sostenuto con il solo richiamo ai precedenti penali dell’imputato, in evidente contrasto con la ratio dell’istituto, per come riscontrata dalla giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta fondato limitatamente all’ultimo motivo, ed inammissibile nel resto.
Con riguardo alle prime due censure, concernenti il giudizio di responsabilità sul capo B) (art. 10, d. Igs. n. 74 del 2000), la Corte rileva che le stesse sono prive di ogni fondamento, non ravvisandosi affatto, nella sentenza di appello, la carenza e l’apparenza di motivazione qui denunciate.
4.1. In particolare, quanto all’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazion rese dall’imputato alla polizia giudiziaria (sostenuta ai sensi dell’art. 220 disp. at cod. proc. pen., o comunque degli artt. 63-64 cod. proc. pen.), basti osservare che la Corte di appello non ha fatto alcun uso di queste, così che l’eccezione non risulta sostenuta da alcun interesse. Come ribadito anche nel ricorso, infatti, la sentenza ha affermato (pag. 4), peraltro con riguardo al diverso capo A (art. 8, d. Igs. n. 74 del 2000), che “a tale quadro nulla aggiungono le dichiarazioni del tutto inverosimili rese dall’imputato alla polizia giudiziaria (pagamenti in contanti)”; ebbene, come il “quadro” – ossia i numerosi elementi di prova richiamati alla pag.
3 della sentenza – non costituisce oggetto di ricorso, mancando ogni argomento al riguardo, così le dichiarazioni rese dal Derotti alla polizia giudiziaria non contengono alcun sostegno istruttorio alla sentenza di condanna. Le stesse dichiarazioni, pertanto, non possono formare oggetto di ricorso per cassazione, difettando – si ribadisce – un qualunque effettivo interesse; l’impugnazione medesima, del resto, non offre alcuna considerazione di segno contrario, e dunque non specifica quali dichiarazioni autoindizianti sarebbero state invece utilizzate dai Giudici di merito, né quale decisivo effetto avrebbero avuto sulla pronuncia di colpevolezza.
4.2. La censura, dunque, è inammissibile.
La motivazione della sentenza, poi, risulta del tutto priva di vizi anche in ordine al secondo motivo di ricorso, relativo alla denuncia di furto: lungi dall’essere “di puro stile, apparente e avulsa da riferimenti concreti alla fattispecie”, infatti, stessa motivazione contiene una adeguata valutazione del documento prodotto dalla difesa, evidenziando che questo aveva ad oggetto soltanto un’autovettura in uso al COGNOME, senza alcun riferimento alla documentazione che – si sostiene in chiave difensiva – sarebbe stata presente all’interno del mezzo (contenuto, peraltro, verificato anche da questo Collegio). La Corte di appello, pertanto, si è espressa sul punto con un argomento tutt’altro che apparente, evidenziando che questa denuncia non poteva in alcun modo offrire una giustificazione alla mancata presentazione della documentazione, dunque logicamente ritenuta occultata dall’imputato in esecuzione di quello stesso disegno criminoso che aveva condotto all’emissione delle 37 fatture per operazioni inesistenti di cui al capo A) (peraltro estranee al ricorso) da parte della “cartiera” ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE“.
Con riguardo, infine, al terzo motivo di impugnazione, concernente la mancata sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità, la Corte rileva, invece, che la censura è fondata.
5.1. Il Collegio del gravame ha evidenziato che il Giudice di primo grado, pur non motivando espressamente sul punto, “ha fatto preciso riferimento ai precedenti penali anche gravi dell’imputato, ad essi riportandosi per l’esclusione della sospensione condizionale della pena: precedenti che devono valorizzarsi necessariamente anche al fine di sorreggere il diniego della pena sostitutiva richiesta”.
5.2. Questa motivazione, tuttavia, risulta carente. Per costante e condiviso indirizzo di legittimità qui da ribadire, infatti, in tema di pene sostitut di pene detentive brevi, il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, non può argomentare la prognosi negativa in ordine all’adempimento delle prescrizioni da parte dell’imputato facendo esclusivo riferimento ai suoi precedenti penali, ma può trarre elementi di valutazione dalla
natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti (tra le altre, Sez. 2, n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348); ebbene, questa
valutazione non si riscontra nella sentenza impugnata, che si limita a richiamare i soli precedenti penali, senza considerazioni ulteriori.
5.3. La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio sul punto, con dichiarazione di inammissibilità nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sanzione sostitutiva della pena con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025
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